Andrea Schianchi, La Gazzetta dello Sport 21/12/2015, 21 dicembre 2015
WUNDER CARLO SI STA PREPARANDO –
L’accordo con il Bayern Monaco è una gioia, un grande onore, un’altra medaglia da appuntare al bavero della giacca già abbastanza luccicante, ma la notizia più bella gli arriva dall’Italia e gliela comunica il figlio Davide. «Papà, sono stato promosso al corso per allenatori di Terza Categoria. Primo della graduatoria. Adesso sono un tuo collega». Carlo Ancelotti, che è nella villa di Vancouver dove sta trascorrendo il più tranquillo degli esili, posa un attimo i ferri del mestiere e mette da parte la teglia dentro la quale ha appena adagiato un bel salmone da gustare «con una delicata maionese fatta con le mie manine». «Un altro Ancelotti con il patentino d’allenatore è una minaccia per il calcio» scherza. E se la ride, orgoglioso di aver trasmesso al figlio la passione per un lavoro che è la sua vita. Anche in Germania si accorgeranno presto di come il suo calcio sia fatto sì di moduli, schemi, raddoppi e sovrapposizioni, ma alla base di tutto c’è il divertimento, il piacere di stare in campo.
Dopo la Serie A, la Premier, la Ligue 1 e la Liga, ecco la Bundesliga: è l’unico allenatore del calcio moderno ad aver fatto il giro completo della giostra. E in questi momenti è normale ripensare agli inizi, «ho cominciato con Simutenkov e Gregucci alla Reggiana e sono arrivato a Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo: di strada ne ho fatta, le suole delle scarpe le ho consumate proprio come mi hanno insegnato mio padre e mia madre», racconta a un amico ristoratore di Vancouver che ne segue i miglioramenti in cucina e gli pronostica un futuro da chef. Ora, tuttavia, ci sono lezioni più complicate da seguire: quelle di tedesco. Carletto ha già cominciato a studiare, «ma è dura, molto dura» fa sapere. Conoscendolo, da vecchio mediano qual è stato e quale resta, non mollerà facilmente: per i prossimi mesi il suo impegno, più che visionare giocatori e disegnare schemi, sarà capire la differenza tra i «casi» nominativo, accusativo, dativo e genitivo. Alla fine, in capo a mille fatiche, vincerà anche questa partita, e probabilmente sarà davvero la più delicata. Perché l’impatto con l’ambiente del Bayern Monaco non può spaventarlo, come non lo hanno spaventato quelli con il mondo Chelsea o con l’universo Real Madrid.
A giudicare dalle telefonate e dai messaggi ricevuti nelle ultime ore Carletto dovrà dire molti «no», questo sarà un problema da risolvere. Per complimentarsi dell’accordo con il Bayern il primo a chiamarlo è stato Karim Benzema, poi sono arrivati gli squilli di Ibrahimovic, di Cristiano Ronaldo e di altri suoi ex giocatori. Un segno chiaro di come e di quanto Carletto sia sempre riuscito a «legare» con i campioni che ha allenato. Ibra e CR7 non hanno mai nascosto la loro preferenza per lui, e questo vale più di uno scudetto o di una Champions League sollevata al cielo. Qualcuno di questi fenomeni (Ibra in primis) si è pure offerto, farebbe carte false per tornare alle sue dipendenze, ma per il momento sono soltanto speranze, desideri, forse sogni. Non è il caso di correre troppo, un passo alla volta, senza esagerare e senza illudersi: tra tutte le altre, l’equilibrio è sempre stata la qualità che ha contraddistinto le squadre di Ancelotti. E non soltanto le squadre, ma anche la sua storia.