Anna Momigliano, Rivistastudio.com 8/12/2015, 8 dicembre 2015
LOUIS ALIOT IN LE PEN
Di lui il suo più acerrimo nemico, il polemista di estrema destra Alain Soral, diceva che è «un gigolò» e «il lecchino dei sionisti»: il secondo epiteto valse a Soral una condanna per diffamazione, il primo fu lasciato correre dai giudici, perché da intendersi in un contesto «politico e polemico», dissero loro, o forse, aggiungerebbero i maligni, anche perché qualcosa di vero c’era. Chi l’ha incontrato lo descrive invece come un uomo fedele e «davvero innamorato», un tipo affabile e caloroso, «molto mediterraneo, per niente il genere di persona che ti aspetteresti dal Front National».
Vicepresidente del partito (che però di vicepresidenti ne ha cinque), compagno ufficiale, ma a basso profilo, del suo capo Marine Le Pen, ex avvocato di origini un po’ ebraiche, un po’ nordafricane e un po’ pied noir, Louis Aliot è uno dei vincitori delle elezioni regionali del 6 dicembre che hanno proiettato la sua donna verso l’Eliseo. Capolista del Front National per la Languedoc-Roussillon-Midi-Pyrénées, la macro-regione creata dalla riforma amministrativa che diventerà operativa nel 2016, ha vinto il primo turno con il 32 per cento delle preferenze.
Pare che la sua presenza in ruoli di primo piano abbia generato qualche mal di pancia nella base – in una certa base – del partito. L’ala più cattolica, quella che si riconosce in Marion Le Pen, la giovane nipote di Marine, è infastidita dalla relazione: lei due volte divorziata con tre figli, divorziato pure lui e con due pargoli, convivono more uxorio. I militanti della destra più radicale, quella in odore di antisemitismo che Marine vorrebbe fare dimenticare alla stampa e agli elettori, non apprezzano il suo Dna decisamente poco “ariano”. Due attivisti furono sospesi dal partito nel dicembre del 2014 per avere versato di nascosto un lassativo nel suo bicchiere di vino durante una conferenza stampa organizzata dallo stesso Aliot, e sebbene nel caso specifico l’origine della discordia fosse un’altra, l’opposizione del politico ai matrimoni gay, l’episodio è indice di un certo malcontento.
Alcuni tra i fedelissimi di Jean-Marie Le Pen, l’ex padre-padrone del Front National elegantemente rottamato dalla figlia, vedono in Aliot una delle incarnazioni del tradimento, di quella svolta verso un’immagine più presentabile, se non propriamente più moderata, che ha consentito a Marine di raggiungere un elettorato più ampio ma che alcuni attivisti della prim’ora hanno vissuto come un’abiura. E in effetti Aliot ha poco a che spartire con quell’estetica, aggressiva e un po’ cafona, generalmente associata ai duri e puri del Fn: «Ci sono molti elementi del Front National con cui non vorresti parlare nemmeno per cinque minuti, ma Aliot non è uno di questi», racconta a Studio Anne-Elisabeth Moutet, commentatrice di cose francesi per il Telegraph. «Quando l’ho incontrato, a una cena, non ho mai avuto l’impressione di essere in compagnia di un fascista. Al contrario, era molto socievole e cortese. Non voglio dire che non sia un estremista, perché evidentemente lo è. Semplicemente, non dà l’impressione di esserlo».
Infine, come da copione, c’è chi lo vede come un raccomandato, come qualcuno che è arrivato dov’è in virtù della sua relazione con Marine. «Nessuno lo ritiene un fulmine di guerra, ma non è neppure un Trota. Certo, deve la sua scalata anche alla relazione con Marine, ma il suo lavoro lo fa, e se è arrivato al ballottaggio vuole dire che ha qualche qualità politica», commenta Matteo Cavallaro, ricercatore dell’Università Parigi XIII che segue i movimenti della destra radicale. Né un fuoriclasse né un incapace, Aliot è descritto da Cavallaro come «un onesto burocrate di partito».
Louis Aliot è nato a Tolosa nel 1969 da una famiglia di pied noir, i francesi che vivevano nelle colonie nordafricane e che furono scacciati, più o meno violentemente, con la decolonizzazione per poi essere accolti in patria con qualche pregiudizio. Suo nonno materno era però un ebreo algerino originario di Médéa, apparteneva cioè alla millenaria comunità ebraica nordafricana in tutto e per tutto araba (non era insomma un ebreo europeo, giunto come gli altri francesi: era un colonizzato, non un colonizzatore), che però ottenne la cittadinanza francese con il Decreto Crémieux che accordò lo status di cittadini ai 35 mila ebrei d’Algeria. Un identikit poco consono, direbbero alcuni, a un politico di estrema destra. Ma forse la contraddizione è apparente, e non soltanto perché, da quando ne ha preso le redini nel nel 2011, Marine Le Pen ha accuratamente eliminato ogni tono antisemita dalla retorica del partito (suo padre, in compenso, era stato condannato nel 2008 per negazionismo e più recentemente ha fatto una battuta che suggeriva di mettere nel forno un comico ebreo). Non mancano i casi di franco-algerini, né di francesi ebrei, che votano Front National. La famiglia Aliot, infatti, ha una lunga tradizione di militanza nel partito, tanto che i suoi genitori erano tesserati della prim’ora, e lo stesso Louis ha iniziato a lavorare nel Fn già ai tempi di Jean-Marie.
Nel 2004 è diventato assistente di Le Pen figlia al Parlamento europeo. Pare sia allora che scoccò la scintilla con il capo: i due fanno ufficialmente coppia fissa dal 2009, lui fu nominato vicepresidente nel 2011, quando Marine divenne presidente. Per il resto, insieme si fanno vedere di rado: «Tengono un basso profilo perché puntare sulla loro immagine di coppia offrirebbe pochi vantaggi e molti rischi», dice Cavallaro, il ricercatore di Paris XIII. «Forse hanno capito che i francesi sono stanchi delle vicende sentimentali dei loro leader, dopo tutti i gossip su Sarkozy e Hollande. In più rischierebbe di essere un boomerang, con le accuse di nepotismo e il fatto che non sono sposati».
Moutet, la columnist del Telegraph, dice di trovare poco credibile le voci di una relazione di convenienza: «Al contrario Aliot mi è sembrato molto innamorato, e non credo tradirebbe mai Marine». Del resto, non si capisce cosa avrebbero da guadagnarci: «Non li definirei una power couple, è lei la star». Lui, si diceva, è soltanto un onesto burocrate di partito.