Arcangelo Rociola, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015, 7 dicembre 2015
TRANSLATOR, CLOUD, MOBILE: NELLA CITTADELLA DI GATES, MICROSOFT CAMBIA PELLE
REDMOND – Chi lavora qui da più tempo dice che fino a qualche anno fa difficilmente si sarebbero visti dipendenti in t-shirt e calzoncini. Redmond, stato di Washington, dal 1985 quartier generale di Microsoft. Qui, a qualche chilometro dal Canada, un autunno così mite non se lo ricorda nessuno. Un gruppo di giovani ingegneri prende una pausa al sole fumando sigarette elettroniche: «No, qui quasi più nessuno più fuma quelle normali, noi da mesi siamo passati tutti a queste» dice uno di loro tirando vapore da una stecchetta blu. Con lo zaino ancora in spalla, stanno fuori dal palazzo 17, quello del gruppo che lavora alle soluzioni cloud.
Redmond è una piccola città. La attraversano strade dove ci transitano quasi solo i bus navetta bianchi e verdi dei dipendenti. Ai lati ampi marciapiedi che di questo periodo sono un un tappeto di foglie d’acero rosse. Questo campus in questi anni è diventato il teatro di una imponente trasformazione. Quella di una multinazionale del software costretta a ripensarsi. A reinventarsi. Per non scomparire. In rete ci sono molti video che raccontano la Microsoft di qualche anno fa. Quella di Bill Gates, prima, e Steve Ballmer, dopo. Di impiegati in giacca e camicia. Nei video più datati spesso la camicia era a quadri e faceva il paio con le montature di occhiali che andavano di moda al tempo. Oggi i più grandi ricordano quasi con tenerezza gli impiegati che emulavano il fondatore di Microsoft nei modi e nello stile. A 40 anni dalla sua nascita, Microsoft era diventata una multinazionale del software piuttosto compassata. Chiusa in se stessa e nella protezione dei suoi prodotti principali. Windows e Office. Invece di seguire i cambiamenti della vita digitale dei propri utenti, Microsoft per un periodo ha giocato in difesa. E da Redmond, dopo la nomina del nuovo amministratore delegato Satya Nadella, è partito il suo tentativo di rilanciarsi.
In quest’area a 20 chilometri a est di Seattle, Microsoft ha costruito 128 palazzi. Strutture in vetro e cemento che non superano mai i 3 piani, circondate da ampi giardini, ristoranti e pub. Ci lavorano circa 35 mila persone. Quasi un impiegato su tre della multinazionale creata da Bill Gates nel 1975. Alcuni di questi palazzi sono diventati il simbolo del cambiamento di Microsoft. Il palazzo 99, per esempio. Qui dirige i lavori P. Anandan, capo del dipartimento ricerca e sviluppo. Indiano, come Nadella, racconta in buon accento british la nuova missione dell’azienda: "Cosa è cambiato? Che siamo più liberi di inventare, lanciarci in progetti nuovi, di portare a compimento idee di ricerca senza doverli abbandonare alle prime difficoltà. E vediamo subito gli effetti di questo lavoro, come quello sull’importanza strategica assunta da mobile e cloud. Oggi dobbiamo pensare al futuro e provare a dargli forma. Sappiamo che sarà fatto di device connessi tra loro e computer invisibili, distribuiti negli oggetti. Noi lavoriamo in questa direzione".
Il progetto più avveniristico forse è l’apprendimento automatico delle macchine (machine learning). Cortana, una delle frontiere dell’intelligenza artificiale. Qui si possono vedere le prime applicazioni possibili. Software capaci di leggere e imparare il nostro linguaggio, i nostri movimenti. Come nel film Her, non a caso citato spesso dagli ingegneri. Oppure ricerche che hanno dato vita a Skype translator, che permetterà di parlare in inglese da Seattle essere tradotti vocalmente, in tempo reale, in cinese a Shanghai. "Stiamo caricando tutte le lingue, ad oggi sono una dozzina. Il software poi impara da solo come capire e interpretare i linguaggi per tradurli. E funziona " spiega Oliver Fontana, capo del progetto di ricerca, di genitori triestini. Parla in italiano incerto ad una dipendente Microsoft di Berlino. Lei ascolta in tedesco quello che le dice da Redmond. Il software traduce e pronuncia in tempo reale. Pochi errori, per essere una demo.
