Ilaria Ciuti, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015, 7 dicembre 2015
LE FS DI MAZZONCINI: "USERÒ PAROLE E FRUSTA. SUI BUS DI FIRENZE HO LITIGATO CON RENZI"
Ha l’aspetto ordinato e gentile di una persona intelligente, determinata e sicura di sé, il quasi quarantottenne Renato Mazzoncini, l’ingegnere appena salito al vertice di Ferrovie. E’ ambizioso, più che per la poltrona per la realizzazione del suo progetto. Parla chiaro: "Io cerco modelli di trasporto che diano maggiore servizio ai cittadini e su questo sono disponibile a scontrarmi, seppur in modo costruttivo, con i sindacati, la politica, tutti. Sono un soggetto atipico nella normale gestione del potere che tutti cercano per sé e non per realizzare un sogno. Non ho mai cercato posti, ho sempre avuto la fortuna di trovare persone che si sono appassionate ai miei sogni e a vederli realizzati".
Sembra accada per caso. L’allora ad di Ferrovie, Mauro Moretti, lo scopre nel 2011 quando crea dalla scissione della vecchia Sita l’azienda di trasporto su gomma di Fs, Busitalia. Presto si allea con l’azienda privata del trasporto pubblico extraurbano in Lombardia, Autoguidovie, per anni guidata proprio da Mazzoncini. A seguito dell’accordo gli assegna il comando anche di Busitalia. L’ingegnere entra in Ferrovie. Da lì a Matteo Renzi, che come sindaco di Firenze stava privatizzando nel 2012 Ataf, l’azienda del trasporto cittadina, il passo è breve. Ma Mazzoncini corregge il tiro "delle cose che si sono dette" e precisa di avere assunto la carica in Busitalia, "azienda di grandi potenzialità ma molto malmessa", quando le Ferrovie erano già in gara. Lui dà solo una bella accelerata, ma non conosce il sindaco, il terminale di vendita è la vecchia Ataf. La conoscenza con Renzi avviene mesi dopo a gara "brillantemente vinta". Tramite un bisticcio. Quando la nuova Ataf privata alza il biglietto via sms da 1,20 a 1,50 euro e il sindaco, fan delle smart city, si infuria che la via informatica costi più della carta. Tanto da far sobbalzare tra una seggiovia e un’altra Mazzoncini che è a sciare e che quando torna incontra Renzi, si dimostra sufficientemente giovane, competente, con visione e i due si piacciono.
Ora la sfida sono le Ferrovie con alle spalle la lunga e ingarbugliata polemica sulla privatizzazione del 40%. Mazzoncini non si scompone, non vuole però confusioni. D’altra parte il Dpcm del governo che avvia la quotazione in Borsa è in sintonia con le sue idee. "I binari devono restare di proprietà dello Stato mentre il gestore del servizio Rfi deve restare integrato nel gruppo Fs come in tutto le ferrovie del mondo". Non si va sul mercato "per fare cassa" ma "per aggiungere valore all’azienda e offrire un servizio migliore ai cittadini". Ma non necessariamente nel 2016: "La vetrina della Borsa è splendida ma esigente. Ci si va solo e si è forti. E le Ferrovie saranno forti quando avranno un piano industriale che assicuri lo sviluppo anche dei punti ora deboli, come il trasporto merci o quello locale". E per locale l’ingegnere, certo di quanto già Moretti aveva intuito e cioè che il trasporto su gomma valga il doppio di quello su ferro e "sia limitativo gestirne solo il 7%", intende treni ma anche bus.
Che poi il trasporto regionale non renda e dunque le Frecce siano più interessanti, Mazzoncini, non lo crede: "Basta rendere i servizi efficienti". L’efficienza del trasporto pubblico è il suo "pallino" da sempre. Fuori dalla logica dei dinosauri, secondo lui, delle municipalizzate o ex municipalizzate. "Mi riesce sempre di superare gli avversari anche in posizione di potere perché parto da un sogno. Io sogno di dare un contributo al miglioramento del paese. In modo pratico perché sono un ingegnere e gli ingegneri devono risolvere i problemi non crearli, ma anche con una visione che si allunga sul futuro". Sempre con misura, un futuro non troppo lontano né troppo vicino, "quattro o cinque anni, abbastanza vicino per realizzare il mio progetto ma anche lontano per poterne vedere l’intero percorso, altrimenti non ho motivazione".
