Maurizio Crosetti, la Repubblica 22/12/2015, 22 dicembre 2015
COSI’ L’IMPERATORE SEPP HA TRASCINATO LE ROI
È una storia malata, una caduta in sincrono, come i due tuffatori che precipitano insieme con identico movimento. È il tempio che Sansone, morendo, trascina addosso a ogni filisteo e qui Sansone è un colonnello svizzero di ottant’anni, forse troppi per durare ancora, non per non sapere come si uccide il nemico che ti vuole uccidere. È un bieco regolamento di conti, però adesso il conto lo pagano insieme, Blatter e Platini, forse persino più Platini di Blatter.
Il passato di Blatter pareva eterno, o era solo una specie di presente inattaccabile e infinito. E il futuro di Platini sembrava ineludibile, inevitabile. Il tempo di Blatter s’è fermato a maggio, dopo la retata di Zurigo, quando Platini si illuse di avere ammazzato il padre; non sapeva, Michel, che quattro mesi più tardi anche la sua stagione si sarebbe incenerita. L’inventore del fair-play finanziario tolto di mezzo da una bieca faccenda di soldi. Presi proprio dal padre, dal vecchio Sepp, una paghetta postuma da due milioni di franchi: senza contratto, sulla parola, saldati con 9 anni di ritardo. Neppure un bambino ci avrebbe creduto.
Prima sembravano amici, l’anfitrione e il delfino, il maestro e l’allievo. Poi, le vite parallele. L’imperatore Blatter che governa il mondo per quasi vent’anni, il re Platini che sta in cima all’Europa da otto. Sepp, cinque mandati alla Fifa. Michel, tre rielzioni all’Uefa. Poi, quasi per osmosi, un destino già scritto: Michel dopo Sepp sul trono planetario. Senza che mai, prima, il francese avesse davvero minacciato lo svizzero, si trovava sempre un modo per non candidarsi e aspettare. Platini venne pagato per questo? Per restare in attesa? O, soltanto, ha sbagliato il calcolo come certi eredi sicuri che la ricca nonnina tra poco tirerà le cuoia, e invece lei li sotterra tutti?
Imperatore e re sembravano litigare solo sulla moviola in campo, minuzie. Invece continuavano ad ammassare carrarmatini sul tabellone del loro Risiko, e qui Michel capì benissimo la lezione di Blatter: più terre coinvolte, più voti possibili. Più democrazia reale o apparente, più potere. Sapendo che nell’urna vale il pallottoliere, non la bilancia, Platini ha sfarinato almeno in parte la mappa smisurata di Blatter, ed era convinto di poter arrivare in vantaggio all’ultima conta. Ma il colonnello, politico sopraffino, lo ha tirato per la giacca in fondo all’abisso. Incredibile come Platini ci sia cascato, come non abbia pensato che non si devono mai aprire gli armadi pieni di scheletri, specialmente se lo scheletro sei tu.
Che delusione se l’ex fuoriclasse e uomo di sport, il grande atleta che avrebbe co- mandato anche a nome di una categoria sempre esclusa, sempre messa nell’angolo dai burosauri – i calciatori, appunto – alla fine è diventato identico al tiranno da eliminare. Eppure, che differenza di stile. Platini con il suo innato carisma, quell’eleganza molto francese, e Blatter che fa carriera sposando la figlia del segretario generale della Fifa. Platini e i Palloni d’Oro, Blatter abbastanza pallone gonfiato. Il consenso di Michel, gli sponsor di Sepp. Rivoluzionari entrambi, a modo loro: Blatter che voleva le porte più larghe, Platini che più saggiamente ha allargato la Champions e l’Europeo. Blatter che ha inventato i tre punti per la vittoria e ha vietato il retropassaggio al portiere, Platini che ha preteso e imposto una parola pesante, importante e bellissima (Respect, rispetto) scritta sulle maniche dei calciatori nelle notti di Coppa. Blatter che diceva: «Il razzismo nel calcio è una sciocchezza». Platini che rispondeva: «L’etica non viene dopo la tecnica». Neanche prima, purtroppo.
Ora c’è puzza di marcio, nelle stanze lussuosissime dove amano vivere i padroni del pallone. C’è quell‘odore inconfondibile di fine. Forse aveva ragione Maradona, su loro due. Lui sempre eccessivo, provocatorio, rancoroso. Lui, sempre libero.
«Ha un virus contro di me», dice Sepp di Michel. «È solo una farsa e lui se ne doveva andare», dice Michel di Sepp. Invece se ne vanno insieme, creature di un tempo scaduto, nemici all’apparenza opposti e invece, nel profondo, gemelli. Dicono addio. Glielo fanno dire, e intanto il mondo del calcio un poco si sposta dal suo asse, lascia la vecchia Europa, si consegna forse agli sceicchi. Gravissima colpa, sfruttare il passato e mostrare solo l’illusione del futuro. E per i soliti soldi, poi. Che volgaritè.