Paolo Siepi, ItaliaOggi 12/12/2015, 12 dicembre 2015
PERISCOPIO
La soluzione italiana ai fallimenti finanziari: morta una banca se ne fa un’altra, ma il funerale lo pagano i clienti. Gianni Macheda.
Donald Trump assalito su un set fotografico da un’aquila calva. Era invidiosa del parrucchino. Il rompi-spread. MF.
La nuova proposta di Donald Trump per limitare la libertà di movimento dei terroristi: sarà decretata l’abolizione della ruota. Spinoza. Il Fatto.
Molti intellettuali sono dipendenti dal Pd (più che i suoi, da Berlusconi, a suo tempo) e, in generale, dipendono dalla politica per i loro progetti e le loro carriere. Così diventano servi volenterosi e l’autonomia intellettuale viene cancellata dal clientelismo. Renzi si trova quindi al centro di un sistema di favori. Questo blocca davvero il cambiamento nel paese. Quando 23 anni fa arrivai all’Università di Firenze, certi colleghi mi chiedevano: «Tu chi porti al concorso?». All’inizio non capivo neanche che cosa volessero dire. Paul Ginsborg, storico. Il Fatto quotidiano.
La generazione del ’68, la contestazione, la partecipazione, gli ascensori sociali in movimento? Macché. Pensavamo di avere il mondo nelle nostre mani. E invece una parte di noi è morta, anche di eroina, un’altra parte è finita in galera, e un’altra ancora si è salvata per caso. Nessuno di quella generazione ha pensato di spargere almeno una briciola per i propri figli. Ho scritto di loro: «Strapparono i coglioni agli amatissimi figli e le ovaie alle dilettissime figlie». Ed è esatto perché i sessantottardi hanno saccheggiato l’eredità dei loro padri e poi hanno impedito ai loro figli di diventare adulti, liberi. Costringendoli dentro un’immonda catasta di gadget a trastullarsi perché non rompessero i coglioni. E questo perché gli ex contestatori volevano mantenere, se non il potere, almeno l’illusione di una eterna giovinezza. Maurizio Maggiani, scrittore (Vittorio Zincone). Sette.
Abbiamo scelto una strada per certi versi impervia. Ma se i problemi non si affrontano, essi, da soli, non scompaiono. Federico Ghizzoni, ceo di Unicredit (Nicola Saldutti). Corsera.
Non sono io che tradisco la Francia, sono i francesi che tradiscono loro stessi. A poco a poco hanno perso il senso della libertà, il gusto dell’avventura, hanno perduto l’udito, l’olfatto, non sentono più la musica trasportata dal vento, come laggiù in Kazakistan, dove senti le ragazze cantare da un villaggio all’altro; hanno perduto il senso della vita e della felicità, pian piano si sono lasciati divorare dal cancro della paura, e ora vivono nel terrore di ciò che potrebbe succedergli. Hanno paura degli stranieri, hanno paura del loro vicino, hanno paura del domani, hanno paura di tutto. Gérard Depardieu. la Repubblica.
Nonna Desolina era bellissima. E poverissima. Cinque figli da crescere, niente da mangiare. La morte di suo marito «Palloi» strappò ai bambini il cuore dell’infanzia per trapiantare sul loro petto quello che batteva la conquista del domani. Mia mamma, a tredici anni, fu mandata a Roma nella casa di una ricca signora dell’Olgiata. Le mostrarono la Basilica di San Pietro e lei disse: «È più bella la chiesa del mio paese». Nel suo cuore non c’era posto per altri luoghi sacri, solo per Santa Maria. Tornò a Cabras. Trovò lavoro nella servitù di una famiglia nobile. Là divenne donna, imparò l’arte del ricamo, della cucina, del governo della casa e divenne la promessa sposa di Cesare, mio padre. Mario Sechi, scrittore. Il Foglio.
Il rapporto di Giulio Anselmi con Siri fu sempre assai conflittuale. Il porporato era considerato un conservatore fra i più retrivi. Venuto a sapere che il giovane Anselmi leggeva L’Espresso, ne fu addolorato come se lo avesse scoperto a trastullarsi con le rivistine porno. Vietò al quasi figlioccio, nel frattempo fattosi giovanotto, di comprarsi l’automobile e persino il televisore. I due si riconciliarono soltanto dopo che l’arcivescovo rinunciò al governo della diocesi di Genova per raggiunti limiti di età. Anselmi andò a salutarlo. Lo trovò con uno scialletto sulle spalle, tipo la mamma mummificata di Norman Bates in Psyco. «Sua eminenza non è più la stessa persona, credo che non preghi nemmeno più», gli confidò il vecchio Ugo, che era stato per una vita l’autista di Siri. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
Vivo lungo i sentieri che dall’Alpe Soi conducono al Passo Baranca. Spero che qui, nascosto tra le montagne, la signora in nero si dimentichi di me. Ci ha provato già varie volte, ma sono un osso duro. Cresciuto con sette fratelli in una povera famiglia contadina della campagna veneta vicino al Brenta, dopo aver cambiato mestieri, case, città e girato il mondo, ho trovato il mio centro di gravità permanente in una baita ai piedi del monte Rosa, dove sono venuto a cercarlo. Ho due figli, già adulti, e un’ex moglie. Abitano tutt’e tre in Francia. Lei era una fotografa. Si presentò per un servizio al Théâtre de la Ville di Parigi, mentre recitavo. Matrimonio nel 1978, separazione dopo otto anni. Oggi vivo da solo. Bruno Zanin, il Titta di Amarcord di Federico Fellini (Stefano Lorenzetto). Panorama.
Un tipo mi tira una spalata di neve in faccia. Che imbranato. Una macchina mi punta contro slittando nel verglas. Se il suo autista avesse i coglioni mi centrerebbe in pieno. Non lo fa. Verme! Luigi Serravalli. Diario.
Così trascorro i miei pomeriggi in questa tea-room sull’isola di Tristan de Cunha. Il vento ulula e scaraventa contro i vetri, secchiate di pioggia mescolate alla schiuma delle onde. Piera Graffer, La Maliarda. LoGisma.
La zia Emilia faceva Sanmartino due volte all’anno: ai primi di giugno e alla fine di settembre, dal paese a le Fontanelle e viceversa. Chiamava un birocciao e sul biroccio faceva caricare casse, baule, materassi, sacchi di tela, mezzo arredo di casa: tutto era stato contato e segnato su un quaderno, pezzo per pezzo, alla partenza; tutto veniva ricontato e depennato dal quaderno, pezzo per pezzo, all’arrivo. Nessuno si stupiva. Marco Santagata, Papá non era comunista. Guanda 1996.
Presentazione del conto al ristorante. È il momento in cui chi pagherà si immusonisce e coloro che non pagheranno guardano altrove. Philip Bouvard, Journal drôle et impertinent, Diario comico e impertinente. J’ai lu, 1997.
La vita è un cerchio vizioso. Esempio: alla pesca il pesce mangia il verme. Poi il pescatore mangia il pesce e, un giorno, il verme mangia il pescatore. Francis Blanche, Pensèes, rèpliques et anecdotes. J’ai lu, 1996
Delle tante donne che ho conosciuto, oggi non ne riconoscerei nessuna. Roberto Gervaso.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 12/12/2015