Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 18/12/2015, 18 dicembre 2015
QUEI CINQUE MILIARDI DI BTP CHE SERVIRANNO A TENERE SU I CONTI
Alla dissestata Etruria riuscì pure un piccolo miracolo. Conquistare il primato assoluto in Italia come banca più carica di titoli di Stato. Il record arriva a fine 2013 quando l’istituto aretino, oggi nel pieno del ciclone giudiziario, arriva a detenere oltre 7 miliardi di BTp nel suo portafoglio. Detta così non dice molto, ma quei 7 miliardi valgono ben metà dell’intero bilancio della banca. Tanto per dare un’idea di confronto è come se Intesa si fosse comprata da sola la bellezza di 300 miliardi di bond governativi italiani. Uno sproposito per una piccola banca locale deputata a fare credito sul territorio. E quell’incetta di BTp, come raccontò il Sole 24 Ore due giorni dopo il commissariamento, non era un incidente di percorso, ma una strategia ben mirata per sostenere il più possibile i ricavi, fortemente erosi dalle svalutazioni dei sempre più ingenti prestiti malati. Si inizia a fine 2011 a comprare a più non posso bond del Tesoro. A fine di quell’anno ammontano a 2,1 miliardi, cifra già consistente. Poi il boom: a fine 2012 si sale a ben 5,4 miliardi per poi raggiungere il tetto dei 7 miliardi nel 2013. Un incremento monstre: un sonoro +230% di acquisti. La banca locale si trasforma in una piccola Goldman Sachs: ha attività finanziarie (i Btp) a rischio basso o zero che equivalgono al portafoglio impieghi. Un primato. Tutte le banche, chi più chi meno, hanno comprato titoli del Tesoro, ma nessuna banca italiana ha quel livello di BTp così ingente sul suo bilancio. Quell’amore per i titoli pubblici italiani ha una precisa ragione, o meglio è un segnale, per chi lo sa leggere, inquietante sullo stato di (mala)salute della banca aretina. Lo shopping forsennato serve infatti a fare proventi straordinari che compensino la brusca impennata delle perdite sulle sofferenze. Già perché la banca si sta avvitando pesantemente da tempo. Solo i crediti deteriorati netti infatti passano da un miliardo del 2011 a 1,4 miliardi del 2012 per salire infine a 1,6 miliardi già nel 2013. E sono quelli al netto delle rettifiche che si cominciano a fare pesantemente solo a fine del 2012. I crediti lordi sono a quote molto più alte: solo nel 2013 arrivano a pesare per oltre 2,5 miliardi. Moltissimo per una banca che ha impieghi totali per 6,8 miliardi. Oltre il 30% del portafoglio è in condizioni di cattiva salute. Si prepara quindi il terreno a fortissime perdite dopo il buco da 200 milioni del 2012. E grazie ai maxi-acquisti di BTp la banca guadagna ben 130 milioni di ricavi, un terzo dei ricavi complessivi. Senza l’«operazione BTp», che sarà poi bocciata da Bankitalia che costringerà la banca a vendere parte dei titoli, il buco di bilancio nel 2013 sarebbe stato di almeno 200 milioni e non di soli 74 milioni come avvenne. E così l’Etruria finiva per “mascherare” l’emergere delle vere perdite legate al portafoglio prestiti che presenterà prima del commissariamento ben 3 miliardi di crediti malati. La caccia al BTp andava letta come un pessimo segnale delle condizioni dell’istituto che proprio in quegli anni collocava sul mercato retail, dei suoi piccoli clienti, le obbligazioni subordinate dopo aver deciso di non ricorrere più agli istituzionali. A loro sarebbe bastata un’occhiata per evitare di comprare bond dell’Etruria.