Davide Mancino, l’Espresso 22/12/2015, 22 dicembre 2015
Gli immigrati snobbano l’Italia: mai così pochi dal 2007 I dati Istat: ad arrivare nel nostro Paese, allora, erano stati circa mezzo milione, mentre oggi sono grosso modo la metà
Gli immigrati snobbano l’Italia: mai così pochi dal 2007 I dati Istat: ad arrivare nel nostro Paese, allora, erano stati circa mezzo milione, mentre oggi sono grosso modo la metà. Il flusso di persone che arrivano ha cominciato a ridursi in concomitanza con l’inizio della crisi economica Ci siamo sentiti raccontare che sciamavano come cavallette, ci invadevano – che dovevamo aver paura. Il racconto delle migrazioni è stato ed è questo, in Italia. Ma al di là dei proclami c’è qualche numero di cui tenere conto. Per scoprire che la storia non va esattamente così. E in effetti proprio pochi giorni fa Istat ha pubblicato nuovi dati, dai quali risulta che il 2014 è stato l’anno con il minor numero di immigrati sin dal 2007. Ad arrivare nel nostro Paese, allora, erano stati circa mezzo milione, mentre oggi sono grosso modo la metà. Il flusso di persone che arrivano in Italia ha cominciato a ridursi proprio in concomitanza con l’inizio della crisi economica, e da allora non è mai tornato ai livelli precedenti – al contrario. Con l’eccezione di un piccolo rimbalzo nel 2010, è dal 2007 che decidere di stabilirsi nel nostro paese diventa sempre più raro, anno dopo anno. Fino al 2013, ultimo anno per cui sono disponibili dati più dettagliati , il gruppo di persone in maggior calo è quello di chi proviene dalla Romania – nazione che proprio nel 2007 entra a far parte dell’Unione Europea, e dunque beneficia delle norme sulla libera circolazione delle persone. Quell’anno sono 261mila i rumeni che si trasferiscono in Italia; un numero poi ridotto a 58mila. Le persone provenienti dall’Asia invece sono stabili o in leggero calo, negli tre o quattro anni, così come africani e americani. Fanno eccezione i cinesi: circa 10mila si stabiliscono in Italia nel 2007, mentre sono 18mila sei anni più tardi. Per quanto riguarda invece il 2014, altre nazionalità in aumento sono quelle pakistane (+23%) e bengalesi (+21%), ma parliamo comunque di gruppi più piccoli. Questi – inequivocabili – i flussi in arrivo. Che dire invece di chi vive già nel nostro paese? Da diversi anni la fetta di persone di origine straniera è in aumento, rispetto alla popolazione complessiva. Questo è un fenomeno che si verifica in tutti i principali paesi sviluppati del mondo. Uno dei motivi principali, oltre agli arrivi dall’estero, è che rispetto a loro gli italiani tendono a essere più anziani e ad avere meno figli. Che sia dunque questa, l’invasione di cui si discetta in parlamento e nei talk show? Nemmeno: fra le nazioni industrializzate – e non – l’Italia è fra quelle in cui le persone di origine straniera sono più rare. Nel 2012, secondo i dati dell’ultimo rapporto Ocse, sono il 9,4%: meno che in Francia o nel Regno Unito (11,9%), meno che negli Stati Uniti (13%), meno che in Germania (13,3%), assai meno che in Spagna, dove si arriva al 14,3%. Rovesciamo l’argomento: fra tutti i 28 paesi Ocse tenuti in considerazione, soltanto in otto la popolazione straniera è più piccola che in Italia. Altra questione – completamente diversa – è quella degli sbarchi. Da questo punto di vista il 2014 è stato un anno senza precedenti. Secondo i dati rielaborati dalla Fondazione ISMU, lo scorso anno sulle nostre coste sono arrivate 170mila persone. Nel 2015 la situazione sembra migliorata solo di poco: Repubblica riporta informazioni del ministero dell’interno secondo le quali fino a ottobre sono stati circa 140mila – soltanto il 10% in meno rispetto all’anno precedente. La domanda però è un’altra: una volta arrivate, cose succede a queste persone? Dove vanno, di preciso? Per capirlo possiamo guardare al numero di richieste di asilo. Prendere un barcone a peso d’oro, rischiando la vita della propria famiglia, è una scelta compiuta perlopiù da persone disperate, in fuga da guerre e sconvolgimenti politici. Non a caso un gran numero di queste persone arriva da stati disintegrati: Siria, Iraq, Afghanistan. La situazione dei richiedenti asilo, dunque, è del tutto diversa da quella dei migranti “normali” – intanto da un punto di vista legale. Le convenzioni internazionali che l’Italia ha liberamente sottoscritto impongono di esaminare la storia delle persone a rischio e, se le condizioni sono quelle previste, di concedere loro protezione. La scelta non è facoltativa. Inoltre va chiarito che nessuna di queste persone vuole comunque restare in Italia: le mete sono la Germania, spesso la Svezia. Con 170mila sbarchi, in effetti, le richieste d’asilo ricevute dall’Italia nel 2014 sono state appena 65mila. I paesi del centro-nord Europa ne assorbono invece una quota assai maggiore. Per esempio, secondo gli ultimi dati Eurostat, un quarto delle nuove richieste d’asilo nel terzo trimestre 2015 sono arrivate alla sola Germania. 108mila domande, per essere precisi – più del triplo di quelle italiane. E dunque ci sarà anche chi in Italia non li vuole per principio. Ma a quanto pare anche migranti e richiedenti asilo riescono a distinguere benissimo – senza il nostro aiuto – i paesi dove si aspettano di vivere una vita migliore.