VARIE 9/12/2015, 9 dicembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - MERKEL PERSONA DELL’ANNO
REPUBBLICA.IT
ROMA - La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata definita la persona dell’anno da Time che le ha dedicato la copertina, la 93esima da quando è stato istituito il premio. "Angela Merkel, cancelliera di un mondo libero", è il titolo sul magazine accanto a un ritratto della leader tedesca.
A rivelare la scelta è stata Nancy Gibbs, che dirige il settimanale. "In un anno in cui i leader mondiali sono stati messi alla prova lungo tutto l’anno, nessuno lo è stato come lei" ha detto Gibbs. Merkel, 61 anni, cancelliera dal 2005, ha gestito in Europa la crisi dei rifugiati, dopo quella economica, "si è opposta fermamente alla tirannia e ha fornito una leadership morale decisa in un mondo che ne è a corto", si legge nel pezzo con cui il Time spiega la scelta per la "persona dell’anno".
LA STAMPA
La motivazione. Merkel è stata premiata "per aver accolto centinaia di migliaia di rifugiati e per aver gestito la crisi del debito europea". Per "aver chiesto più di quanto la maggior parte dei politici del suo Paese avrebbe osato". "Per aver dato prova di una leadership morale risoluta in un mondo dove essa scarseggia". E per "la sua leadership nell’aver promosso e mantenuto un’Europa aperta e senza confini di fronte alla crisi economica e a quella dei profughi".
Time, la persona dell’anno è Angela Merkel: ’’Cancelliera del mondo libero’’
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Il premio fino al 1999 era chiamato Uomo dell’anno, ma ad un certo punto lo si vide come riduttivo, oltre che discriminatorio. E così fu dedicato a una persona, un gruppo, un’idea o un oggetto che “nel bene e nel male ha influenzato di più gli eventi di quell’anno”. Nel 2014 come persona dell’anno erano stati scelti i ’combattenti dell’Ebola’, mentre l’anno prima era stata la volta di papa Francesco. Nel 2012 la scelta era ricaduta su Barack Obama (che era già stato persona dell’anno nel 2008) e nel 2011 era stato selezionato ’il manifestante’, come simbolo delle Primavere arabe.
I concorrenti. Merkel ha avuto la meglio su una serie di altri candidati, fra cui il leader dello Stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi che era ritenuto il favorito, il candidato alla nomination repubblicana per la Casa Bianca Donald Trump, il presidente dell’Iran Hassan Rohani e il ceo di Uber Travis Kalanick. Il 7 dicembre Trump, repubblicano noto per le sue posizioni estremiste, chiese il divieto di ingresso ai musulmani in Usa "almeno fino a quando i nostri rappresentanti non riusciranno a capire cosa sta succedendo".
La quarta donna. È la quarta copertina dedicata a una donna da sola, sono passati 29 anni da quando il Time ha scelto una donna come persona dell’anno. I precedenti furono Wallis Simpson (1936) Elisabetta II d’Inghilterra (1952) e Corazon Aquino (1986). In altri casi le donne comparirono nelle copertine, ma in gruppo. Nel 1937 comparve la moglie di Chiang, presidente della Repubblica Cinese dal 1928 al 1948. Nel 1975, la copertina intitolata "Women of the year" fu ddicata a 12 donne (Susan Brownmiller, Kathleen Byerly, Alison Cheek, Jill Conway, Betty Ford, Ella Grasso, Carla Hills, Barbara Jordan, Billie Jean King, Carol Sutton, Susie Sharp e Addie Wyatt). Nel 2002 alle tre donne che rivelarono informazioni sulle vicende World Com (Cooper), Fbi 2001 (Rowley), Enron (Watkins).
La protesta di Trump. La scelta della rivista americana che "riflette il punto di vista del Time su chi ha influenzato le notizie e le nostre vite, nel bene o nel male", non è piaciuta Donald Trump. A suo dire, era lui "il grande favorito". "Vi avevo detto - ha protestato - che non avrebbero mai scelto me. Mi hanno preferito alla persona che sta rovinando la Germania". IUn realtà, il miliardario in testa ai sondaggi per la nomination repubblicana è arrivato terzo nella classifica. È stato superato anche dal ’califfo’ dello Stato Islamico.