Nel quartier generale non c’è discorso introduttivo fatto dai responsabili del dipartimento ricerche, del design o della sicurezza, che non contenga termini come "cambiamento " o "nuova visione delle cose" o "mentalità orientata alla crescita ". Microsoft ci tiene a fare passare il messaggio che ce la sta mettendo tutta per cambiare. "L’azienda stava perdendo terreno con un cambiamento epocale: la complessità del nuovo mondo e il fatto che le persone non useranno più un solo device nel futuro ma molti che dovranno interagire tra loro, condividere file, progetti " spiega Tim O’Brien, capo della comunicazione mondiale di Microsoft. "Per noi non c’era scelta, o cambiavamo l’azienda oppure il mondo avrebbe fatto a meno di noi". Non è scontato che Microsoft raggiunga l’obiettivo. Da queste parti lo sanno bene. Non è facile ripensare da capo una multinazionale che ha 40 anni e 118mila dipendenti in tutto il mondo. "Ci stiamo provando. Come? Ad esempio facendo passare il messaggio che collaborare tra diversi team è meglio che chiudersi nel proprio ufficio. Lanciando gare a premi tra i dipendenti".
Microsoft era nota per essere un’azienda con una mentalità corporate piuttosto controversa. Fatta di gruppi interni anche in forte contrasto tra loro. Oggi girando per i corridoi di Redmond c’è un libro che si vede spesso spuntare dalle scrivanie dei dipendenti. Mindset, scritto da uno psicologo di Stanford Carol Dweck. "Lo ha consigliato a tutti lo stesso Satya Nadella" racconta O’Brien. Un piccolo manuale che racconta come una mentalità orientata alla collaborazione tra gruppi e alla crescita costante, professionale e personale, migliori vita, affari e produttività. "A Redmond si cita una frase di Nadella che racconta il cambio col passato: fire your boss". Licenzia il tuo capo. Meno gerarchie, più libertà di creare.
Ne spiega il senso un altro italiano a Redmond. Il general manager Alessandro Giacobbe, a Microsoft da 20 anni. Ha visto il campus crescere e cambiare sotto i propri occhi. "Prima un capo era intoccabile. Oggi c’è più collaborazione tra loro e i dipendenti. Ma anche un diverso approccio nei confronti dell’innovazione, dell’open source, che prima era considerato un cancro". Giacobbe lavora nel campo education e con altri dipendenti italiani lo incontriamo in uno dei pub del campus, mentre sullo sfondo danno partite di calcio europeo: "Ci fa sentire più a casa, e poi, mai toccare il calcio agli italiani" scherza. "Il gioco è importante. In questo momento stiamo lavorando a come usare i dati raccolti da una Xbox per capire soglie di attenzione e capacità di apprendimento di un bambino mentre gioca". Dati che potrebbero essere usati anche dalle scuole. "Può essere usato dagli insegnanti per pensare programmi ad hoc dedicati a chi ha più difficoltà". Dati sensibili. Che riguardano la nostra vita. Scuola, apprendimento, lavoro, salute. Tutte attività che svolgiamo con l’aiuto di computer e device. Ma il campus di Redmond in questi anni si è arricchito anche di laboratori, centri dove si sperimentano nuovi materiali, stampanti 3D, maker space, spazi dove i creativi sono liberi di sperimentare, creare nuovi oggetti, nuove forme. Qui si sono stampati in 3D i prototipi del nuovo Surface. Se ne vedono ancora carcasse in alluminio in giro. "Stiamo lavorando sul confine dove la tecnologia incontra il design. E’ su quel limite che si gioca la partita del futuro dell’innovazione. Non solo sui prodotti e sulla loro fruibilità. Pensa ad esempio: qual è il design di una conversazione con un software? Qual è il design della sua personalità? " spiega Albert Shum, general manager che lavora al design di Windows e dei device.
Palazzo 87. Dove si creano davvero le cose. Qui i corridoi sono più stretti e con un apparato protettivo più complesso rispetto agli altri palazzi. Incrociare dipendenti è facile e sono pochi quelli che non impugnano una lattina azzurra di acqua frizzante Microsoft. Un progetto benefico, uno dei tanti, spiegano. Impossibile non passare dalla stanza 189. Protetta da una spessa porta arancione, larga il doppio delle altre, e con stipiti in alluminio. Impossibile però pure entrarci. "Quello è il vero posto dove Microsoft immagina i prodotti che saranno sul mercato nei prossimi anni" spiega Erik von Fuchs, ingegnere, direttore di questo dipartimento. "Aprirvi quella porta vuol dire dirvi tutti i nostri segreti industriali". Forse non sapere cosa ci sia dentro conta poco. Nadella ha tracciato la direzione. E qui a Redmond hanno il compito di dare forma e sostanza alle sue idee. Cloud, mobile, design e prodotti capaci di interagire tra loro che aiutino produttività e vita degli utenti. E sanno bene che il mondo comunque andrà in quella direzione. Con o senza Microsoft.
di Arcangelo Rociola, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015