Giuliano Ferrara, Rolling Stone 12/2015, 4 dicembre 2015
AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE
“L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, spento a Parigi-Opéra Bastille la sera successiva al venerdì 13 novembre della strage islamista, è diverso di tocco e di scuola dal rock degli Eagles of Death Metal, spento la sera prima in un carnaio. Nella prima metà dell’Ottocento il bacio con il diavolo, che il librettista degli Eagles non poteva prevedere s’incontrasse con il kalash usato in nome di Dio, si esprimeva negli amori di Nemorino e nella predicazione del dottor Dulcamara. Diverse le leggi dell’armonia, ma in un contesto unico capace di prevedere il lieto fine: l’happy ending non ci fu, non per l’epoca napoleonica e della restaurazione di Donizetti, non per il concerto del Bataclan. In un certo senso la storia certifica che il lieto fine non c’è mai. La differenza è che il bergamasco di scuola napoletana Donizetti ad esso tendeva con tutte le sue forze prewagneriane, gli Eagles se ne fregano, il loro principio del piacere non “risolve” musicalmente e poeticamente nell’attitudine al bene e al bello bensì nell’emozione vitalista di un genere ritmico splendido e infernale, religiosamente nichilista.
Allan Bloom era un filosofo, allievo dell’ebreo tedesco americanizzato Leo Strauss. Strauss si è dedicato tutta la vita a cercare di spiegare che non esiste una scienza politica al di sopra del giudizio di valore, e che la distinzione di bene e male, propria della filosofia politica e della religione, alleanza di Atene e Gerusalemme, è alla radice di una democrazia e di una giustizia munite di spada per difendersi dal loro nemico mortale, il nichilismo relativista. Vabbè, direte, ma che stai a cazzeggiare. No. Bloom era gay e morì di Aids, il suo amico Saul Bellow, il più grande romanziere americano del Novecento, gli dedicò un racconto splendido intitolato Ravelstein. Bloom scrisse un pamphlet che fece epoca in America e nel mondo, e nel 1987 vendette molti milioni di copie. Si intitolava La chiusura della mente americana (Lindau, 2009). Alcune pagine erano dedicate all’irruzione del rock nelle nostre vite.
I ragazzi sanno che il rock ha il ritmo del rapporto sessuale. [...] Insieme con un po’ di autentica arte e con molta pseudoarte un’enorme industria coltiva il gusto dello stato orgiastico di sensazioni collegate al sesso, fornendo un flusso costante di materiale fresco per saziare voraci appetiti. Non c’è mai stata una forma di arte diretta così esclusivamente ai ragazzi. [...] Le parole descrivono atti fisici che soddisfano il desiderio sessuale e li presentano come il suo solo e abituale acme a ragazzi che non hanno ancora la minima idea di amore, matrimonio e famiglia. Ciò ha un effetto molto più forte di quello della pornografia. [...] Il voyeurismo è per vecchi pervertiti; le relazioni sessuali attive sono per i giovani. Hanno solo bisogno di essere incoraggiati. Il corollario di questo interesse sessuale è la rivolta contro l’autorità dei genitori. L’egoismo diventa così indignazione e si trasforma quindi in morale. La rivoluzione sessuale deve abbattere le forze dominanti nemiche della natura e della felicità. Dall’amore nasce l’odio, mascherato da riforma sociale. La visione del mondo è imperniata sul sesso. Quelli che erano una volta risentimenti inconsci o parzialmente consci diventano la nuova Scrittura. Poi viene il desiderio della società senza classi, libera da pregiudizi, senza conflitti, universale, che deriva necessariamente dalla coscienza liberata, We are the world, una versione adolescenziale di Alle Menschen werden Brüder, il cui raggiungimento è stato impedito da equivalenti politici di papà e mamma. Questi sono i tre grandi temi lirici: sesso, odio e un’untuosa, ipocrita versione dell’amore fraterno. Immaginate un tredicenne seduto a fare i compiti mentre ascolta la sua musica preferita dal suo Walkman o guarda MTV. Gode delle libertà conquistate nei secoli a prezzo dell’alleanza tra il genio filosofico e l’eroismo politico, consacrate dal sangue dei martiri; gode delle comodità e del tempo libero che gli offre l’economia più florida mai prodotta dall’umanità; la scienza ha penetrato i segreti della natura per offrirgli i migliori suoni e immagini elettroniche. E in che cosa culmina il progresso? In un ragazzino il cui corpo vibra con ritmi orgasmici; le cui sensazioni sono espresse in inni alla gioia dell’onanismo e dell’uccisione dei genitori; la cui ambizione è conquistare fama e ricchezza, imitando la drag-queen che fa la musica. In breve la vita è diventata una fantasia di masturbazione non-stop, commercialmente preconfezionata.
Ecco. Ovviamente si può essere in totale dissenso da quanto scritto dal conservative Allan Bloom sulla musica rock. Ma non si può dire che non l’abbia presa sul serio. E che il caso inaudito del Bataclan, la morte in nome di Dio che arriva quando si bacia il diavolo rock, non sembri fatto apposta, nel dolore e nel sapere, per ricordare un testo del 1987.