Il libro. "La Merkel - spiega il politologo tedesco Michael Braun, autore del libro "Mutti: Angela Merkel spiegata agli italiani" (Laterza) - dai suoi connazionali è chiamata ’mutti’, mamma. In Germania è considerata come una figura materna, protettiva, non come una persona arcigna, così com’è vista spesso all’estero in molti Paesi dell’Ue. Il mio libro è dedicato proprio a spiegare agli italiani questa bipolarita, questo essere ’Giano bi-fronte’ della Cancelliera anche nella percezione che lei dà di sè".
LA STAMPA.IT
La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata scelta come persona dell’anno dalla rivista Time, che le dedica la copertina. “Cancelliera del mondo libero”, recita il titolo, mentre nel sottotitolo si legge: “Il viaggio di Angela Merkel da figlia di un pastore luterano nella Germania dell’est a leader de facto di un continente”.
TONIA MASTROBUONI
A seconda delle definizioni, cancelliera «nella nebbia», «riluttante», «senza visione», donna più potente del mondo e leader «imprescindibile» di un’Europa debolissima, negoziatrice formidabile ai tavoli più tosti - con Bush junior sui cambiamenti climatici, con Putin sulle tensioni in Ucraina, con Tsipras sulla sempiterna crisi greca, con Cameron sul ricatto della Brexit. In dieci anni ne ha fatta di strada, Angela Merkel. In un certo senso è il contraltare di destra dei due eroi della sinistra, Tony Blair e Gerhard Schroeder: è la cancelliera di destra che ha fatto più riforme di sinistra.
Riforme di sinistra
Dal salario minimo all’uscita dal nucleare, dall’abolizione della leva militare obbligatoria al rafforzamento delle politiche per la conciliazione, dalla «controriforma» delle pensioni ai due mega pacchetti keynesiani anti-crisi, Merkel ha alzato la bandiera dell’«economia sociale di mercato» che mescola liberalismo e attenzione per il sociale, per cambiare la Germania occupando in totale solitudine ed espandere a destra e a sinistra il «Grande centro» della scena politica. Cannibalizzando la Spd, soprattutto, snaturando la Cdu. Aderì tardi, trentenne, al partito di Helmut Kohl, ammettendo, anni dopo, che fu una scelta un po’ casuale.
Senza alternative
Nel partito, i maligni dicono che ormai è cancelliera «alternativlos», senza alternative, dopo aver fatto scientificamente fuori tutti gli avversari e potenziali successori. Ma i tedeschi, per usare un felice paradosso del suo ultimo rivale, Peer Steinbrueck, per dieci anni sono stati felici di affidarsi al «pilota» Merkel senza avere la minima idea della direzione che prendeva. Ora le cose stanno cambiando.
Angela Merkel sembra scivolare verso lo stesso finale drammatico del suo predecessore, Gerhard Schroeder. L’ex cancelliere socialdemocratico perse verso la fine del secondo mandato lo zoccolo duro del partito per le riforme sociali note come «Agenda 2010», e poi le elezioni. Merkel, peraltro, ne ha ereditato i benefici economici, tanto che alla vigilia della Grande crisi si parlava apertamente di «Secondo miracolo», dopo quello del dopoguerra. Anche una fetta importante dell’industria è riuscita a ristrutturarsi in quegli anni, rispondendo alle sfide della globalizzazione. Schroeder ora rivendica sempre il fatto di aver pensato «prima al Paese e poi al partito», che da allora non si è mai ripreso. Merkel è in un dilemma simile, adesso.
La gestione dei profughi
Sulla questione dei profughi, che lei riconosce essere di portata storica, ha una fetta crescente del partito e del Paese contro. La sua linea delle «frontiere aperte» è la vera scommessa della sua carriera. Molti dissero che la Grecia e la crisi dell’euro sarebbero state la prova cruciale della sua leadership: Merkel le gestì in parte malissimo, rendendole molto care per i partner europei a causa di lunghi tentennamenti e cautele eccessive. Tuttavia in parte si affidò a Mario Draghi e superò con lui, e contro la Bundesbank e il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, alcune delle fasi più critiche. Fu coraggiosa, ma aspettò sempre di trascinarsi dietro il partito e il Paese, perciò agì spesso in ritardo.
L’esodo biblico dei rifugiati di questi ultimi mesi che scappano dal terrore dell’Isis in Iraq, Siria o in Afghanistan è un altra cosa. Lei l’ha capito e procede a testa bassa, per la prima volta senza curarsi dei sondaggi e dell’umore nella Cdu/Csu. Ma gli attentati di Parigi hanno complicato il quadro, rischiano di rinfocolare i populismi e la destra. In Germania, rischiano di regalare consensi agli anti-euro Afd, ormai scivolati su posizioni anti-migranti e di destra. E stanno pericolosamente spaccando i cristianodemocratici.
