MARCELLO DE CECCO, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015, 7 dicembre 2015
WEIDMANN VS. KEYNES, UNO A UNO
La novità riguardo alle decisioni prese dal consiglio della Bce nella riunione di giovedì è che sono state assunte a maggioranza e non all’unanimità. L’opposizione del signor Weidmann non ha temuto di sfidare i propri referenti politici, in particolare la signora Merkel. Forse perché aveva ricevuto un via libera. Non sarebbe eccessivo pensarlo da parte di osservatori esterni, che hanno notato le difficoltà della Cancelliera nel persuadere il pubblico tedesco sulla inevitabilità della sua politica estera in Medio Oriente. Questa volta il signor Weidmann deve avere pensato di potere sfidare Mario Draghi sulla necessità di continuare il quantative easing a oltranza. E di continuarlo malgrado il probabile rincaro del denaro da parte della Federal Reserve nella prossima riunione di metà dicembre.
Dalla parte di Mario Draghi sta l’effetto delle sue decise dichiarazioni per fermare la corsa dei mercati a mettersi in salvo anche a costo di mettere in pericolo l’intero equilibrio finanziario e monetario europeo. Draghi non ha esitato a rendere le proprie azioni decifrabili da parte degli speculatori. Nella antica prassi dei suoi predecessori, ha risolto di fare la guerra con i disertori sfruttandone a fin di bene le azioni. La reazione stizzita proprio da parte di quelli che si erano attesi una continuazione della politica della Bce anche questa volta, e che quindi si erano arrischiati a scommettere il proprio denaro e magari anche denari presi a prestito credendo di poterlo fare senza rischi eccessivi, mostra ad abundantiam che Draghi questa volta si è visto sfidato nel Consiglio della Bce proprio da quelli, capeggiati dalla Bundesbank, che se la sono sentita di potere andare fino in fondo, una volta tanto. Quel che vale notare è che Weidmann e i suoi accoliti non sono andati contro le necessità di economie come l’Italia e gli altri Paesi mediterranei. Chi ha veramente bisogno di aiuto è questa volta l’economia francese, che deve essere messa in condizione di correre senza patemi di paure inflattive per dare a Francois Hollande la possibilità di difendersi contro l’attacco delle due Le Pen, e in generale di potere stabilizzare il paese.
Una deflazione dei conti innescata dalla politica della Bce sarebbe esiziale nella attuale situazione delle banlieue di Parigi. In aggiunta, l’esempio francese di sfida alle decisioni comunitarie, se dovessero prevalere le due Le Pen, si verrebbe a sommare a quello tedesco invogliando gli imitatori del centro Europa. Quando la signora Merkel invitò i profughi della Siria a emigrare in Germania diede una misura della forza raggiunta dal plesso produttivo della economia tedesca, e della forza della piena occupazione della forza lavoro, compresi i lavoratori meno essenziali e più marginali anche dei paesi vicini alla Germania, come quelli della Mittel Europa. Si risentirono coloro ai quali si accollava l’onere della sistemazione dei profughi siriani sul territorio, ma la forza della economia tedesca non era in nessun modo messa in dubbio. Il signor Weidmann comunque può ritenere che le sue sfide all’interno del Consiglio della Bce potranno restare senza eco in Germania e invece dargli il senso di avere finalmente vinto una partita contro i keynesiani del resto del mondo. Ora nelle menti di parecchi europei, ma anche di altri continenti non è più di moda sentirsi "siamo tutti keynesiani comunque", perché per far ripartire l’economia l’interventismo sembra una politica necessaria come l’antibiotico contro le infezioni, a prescindere dalle convinzioni teoriche. Innanzitutto si prende e poi si discute dei massimi sistemi economici.
Ora, in Germania e nei suoi paesi satelliti, sembra si sia superata quella fase. Specie nei paesi satelliti, ci si può permettere di criticare la Signora Merkel, mettendone in dubbio la politica di accoglienza verso i profughi siriani. E di permettersi di non volere partecipare allo sforzo con propri fondi, tanto da far finalmente minacciare da parte della Merkel di chiedere la restituzione delle somme elargite dalla EU proprio a quelli che le hanno utilizzate per uscire dalla ristrettezza nel settore agricolo e sociale. La messa in dubbio del Trattato di Schengen da parte dei nazionalisti dei fili spinati dei paesi dell’Europa Orientale può mettere in difficoltà il principio della circolazione libera delle persone. Può essere un detonatore di esplosivi contro ad esempio anche l’edifizio della Unione Monetaria Europea. Quello che non si apprezza ormai è quanto abbia fatto, in assenza di un leader mondiale come gli Stati Uniti, l’unità economica europea a tenere gli stati e staterelli europei dal riprecipitare nell’orgia di nazionalismo precedente la Seconda Guerra mondiale, ricondannadosi alla insignificanza globale.
di MARCELLO DE CECCO, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015