Paolo Siepi, ItaliaOggi 22/12/2015, 22 dicembre 2015
PERISCOPIO
Ball nuovo a.d. di Alitalia. Ma per riuscire a governarla ce ne vogliono almeno due. Gianni Macheda.
«A Cantone sono state affidate anche le obbligazioni truffate subordinate». «Ma Cantone lavora a cottimo?». Vignetta di Vincino. il Foglio.
Consigli a Berlusconi, ho smesso di dargliene da un pezzo. Una cosa però è certa, dall’elezione di Sergio Mattarella fino a quella dei giudici costituzionali di mercoledì scorso, il Cavaliere non ha più toccato palla. Fedele Confalonieri (Salvatore Merlo). il Foglio.
La cosa che dà più fastidio a Renzi l’ho presentata io al Senato. È la richiesta di una commissione d’inchiesta sulle quattro banche popolari commissariate. Il resto sono cagate. Matteo Salvini, segretario della Lega. Corsera.
«Ma che cosa dice il governatore della Toscana, Rossi, su Banca Etruria?». «Nulla, non è ancora segretario del Pd, ma sta già zitto». Vignetta di Sergio Staino. l’Unità.
Oggi il Partito democratico, a Napoli, è quarto. Io posso vincere. Antonio Bassolino (Vittorio Zincone). Sette.
Ci sono tanti modi di affrontare il declino. Il peggiore, quello oggi adottato da Berlusconi, è quello del progressivo spelacchiamento. Altero Matteoli, Fi. (Salvatore Merlo). il Foglio.
Il merito non lo si accerta con i concorsi pubblici ma scegliendo persone competenti. Mettendoci poi la faccia. Come ho fatto io. Solo in Italia la raccomandazione ha una valenza negativa. Dovrebbe valere invece il principio che si raccomandano solo i bravi: se io raccomando un cretino, sono io che faccio la figura del cretino. Giancarlo Casana, presidente del Policlinico di Milano.
Nel mio show ci sono anche due barboni: nessuno li considera per tutto l’anno, poi arriva Natale e si ritrovano con l’agenda piena di pranzi offerti da sindaci benefattori. E a quel punto tentano di scappare. Giorgio Panariello, comico (Antonio Di Pollina). ilvenerdì.
Il padre di Giuseppe Patanè (che morì nel 1989, a 57 anni, sul podio del Nationaltheatre di Monaco di Baviera mentre dirigeva il Barbiere) era stato un famoso direttore d’orchestra. Si chiamava Franco. Secondo il figlio, era superiore a lui: gli bastava percorrere con lo sguardo una volta la partitura per memorizzarla automaticamente. Non aveva sfruttato i doni che il Signore gli aveva profusi: si era rovinato tutta la vita per le donne. Quando a Napoli c’erano gli americani, il maestro Franco Patanè passava la giornata in una sala di bigliardi di via Santa Brigida. Il San Carlo funzionava come un cinematografo, notte e giorno: facevano recita dalla mattina. Lo mandavano a chiamare lì e, qualunque Opera si dovesse eseguire, lui saliva sul podio e la dirigeva a memoria. Non si faceva nemmeno informare preventivamente sul programma. Una volta, il Commendatore gli disse: «Maestro Patanè ce stann’ ’e guagliun’ d’a portaerei, s’ann’ a ritira’ ampress’, vedit’ ’stregnere!» («Maestro Patanè, stasera ci sono i ragazzi della portaerei, si debbono ritirare presto, vedete di stringere!»); e lui strinse la Butterfly! Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio, 2014.
Poi è venuta la neve, era il 23 novembre 1944, allora è venuto il grande rastrellamento. Ecco i soldati della repubblica che cantano alla tedesca: «Per l’Italia, per l’Italia» e vuotano le case; ecco gli austriaci della stella alpina belli e terribili, ma avanti tutti vengono i kirghisi e i calmucchi e i mongoli del 162esimo reggimento, quello di Vlasov, guai alla donna che passa per la via di queste bestie matte. Il Castello di Torre degli Alberti fu preso e saccheggiato, sulla parete di un salone lasciarono scritto a grandi lettere di carbone: «Conte, sei un partigiano». Coperte lenzuola cuscini e tante altre cose buone della vita furono vendute e tutte le famiglie andarono a gara a comperare a buon mercato. Intanto il conte Luchino Dal Verme se ne andava con i suoi ragazzi, verso un’altra valle, una valle lontana, per sfuggire dalla tenaglia del rastrellamento. Italo Pietra, I Grandi e i Grossi. Mondadori, 1973.
Se fallisce un privato, chi paga è il privato. Se fallisce il pubblico, pagano tutti. Joseph Stiglitz, Nobel per l’economia. Wsj.
Una cosa che trasformava una giornata normale in una bella giornata, per me, la maggior parte delle volte, non era un evento atmosferico, sentimentale, o un progresso nella politica internazionale, o un’opera d’arte, no, era un bonifico. Raffaele La Capria in Paolo Nori, Manuale pratico di giornalismo disinformato. Marcos y Marcos.
I bambini dell’Africa subsahariana hanno più probabilità di sopravvivere fino ai cinque anni di età di quante ne avessero i bambini inglesi nati nel 1918. Angus Deaton, premio Nobel per l’economia di quest’anno, in La grande fuga. Il Mulino.
Un goloso parmigiano compra culatta, coppa, strolghino, salame, spalla cotta, cicciolata, mentre il culatello lo lascia ai turisti. Come gli amanti del tofu, anche quelli del culatello detestano il grasso. In effetti è un salume magrissimo e proprio tale caratteristica lo rende di indole stopposa (stagionare carne priva di grasso senza che risulti cartone è un miracolo che nemmeno a Zibello capita di frequente). Camillo Langone. il Foglio.
Una volta era la ribellione delle masse che minacciava l’ordine sociale e le tradizioni di civiltà della cultura occidentale. Ai nostri tempi, invece, la minaccia principale sembra venire da chi si trova al vertice della gerarchia sociale, non dalle masse. Christopher Lasch, La ribellione delle élite. Feltrinelli.
Weekend a Marrakech. Le luci della villa di donna Marella sempre accese di questi tempi. Carlo Rossella. il Foglio.
Il pettegolezzo è la nuova pornografia. Woody Allen. Manhattan.
Ernest Bloch era un uomo amabile ma anche capace di infuriarsi per niente. Una sera nel corridoio di casa mi venne incontro gridando parole che non capisco. E questo lo fece arrabbiare: lei mi ha mentito, lei mi ha detto di essere italiano, ma non capisce una parola di italiano. La verità è che era negato per le lingue. Il suo italiano era incomprensibile. Giuseppe Bevilacqua, germanista. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Se uno cita Faussone, l’operaio protagonista di Chiave a stella di Primo Levi, è già mio amico. Michele Serra. ilvenerdì.
Avevamo sottoposto Bertolino a un provino. Gli abbiamo detto che il comico non era il suo mestiere e che era meglio che continuasse a lavorare in banca. Ovviamente ci siamo sbagliati. Gino&Michele. Corsera.
I troppi malanni che ci affliggono ci fanno pensare benevolmente alla morte. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 22/12/2015