Insegue il record di Kohl
Angela Merkel giurò al Bundestag come primo cancelliere donna e come il più giovane della storia il 22 novembre del 2005, dopo essere stata per anni leader protestante di un partito di cattolici, donna cronicamente sottovalutata e pericolosissimo genio tattico. Durante la disastrosa campagna elettorale del 2005 nessuno avrebbe mai scommesso che la «Maedchen» di Helmut Kohl sarebbe durata così a lungo. Raro punto di colore in un mare di cravatte ai vertici dei Grandi, con i suoi leggendari completi tutti uguali declinati in una infinità di variazioni cromatiche, Merkel ha guidato tre governi diversi - di cui due di grande coalizione - ed è l’unica leader europea sopravvissuta agli scossoni della Grande crisi. Dopo aver battuto molti primati, la domanda che tutti si pongono è se avrà il fiato di battere quello più ambizioso, i sedici anni di «re» Kohl. Fino a tre mesi fa, nessuno aveva dubbi sulla sua rielezione nel 2017. Adesso prevale l’idea che possa addirittura lasciare prima delle prossime elezioni.
achilleas hekimoglou
Gli antichi romani avevano Giano, il dio bifronte. Noi abbiamo la cancelliera Merkel, un politico di talento che può sgusciare da una posizione all’altra senza provocare alcuna reazione in Germania, ma che in altri paesi gioca con il fuoco.
Come l’Italia, la Grecia è stata l’epicentro della crisi globale di rifugiati e migranti per almeno dieci anni. Tra il 2007 e il 2011 Atene ha fatto fronte a una gravissima crisi di immigrazione, trasformatasi gradualmente in una crisi criminale che ha quasi devastato il centro della città e ha giocato un ruolo cruciale nell’ascesa di Alba Dorata. Allora, i principali paesi europei si sono dimostrati assenti, unendosi al movimento dei NIMBY (“Not in my backyard”, Non nel mio cortile), barricati dietro gli accordi di “Dublino II” e l’assenza di confini terrestri con la Grecia.
Nel frattempo, è scoppiata la crisi finanziaria e Merkel ha dovuto dimenticare quanto facilmente le banche tedesche avessero finanziato la Grecia e ha seguito il fuoco di fila sull’austerità di Wolfgang Schaeuble. Questo mix ha preparato perfettamente il terreno per l’estremismo. E sfortunatamente i suoi frutti sono ormai maturi. Oggi, dopo l’emergenza di una nuova ondata di rifugiati in fuga dalla Siria stravolta dalla guerra, Merkel ha preso una posizione pro-migranti che unisce la causa umanitaria alla necessità dell’industria tedesca di rinnovare la propria forza lavoro. Merkel manda un messaggio chiaro, ma dai dettagli confusi.
La Grecia si trova di fronte alla minaccia della chiusura delle frontiere, uno scenario che diverrà certamente realtà, lasciando decine di migliaia di nuovi arrivati in completo isolamento. La Grecia potrebbe insomma diventare il nuovo Checkpoint Charlie d’Europa. Ironicamente, nonostante questa grande operazione umanitaria sia finanziata per la maggior parte dallo stato greco, i debitori non sembrano farsi più indulgenti. La Troika ha rifiutato tutti i piani di sostegno proposti dalla Grecia per le isole che ospitano decine di migliaia di rifugiati e devono affrontare gravi perdite di introiti: chi andrebbe in vacanza in un posto in cui si sta verificando una crisi umanitaria?
Nel frattempo la Turchia, vera causa dell’eccessivo budget per la difesa greco, sta negoziando a vari livelli il suo nuovo ruolo nella crisi dei migranti, sulla base di un’agenda che potrebbe nuocere agli interessi di Atene. Recentemente, inoltre, Berlino ha organizzato un summit sui Balcani senza invitare la Grecia, un fatto che non si verificava dagli accordi di spartizione dell’Europa centro-orientale, noti come “Percentage Agreement”, firmati nel 1944 tra Joseph Stalin e Winston Churchill.
Non è chiaro quale sia il reale obiettivo di Merkel, ma la sovrapposizione di un’austerity senza fine, della possibilità che la Grecia si trasformi nel campo di concentramento d’Europa e una probabile rafforzata presenza della Turchia nel mar Egeo, potranno solo gettare altra benzina sul fuoco della Grecia. C’è una parola greca per questo: piromania.