Giulia Zonca, La Stampa 22/12/2015, 22 dicembre 2015
FIFA, CAPO IMMACOLATO CERCASI
Nel delirio di questi mesi, in Fifa, si è parlato di riforme, di stipendi da dichiarare senza reticenza, di più donne nell’esecutivo, di mandati non rinnovabili oltre gli otto anni, di processi e cambiamenti e pochissimo si detto sul futuro. Su chi concretamente potrà ereditare un caos che vale ancora 5 miliardi di dollari a ogni Mondiale.
Il 26 febbraio, a Zurigo, ci sono le elezioni: 209 Paesi votano per stabilire chi sarà il nuovo presidente. E non hanno idea di chi appoggiare.
Al-Khalifa in vantaggio
In corsa ci sono 5 nomi, il favorito è uno sceicco del Bahrein: Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa. Vive a Londra, tifa Manchester United, è a capo della confederazione asiatica. Ha esperienza anche se in tema di reputazione non è probabilmente l’eroe che il pallone cerca per inaugurare una nuova era. Molte associazioni umanitarie lo considerano responsabile della retata che ha messo in prigione decine di manifestanti nella protesta del 2011. Un corteo in favore della democrazia finito in pestaggi e detenzioni preventive.
Lo sceicco nega qualsiasi coinvolgimento e la commissione elettorale, che ha valutato le accuse, gli ha dato il via libera. Restano le ombre e soprattutto una lettera che lo cita tra i membri di una commissione istituita per «riconoscere i responsabili dei tumulti». Lui ha smesso di commentare, «solo falsità», e si è messo a raccogliere voti.
In questa fase è difficile dichiarare il gradimento: Africa, Asia ed Europa hanno i loro candidati e almeno per ora li sostengono apertamente. Platini poteva contare su tre continenti prima di essere travolto dallo scandalo, nessun altro ha una base così ampia perché Michel avrebbe ereditato equilibri precostituiti. Ora si parte da zero e ognuno guarda ai propri interessi.
Un milionario al potere?
L’Africa, roccaforte blatteriana, appoggia Tokyo Sexwale, 62 anni, attivista ai tempi dell’apartheid. È stato a Robben Island con Mandela, anni di prigione che gli hanno garantito un futuro politico anche se lui nella vita fa il milionario: amministra una miniera di diamanti. Era nel comitato del Sudafrica per i Mondiali del 2010 e pure quell’assegnazione (come ogni altra dal 2002) è soggetta a revisioni per possibili illeciti. Sexwale dovrà deporre negli Usa, su richiesta dell’Fbi, nemmeno lui risponde esattamente all’identikit del capo integro e affidabile. Ha vissuto un divorzio complicato, con accuse di molestie, poi ritirate, e propone sponsor sulle maglie Mondiali. Si riparte da dove Blatter ha lasciato, «dalla gallina dalle uova d’oro», alias la Coppa del Mondo.
Europa accerchiata
L’Europa si schiera non troppo compatta dietro a Gianni Infantino, segretario Uefa che ha il limite di essere un vice fino a che Platini non arriva all’ultimo grado. Infantino, svizzero, conosce il sistema calcio alla perfezione, parla cinque lingue e come ha dimostrato in Uefa, in questi mesi di reggenza, sa come affrontare le crisi. Solo che è difficile riesca a convince sostenitori fuori dai confini amici. Ne è consapevole, è abituato a manovrare dietro le quinte e non è detto che si converta a questa via anche stavolta. Potrebbe cercare accordi con qualcuno, vedi lo sceicco del Bahrein, e portare un pacchetto di voti in cambio di una collaborazione e del rispetto dei diritti acquisiti.
Il resto del mondo ritiene che l’Europa fino a qui abbia avuto troppo spazio: percentuali di introiti, posti per i Mondiali, persone al comando. Il sistema Blatter era totalitario e monoteista, lui teneva buoni tutti con prebende equamente divise e sedava le proteste sul nascere. Oggi la situazione è più libera, fluida e gli altri due candidati agiscono da disturbatori in uno scenario in costante mutazione.
Difficile conversione
Il principe Ali Bin Al-Hussein è stato l’ultimo a sfidare Blatter, ha raccolto 73 voti contro 133 e allora era spalleggiato da Platini. Adesso promuove etica via twitter ma è più debole di prima. E Jerome Champagne, diplomatico francese, si muove da indipendente. Dice che non gli interessano i gruppi ma le idee, lodevole ambizione solo che a votare sono sempre gli stessi. I 209 che hanno eletto Blatter a ripetizione ed è improbabile che dopo anni basati sulla spartizione all’improvviso si convertano. Certo lo scandalo o «tsunami», come lo chiama Blatter, ha cambiato le prospettive e qualche faccia nuova c’è. Il congresso dovrà pure votare una serie di riforme, già approvate dall’esecutivo, nei giorni dell’elezione.
L’Italia l’ultima volta ha appoggiato il principe secondo le indicazioni Uefa e ora aspetta di capire chi avrà davvero la forza di arrivare fino in fondo. Oggi i candidati sono 5, ma ancora prima del voto saranno le alleanze tra loro a decidere.