VITTORIA PULEDDA, Affari&Finanza – la Repubblica 21/12/2015, 21 dicembre 2015
PIAZZA AFFARI CAMPIONE D’EUROPA
MILANO - La più bella del reame. Per una volta, Piazza Affari si gode i suoi trionfi: ad una manciata di sedute dalla fine dell’anno, la Borsa milanese segna il rialzo più alto a livello mondiale tra i listini principali, se le performance degli indici vengono confrontate in valuta locale. Ma va ancora bene - e in valori relativi molto bene - se il raffronto si fa in dollari: allora la Borsa italiana fa parte del terzetto di piazze azionarie al mondo (sempre tra i mercati principali) ad avere il segno più in questo anno, cominciato con il Quantitative easing in Europa e concluso con il primo rialzo dei tassi negli Usa dopo nove anni. Certo, il raffronto dal Duemila è impietoso per Piazza Affari: dai massimi di allora, l’indice FtseMib si è più che dimezzato, mentre ad esempio Francoforte ha fatto il percorso inverso, guadagnando nel periodo circa un terzo (anche se dal record storico toccato proprio nell’aprile scorso, ha poi perso il 16%). Anche il Dow Jones, che al contrario si appresta a chiudere l’anno con il segno meno anche se di misura, è da metà del 2009 che galoppa: come dire, il 2015 non è l’anno da incorniciare, ma chi ha investito qualche tempo fa ha ben incassato; chi invece ha scelto il Nasdaq negli ultimi dodici mesi è andato meglio (e si ritrova a quota 5.000 punti, il punto massimo nella storia, toccato nel marzo del 2000). Però resta il fatto che, nel 2015, la regina dei mercati è stata proprio Piazza Affari.
Un altro elemento positivo, per la nostra Borsa, è il numero di matricole: contando anche l’Aim, i debutti sono stati 30, il record dal 2007. "E’ un recupero parziale delle perdite accumulate negli anni precedenti - conferma Carlo Gentili, amministratore delegato di Nextam partner - per cui è una soddisfazione a metà. Però godiamoci il rimbalzo, trainato dalla ripresa economica e dal rafforzamento del dollaro, che ha premiato le società che esportano. Ma il motore più forte sono le riforme strutturali, che dopo venti anni sono state realizzate ".
Bisogna dire che il clima generale, nel Vecchio continente, ha goduto di una concentrazione di elementi positivi che non si vedeva da tempo: una politica monetaria ultra-accomodante, il prezzo del petrolio molto basso e un tasso di cambio favorevole. Però stavolta Piazza Affari ha corso più delle altre e la ragione, secondo gli osservatori, sta sopratutto nel mix ripresa economica-riforme strutturali. Quelle di natura più strettamente economica, a partire da quella delle popolari (che si trascinava da un paio di decenni almeno) alla riforma dell’Opa; allo stesso Jobs act, nonostante la riforma del mercato del lavoro abbia trovato anche molte voci critiche, passando per la riforma della Pubblica Amministrazione, della quale si attendono i decreti attuativi. L’aspetto fondamentale, secondo gli esperti del mercato, è la nuova percezione di fiducia che si respira intorno all’Italia.
I più cauti sottolineano che adesso la sfida sarà confermare il trend anche in futuro: i mercati guardano infatti alle tendenze più che ai dati assoluti, e fermarsi nel percorso di crescita sarebbe considerato molto male. Però per il momento il processo è virtuoso. Ci sono un paio di indicatori che segnalano il bel tempo. Il primo è molto tecnico, ma anche molto significativo, ed è il premio a rischio che gli investitori chiedono per mettere i soldi su un singolo asset (o su un mercato). Una sorta di "termometro" che i tecnici estrapolano partendo dal price/earning (il rapporto prezzo/rendimento) di un’azione o di un indice. Ovviamente, se il premio a rischio è alto significa che maggiore è il prezzo che gli operatori pretendono per investire su un determinato mercato. Ebbene, negli anni peggiori della crisi di fiducia sull’Italia, tra il 2011 e il 2012, il premio a rischio su Piazza Affari era intorno al 12%, ben più alto degli altri mercati dell’area euro. A fine 2015 questo stesso indicatore è sceso intorno al 7%, allineato alle altre Borse europee e in qualche caso anche meglio; insomma, a questo punto il rischio paese è prezzato per l’Italia quanto per la Francia.
"Alcuni elementi di miglioramento sono esterni e comuni a tutta l’Eurozona – spiega Giampaolo Trasi, capo degli analisti azionari e credito della Direzione studi di Intesa altri sono specifici e hanno permesso di chiudere il gap rispetto agli altri paesi; non siamo più gli ultimi della classe, come un tempo. Direi che i fattori sono tre (più un’aggiunta): la maggiore stabilità politica e il processo di riforme, la governance delle società quotate molto migliorata rispetto a dieci anni fa, il processo di privatizzazioni e, infine, l’inizio della ripresa. Aggiungerei un quarto elemento, che pure ha giocato un ruolo positivo: l’organizzazione di successo dell’Expo, che ha contribuito a migliorare la percezione dell’Italia all’estero". C’è poi un altro termometro, che indica la "luna di miele" tra Piazza Affari e gli investitori: il flusso di maggiori investimenti da parte dei grandi operatori. I dati raccolti da Morningstar sui portafogli dei fondi internazionali specializzati nell’Eurozona (sui titoli a larga capitalizzazione) avevano una quota di portafogli pari al 7% investito sull’Italia nel 2013, adesso è quasi un punto percentuale in più. I fondi dell’area Europa (quindi inclusa la Gran Bretagna), sono passati invece nello stesso periodo da 2,9 al 3,9%.
Invesco nei suoi due fondi Pan European focus Equity fund ha un’esposizione all’Italia pari al 4,9% rispetto ad un valore "neutro" del 3,5% mentre la variante Pan European Equity fund ha titoli italiani per il 6,9% rispetto ad un valore a benchmark del 5,1%. La classifica dei titoli più "belli" dell’anno – nel Ftse Mib – vedono in prima fila Italcementi (ma in buona misura grazie al passaggio di controllo dalla famiglia Pesenti a HeidelbergCement, con relativo lancio di Opa nel marzo prossimo); tuttavia, il comparto dei cementieri si è complessivamente avvantaggiato dalle prospettive di ripresa del ciclo e infatti anche Buzzi Unicem ha registrato una buona performance. Ancor più "strutturale" la corsa di Anima holding, non a caso in compagnia di Mediolanum e di Azimut: il 2015 è stato l’anno d’oro del risparmio gestito (in gran parte grazie ai tassi minimi, garantiti dalla Bce, e quindi della ricerca di rendimento da parte dei risparmiatori, che li ha spinti verso i gestori professionali). L’altro filone positivo è quello del lussomade in Italy e società esportatrici (avvantaggiate dall’euro debole) come Campari – ai massimi assoluti – e Luxottica, che peraltro anche l’anno scorso aveva guadagnato oltre il 15%. Nessuna sorpresa nemmeno per il fatto che Mps sia in fondo alla classifica dei peggiori titoli dell’anno: tra aumenti di capitale, bilanci da riscrivere e soci che vendono (Btg Pactual è il "sospettato" ) è ovvio che il titolo soffra in Borsa. Altrettanto intuitivo che i titoli legati al mondo dell’oil abbiano avuto brutte performance: con il prezzo del petrolio a picco, Saipem, Tenaris ed Eni sono in fondo alla classifica.
VITTORIA PULEDDA, Affari&Finanza – la Repubblica 21/12/2015