Paolo Siepi, ItaliaOggi 18/12/2015, 18 dicembre 2015
PERISCOPIO
È morto Licio Gelli. Da loggia al domani. Gianni Macheda.
Se la linea di Forza Italia è scimmiottare Grillo e Salvini, allora tanto vale fare l’accordo con i 5 Stelle. Matteo Renzi in occasione della nomina dei tre componenti la Consulta. Corsera.
L’islam non è l’Isis. È dura doverlo ripetere: io sono italiana, musulmana, europea. Shereen Mohamed, veronese, di origine pakistana, 22 anni, blogger. Corsera.
Applaudire calorosamente per aiutare l’operatore a concludere. Dino Basili, Tagliar corto. Mondadori, 1987.
Il ministro Boschi non si dovrebbe assolutamente dimettere dopo le vicende bancarie. Nemmeno per idea. Questa volta il governo ha fatto esattamente quello che bisognava fare. Ivan Scalfarotto, sottosegretario ai Rapporti col Parlamento, Un Giorno da Pecora, RadioRai2.
Non tutti riescono a comprendere le sottigliezze cui i politici ricorrono, ma continuamente la gente dotata di senso comune si rende conto che le loro sono meschine battaglie in un bicchier d’acqua, e che mentre nel mondo accadono cose davvero epocali, cose terribili come le lotte di religione e di civiltà, noi chiamiamo epocali eventi insignificanti, e parliamo solo di quelli... E la sproporzione tra quel che accade nel mondo e quel che si confabula in Italia rende ridicola la nostra politichetta. Raffaele La Capria. Corsera.
Giuliano Amato tutto può fare salvo che erigersi a giudice delle presunte malefatte del Psi, di cui egli, al pari di altri dirigenti, porta semmai, per intero, la sua parte di responsabilità. Altri numerosi dirigenti sono stati letteralmente criminalizzati. Il sottoscritto, per le sue responsabilità di segretario, trattato alla stregua di un gangster, e condannato all’ergastolo. Guarda caso invece ad Amato, vicesegretario vicario del Psi, forte delle sue amicizie e alto locate protezioni, non è toccato nulla di nulla. Bettino Craxi, Io parlo e continuerò a parlare. Mondadori.
Oggi so che scrivere nei giornali (anche se a modo mio) è un eccellente esercizio in tutti i sensi. Perché esige la concisione, la concretezza, il dovere di farsi capire, la comunicazione immediata: quasi un esercizio spirituale. Carlo Coccioli, Tutta la verità. Rusconi, 1995.
Ho esordito come artista nei rifugi antiaerei di Foggia. Cantavo, con un certo successo, le canzoni friulane che mi insegnava la mia tata Emanuela. Poi, quando si sentiva il rombo degli aerei, passavamo al rosario: «Ave Maria gratia plena...». Alle prime esplosioni la preghiera saliva di tono, come per coprire il fragore. Un giorno all’uscita vedemmo una casa crollata, i morti schiacciati ». Qui Arbore si commuove. Poi riprende: «La mia generazione è abituata al pensiero positivo perché ha conosciuto la guerra, la fame, la morte. I nazisti portarono via anche mio padre, credevamo di averlo perso. Renzo Arbore (Aldo Cazzullo). Sette.
Ho avuto amori fondamentali, un paio importanti e uno decisivo: Antonio. Siamo stati insieme per 38 anni. È scomparso tre anni fa. Mi ha aiutato moltissimo. Mi voleva un bene esagerato che andava oltre i miei meriti. Ho dei rimorsi per avere privilegiato il lavoro. La sua morte è stata, per me, una perdita senza rimedio. Un’insonnia straziante. Natalia Aspesi, giornalista, (Antonio Gnoli). La Repubblica.
La dichiarazione di Paolo Grassi fu esplicita: «Vuoi sposarmi?». Mi scriveva decine di lettere d’amore, segnando giorno e ora. Invece di spedirmele, me le consegnava a mano. Di uomini come lui e come il maestro Gianandrea Gavazzeni non ne nascono più. Katia Ricciarelli, soprano (Stefano Lorenzetto). Panorama.
Davanti alla residenza viennese di Massimiliano si erge la dimora di un’altra e più placida ritornata a casa, quella Maria Luigia che, accanto a Napoleone, ci fa l’irrimediabile figura dell’oca in un nido d’aquile ma che, ricollocata a Parma come Maria Luigia, tra il suo Neipperg monocolo e i suoi ricami, lasciò tenaci rimpianti, e un mondo tutto per sé che un romantico postumo le mise assieme. Pietro Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.
Goebbels diede molta importanza al cinema. Fece produrre uno spezzone in 3D: era il 1936, molto prima che Hollywood lanciasse quella tecnica. Ma fu geniale soprattutto nel comprendere come i film politici alla Leni Riefenstahl fossero a malapena tollerati dal pubblico, che preferiva la commedia o il dramma storico. E allora iniziò una produzione hollywoodiana, in cui i contenuti fondamentali dell’etica nazista venivano diluiti nei facili luoghi comuni. Giulio Meotti. il Foglio.
Piazza Gae Aulenti a Porta Nuova, Milano, è una piazza artificiale e soprelevata in una città piatta, è una delle cose più incredibili e vive della Milano nuova. Maurizio Crippa. il Foglio.
Ho studiato in Conservatorio, volevo fare il basso. Amo Rossini, Mozart, il bel canto settecentesco. Il mio ultimo romanzo Buchi nella sabbia è dedicato al soprano Lucia Stanescu, la mia prima maestra. Vado a teatro da solo, è la «stanza tutta per me». Marco Mavaldi, scrittore (Annarita Briganti). la Repubblica.
Il Tevere aveva ancora i colori dell’Umbria e l’acqua sembrava appena uscita da un rubinetto della fontana di Piazza del Popolo. Ugo Pirro, Osteria dei pittori. Sellerio, 1994.
I francesi ci portano in auto al Campo Stampa. Ci sbattono in volo sopra le due città che hanno ripreso e ci fanno vedere il tricolore che sventola. Da quell’altezza potrebbe essere una qualunque dannata bandiera. Poi c’e’ la conferenza stampa e un colonnello francese che ci spiega cos’era quello che abbiamo visto. Poi spediamo i telegrammi con tanto di censura. Poi ci danno da bere. Miglior barista di tutta l’Indocina. Poi prendiamo il volo di ritorno. Graham Green, L’americano tranquillo. Mondadori, 1957.
La finta ingenuità era come un mio secondo abito: ero l’oca giuliva, la bella che doveva rimanere muta, l’appariscente bionda che non capiva niente, l’ornamento di un cinema italiano che, salvo rare eccezioni, è sempre stato un feudo maschile. Compresi in fretta dov’ero e perseguii il successo in maniera morbida, insinuante, sottile, senza fretta né ansie apparenti. Sandra Milo, attrice (Malcom Pagani). Il Fatto.
Se la via è facile, inventiamo un ostacolo. Robert Sabatier, Le livre de la dèraison souriante. Albin Michel, 1991.
L’invidia: impotenza perfida, omaggio velenoso a chi possiede quei meriti e quelle virtù che a noi mancano. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 18/12/2015