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 2015  dicembre 13 Domenica calendario

SE LA FAMIGLIA È IL CUORE VERO DEL RISPARMIO

«Si presume che una banca intrattenga un rapporto fiduciario e protettivo con i propri clienti e non li guidi verso dubbie intraprese; si presume che offra una sana e ponderata consulenza finanziaria e non le storie gonfiate di un venditore … L’introduzione e la diffusione dei nuovi compiti ha corrotto le fondamenta di questa tradizionale etica della banca». Così Ferdinand Pecora, giurista nato a Nicosia ma emigrato negli Stati Uniti, riportava al Banking and Currency Commitee a conclusione dell’inchiesta da lui diretta sulle pratiche che prevalevano tra le banche e i brokers di Wall Street alla fine degli anni ’20 del secolo scorso. Passano i tempi ma il succo sembra immutato: talvolta quel rapporto fiduciario, spesso implicito, spesso tacito (e per questo ancor più esposto ad abuso) che lega banca e cliente viene violato dalla banca, la parte più forte perché più informata. Ciò che è emerso con la risoluzione (dovuta) delle quattro banche italiane è un miscuglio di cattiva gestione (frutto di limiti nella governance di quelle banche), sfruttamento di conflitti di interesse, limiti (ben noti) nella preparazione finanziaria dei risparmiatori. Ma questi aspetti - anche se non bisogna mai commettere l’errore di confondere le anomalie con l’intero sistema - non sono limitati a quelle quattro banche né al collocamento di obbligazioni subordinate. Il collocamento di obbligazioni ordinarie da parte di una molteplicità di banche è soggetto a simili problemi e così pure la vendita di parecchi prodotti finanziari, dove all’interesse del cliente viene spesso anteposto quello della banca. Si badi bene, non è in discussione l’idea che la banca promuova dei prodotti finanziari: la promozione di nuovi prodotti non solo è legittima ma è potenzialmente utile per il risparmiatore.
Ma va fatta rispettando i confini «del rapporto fiduciario e protettivo con i propri clienti...» rinunciando alle «storie gonfiate del venditore» che esalta i pregi del prodotto e ne tace i difetti. Solo pochi giorni fa sono stato contattato due volte dalla mia banca che chiedeva un appuntamento per propormi delle interessanti (e a suo dire in esaurimento) obbligazioni. Di che si trattava: obbligazioni proprie in dollari a sette anni, con rendimento crescente fino al 3% nel settimo anno. Un buon affare? Difficile dirlo. Per alcuni può esserlo. A questi la banca, portandogliele a conoscenza, rende un utile servizio. Quello che però non si può fare è sostenere - come ha fatto l’impiegata - che oltre al rendimento avrei incassato l’apprezzamento del dollaro che sarebbe sicuramente arrivato. Questo è un (tentativo di) inganno che rivela l’intenzione di anteporre l’interesse proprio o della banca a quello del cliente. Questo sovvertimento di priorità deve diventare la rara eccezione piuttosto che la pratica che oggi sembra regolare il comportamento (non solo in patria a onor del vero) delle banche verso i propri clienti. Il manifesto per la tutela del risparmio che ieri ha proposto il Sole contiene importanti suggerimenti su ciò che sarebbe utile conseguire perché la banca serva correttamente l’interesse del cliente anziché il proprio a scapito di quello del risparmiatore. Da misure per contenere lo sfruttamento dei conflitti di interesse, all’adozione di prassi di diversificazione degli investimenti fino a miglioramenti nella gestione delle controversie tra risparmiatori e intermediari. Oltre a questo occorre però pensare più in grande e rimodulare la struttura del nostro sistema bancario e finanziario anche alla luce del nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi. Occorre riconoscere che la finanza famigliare oggi è il cuore dell’intermediazione finanziaria e occorre capirne le peculiarità. Il mio primo articolo quando iniziai la mia collaborazione con il Sole era dedicato a queste peculiarità e osservavo che queste specificità «rendono le famiglie facili prede di cattivi consiglieri o di intermediari interessati ai propri profitti e in subordine agli interessi dell’investitore/cliente». Suggerivo che per affrontare questo problema seriamente occorre un’apposita agenzia come il Consumer Financial Protection Bureau creato negli Stati Uniti all’indomani della crisi. Accanto a questo oggi c’è una emergenza da gestire: informare i risparmiatori del nuovo regime di risoluzione delle crisi e delle maggiori responsabilità che gravano su di essi. È una necessità e un dovere, lo era prima lo è a maggior ragione oggi dopo che le perdite subite dai risparmiatori delle quattro banche fallite ci fanno toccare con mano cosa costa non farlo.