L’obiettivo nasce da "una visione anche sociale. Io credo molto nel nostro stato sociale di cui i trasporti sono una gamba fondamentale per rendere il paese più efficiente e competitivo. Negli altri paesi la gente può lavorare o scrivere senza perder tempo con la burocrazia o il caos i trasporti". L’ingegnere crede nella sua visione e non ammette che gli altri non si convincano. Ma odia gli yesmen e gli avversari, che gli riconoscono l’onestà, raccontano che sa anche ascoltare e magari anche convincersi se qualcuno gli presenta un’idea buona. All’inizio credeva di rimediare ai difetti delle aziende pubbliche del trasporto tramite il mix pubblico - privato. Come quando con Autoguidovie entrò al 35% in Autolinee dell’Emilia e conobbe il sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio. Ma "poi capii che bisognava privatizzare del tutto perché altrimenti non si risolve il conflitto tra regolatore e regolato. In più, le aziende hanno bisogno di una stabilità non garantita da enti locali che hanno politiche che cambiano nel giro del passaggio di un’amministrazione a un’altra".
Così da quando si buttò "a razzo" a trasformare Busitalia, che faceva solo servizio extraurbano in provincia di Firenze, a Padova, Rovigo e Sanseplcro, da "azienda di 900 persone e 100 milioni di fatturato, in pari ma senza utili" in azienda con ambizioni da impresa nazionale, Mazzoncini ha sempre acquistato tutte le quote sia di Ataf che dell’intero trasporto dell’Umbria o dell’urbano di Padova. Orgoglioso di buttarsi a capofitto nella sfida: "Ataf, che fatturava 80 milioni e ne perdeva otto o nove l’anno, è tornata in pari, anzi in utile. Ho fatto il presidente e l’ad senza emolumenti per tre anni accentrando tutti i poteri su di me per non fare correre rischi a nessun altro. Il primo giorno, il 1° dicembre 2012, ho licenziato in tronco i tre dirigenti che c’erano, era sabato mattina e pensavano fosse la prima riunione di coordinamento. Niente contro di loro solo contro i risultati. Ho disdettato come nessuno ha mai fatto 400 accordi aziendali assommatisi dal 1932 e rinegoziato accordi per la produttività nel rispetto delle relazioni industriali con i sindacati, ho rinnovato il 50% del parco bus portando l’età media da 12 a 8 anni".
Ora anche in Ferrovie, per rendere più scattante l’operatività, dice, fa l’ad e il direttore generale. Ad attenuare la costanza del successo e a rendere l’ingegnere più umano arriva però, proprio prima del passaggio in Ferrovie, il sapore della prima sconfitta. Il gigante dei trasporti francesi, Ratp, vince contro Busitalia la gara regionale per il trasporto pubblico in tutta la Toscana, roba da 4 miliardi in 11 anni e di grande immagine. Una delusione per l’ingegnere che ama la fotografia, il basket, i viaggi "e soprattutto stare con la mia famiglia straordinaria: i tre figli maschi e mia moglie cui sono legatissimo, ci siamo conosciuti al primo anno di università, tutti e due ingegneri, tutti e due appassionati di ambiente. Oggi lei, bravissima, gestisce uno science center, "Ambiente parco", un parco didattico sulla sostenibilità ambientale, creato a Brescia con un gruppo di amici. È diventato in pochi anni la seconda struttura museale più visitata in città e sopravvive senza un euro di contributi pubblici, anche questa al servizio dei cittadini". L’uomo che adora le gare ha perso la gara. "Ma io lavoro per gare vere e per una maggiore liberalizzazione e sono prontissimo a perdere perché se perdo io vuol dire che c’è qualcuno che merita più di me e che il servizio ai cittadini sarà ottimo. Diverso il caso di Ratp in cui mi dà fastidio la mancanza di reciprocità: é un monopolio di stato e non è accettabile che possa venire qui quando noi non possiamo concorrere in Francia".
di Ilaria Ciuti, Affari&Finanza – la Repubblica 7/12/2015