Leonardo Becchetti, Avvenire 8/12/2015, 8 dicembre 2015
«VI RACCONTO I DOLORI DEL BAIL-IN». CHI PAGA SE LO STATO NON PAGA PIU’ –
Caro direttore,
lavoro guadagnandomi il pane con il sudore della fronte. Risparmio perché non ho l’opportunità di concedermi vacanze e per educazione e scelta personale nemmeno “piccoli lussi”. Per 50 anni ho depositato i miei risparmi a partire dai 5 anni quando mi è stato aperto un libretto presso la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno, diventata poi anche di Ancona e infine Unicredit, dove dal 2007 l’assistenza al cliente è stata inesistente.
Sono così passata a Banca Etruria dove ho potuto contare su un supporto che non mi ha fatto certo rimpiangere Unicredit. Fino a quando lunedì 23 novembre mi è crollato il mondo addosso. Si è polverizzata una parte consistente dei miei risparmi. Il salvataggio delle quattro banche – Carife, CariChieti, Banca Etruria e Banca Marche –, per la prima volta in Italia, è consistito nell’applicazione di un meccanismo che anticipa in parte il salvataggio interno che entrerà in vigore dal 1° gennaio prossimo e in parte ricorre al vecchio salvataggio esterno, già andato in scena durante la crisi finanziaria, ma senza prevedere l’iniezione diretta di soldi pubblici nel capitale delle banche in difficoltà. Il primo aspetto è quello che coinvolge direttamente i risparmiatori. Nel decreto di salvataggio si prevede che le azioni e le obbligazioni subordinate delle “vecchie” banche siano interamente svalutate: sono diventati pezzi di carta. Per la prima volta anche gli obbligazionisti subordinati subiscono un azzeramento del loro capitale. Anch’io ho sottoscritto obbligazioni – tra l’altro in scadenza –, non ho investito in azioni, e ora mi ritrovo con una perdita al 100%. Il tutto, come noto, è stato deciso in una riunione di Consiglio dei ministri svoltasi nel corso del weekend (21-22 novembre), con un’operazione dubbia in termini di trasparenza bancaria.
Il consulente che mi ha seguito nelle varie operazioni e il direttore dell’agenzia sono persone di estrema moralità e a loro non devo imputare assolutamente nulla.
Insieme ad altri clienti ho avuto fiducia in Banca Etruria e adesso mi ritrovo oltre il danno anche la beffa! Per quanto mi hanno spiegato e ho potuto documentarmi, siamo di fronte a un furto legalizzato da parte dello Stato. È possibile che in Italia succedano cose di questo genere: viene toccato il gruzzoletto messo da parte dai piccoli risparmiatori, frutto delle loro rinunce e sacrifici, anziché coloro che hanno amministrato le banche in modo non solo discutibile, ma per difendere i propri interessi personali.
Queste persone risultano sempre esenti da ogni responsabilità e riescono a garantire l’intoccabilità dei propri guadagni. Inoltre, come mai Banca Etruria in termini assoluti è la banca che ha pagato più degli altri Istituti interessati al provvedimento? Due pesi e due misure? Bisogna essere onesti: c’è stato un salvataggio delle banche che io, cittadina, pago sulla mia pelle insieme a chissà quanti piccoli risparmiatori.
Paola Dal Toso
Il caso sollevato dalla lettera della professoressa Dal Toso è un caso doloroso che purtroppo riguarda molti risparmiatori, ma configura una soluzione venutasi a determinare per una concatenazione di attori nella quale è difficile individuare responsabilità concentrate in un solo di quegli stessi attori o addirittura dolo.
Le attività finanziarie sono idealmente collocate lungo un asse crescente di rendimento e rischio. Le azioni sono più rischiose ma danno la possibilità di rendimenti più elevati. Scendendo troviamo le obbligazioni e poi i conti correnti. Le obbligazioni subordinate (proprio per la minore protezione che hanno rispetto alle obbligazioni ordinarie in caso di fallimento) si trovano tra le obbligazioni stesse e le azioni sulla retta rischiorendimento. Le obbligazioni subordinate sono dunque un titolo rischioso (meno delle azioni e più delle obbligazioni ordinarie) e chi le acquista dovrebbe esserne al corrente (o chi le consiglia al risparmiatore dovrebbe opportunamente avvisarlo del rischio). Ci sarebbe da aprire una parentesi sul fatto che ci fidiamo di chi ci consiglia allo sportello come se fosse il nostro padre spirituale quando invece è un dipendente di un’azienda. È come se per decidere quale macchina acquistare andassimo a chiedere al concessionario di una casa specifica. È probabile che il consiglio sarà quello di acquistare un’auto con quel marchio... Sarebbe pertanto opportuno che si imponesse la prassi di consulenti finanziari indipendenti, ma non possiamo chiedere questo a chi scrive la lettera.
È altrettanto vero che, ai tempi in cui la professoressa Dal Toso ha acquistato le obbligazioni subordinate di Banca Etruria, quelle del settore bancario erano probabilmente percepite (e vendute allo sportello) come meno rischiose perché si pensava godessero dell’assicurazione implicita dell’intervento di salvataggio dello Stato (cioè di tutti i contribuenti) in favore di una banca in crisi (di solito sempre avvenuto in epoca di bailout).
Con l’avvio del nuovo regime (di fatto dal primo gennaio 2016, ma anticipato da questo provvedimento che salva le 4 banche a rischio) inizia l’era del bail-in nella quale, per evitare correlazioni pericolose tra fragilità bancaria e fragilità del debito pubblico, le perdite delle banche vengono coperte nell’ordine da azionisti, possessori di obbligazioni subordinate, possessori di obbligazioni ordinarie e infine correntisti per la quota superiore ai 100.000 euro sul proprio conto corrente.
Anche se il bail-in vero e proprio entrerà in vigore solo dal prossimo anno, i margini di manovra del governo erano molto limitati. Ogni ricorso al vecchio metodo sarebbe stato considerato «aiuto di Stato» e per questo proibito dall’Unione Europea. Da quando è iniziato il nuovo modello di salvataggio (o meglio è stato proibito l’intervento pubblico) le stesse attività finanziarie sono di fatto diventate più rischiose (e sicuramente di questo dovrebbe esserci percezione su prezzi e rendimenti sul mercato secondario). Si tratta purtroppo, dal punto di vista di risparmiatori-investitori, di una circostanza sfortunata nella quale nessuno poteva prevedere in anticipo quello che sarebbe accaduto. Ci si può, però, domandare se in virtù di queste circostanze eccezionali lo Stato (Ue permettendo) non possa pensare di intervenire con un fondo di solidarietà per i risparmiatori colpiti. Ma è evidente che in questo caso il legame tra debolezza del sistema bancario e debolezza delle finanze pubbliche, che il bail-in voleva recidere, tornerebbe a sussistere.
Leonardo Becchetti