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 2015  dicembre 04 Venerdì calendario

IO NON MI ACCONTENTO MAI


[Valeria Bilello]

«Vorrei essere la novità del cinema italiano».Viva la sincerità: Valeria Bilello, 33 anni, mi annuncia il suo sogno senza tanti giri di parole. La incontro a Roma, dove ha posato per Grazia nella nuova boutique Chanel di via del Babuino 98, appena riaperta.
Il negozio si ispira a un tema caro a Coco Chanel: il binomio maschile-femminile. L’interno gioca con il bianco e nero e pareti disegnate con motivi vegetali.
Valeria, viso pulito, labbra carnose e sguardo malizioso, indossa jeans e giubbotto denim e dimostra meno della sua età. Ma ha iniziato da adolescente: dopo una gavetta come modella e conduttrice dell’emittente Mtv, ha girato film d’autore (Happy Family di Gabriele Salvatores, Miele di Valeria Golino) e commedie popolari come I soliti idioti e Pazze di me. Nel suo curriculum c’è anche un film americano, One Chance, diretto da David Frankel, il regista del Diavolo veste Prada, e la campagna pubblicitaria del profumo Code Luna di Giorgio Armani. Eppure la sua grande occasione arriva adesso: alla Mostra del Cinema di Venezia ha vinto il Premio L’Oréal, alla Festa di Roma ha accompagnato Monitor, opera prima di Alessio Lauria e, nelle prossime settimane, Valeria sarà la protagonista della serie di RaiUno Il sistema. Poi interpreterà il seguito di un’altra fiction di successo di Canale 5, Squadra mobile. «Sento che questo è il mio momento e non voglio farmelo sfuggire. Conosco la
perseveranza, non mollo mai», mi spiega l’attrice. Famiglia siciliana originaria di Sciacca, in provincia di Agrigento, cresciuta a Milano, Valeria si è ora stabilita a Roma dopo aver fatto per sette anni la spola tra l’Italia e New York, dove abitava il suo ex fidanzato Daniel Kessler, chitarrista degli Interpol. Storia finita: da circa un anno Valeria ha un nuovo amore, un attore di cui tiene nascosto il nome. «Sarebbe bello uscire allo scoperto senza dover schivare i paparazzi, ma non siamo ancora pronti», dice. Con la promessa di rivelarmi «al più presto» il nome del compagno, Valeria mi racconta la sua storia. E mi spiega come intende portare una «ventata d’aria fresca» nel cinema italiano.
Che cosa significa per lei il premio L’Oréal vinto a Venezia?
«È stato un riconoscimento del mio percorso: non sono un talento emergente, ho cominciato presto. Ma all’inizio non volevo fare l’attrice. Dopo il liceo linguistico, ho studiato regia e diretto due documentari molto diversi tra loro, di cui vado molto fiera».
Di che cosa parlavano?
«Il primo indagava sul destino dei cadaveri di sconosciuti: occuparmi di un argomento respingente come quello mi ha messa alla prova. E l’altro documentario aveva come protagoniste le bambole: un pretesto per parlare da femminista dei luoghi comuni che condizionano l’educazione delle bambine».
E com’è finita a recitare?
«Nel 2009 mi sono presentata al provino per Happy Family e sono stata presa. Quel film ha rappresentato lo spartiacque della mia carriera. Pensavo che sarebbe rimasta un’esperienza unica, invece ho capito che non avrei più potuto fare a meno di esprimermi interpretando personaggi diversi».
È stato difficile imporsi tra tante ragazze con il suo stesso obiettivo?
«Non venivo dal niente, avevo alle spalle tanto studio televisivo e la pratica come regista. Ho capito fin dal primo momento che non dovevo sforzarmi di piacere a tutti i costi o di somigliare a qualcun’altra. Non vorrei sembrare spavalda o antipatica, ma ci tengo a rimanere me stessa».
Ma ha un’idea del tipo di carriera che vorrebbe fare?
«Adoro il cinema indipendente e muse come le attrici premio Oscar Rachel Weisz e Julianne Moore. Mi piacerebbe fare un percorso simile al loro, ma mi rendo conto che per noi donne sia difficile».
Pensa anche lei che il cinema sia sessista?
«Non c’è dubbio che la discriminazione esista. Ma in Italia esistono delle figure femminili di potere, produttrici e registe a cui nessuno osa dire di no. Non mi chieda di fare nomi, ma le donne, quando vogliono, sanno farsi rispettare».
A lei è capitato di lottare per ottenere rispetto?
«Sì. Nel 90 per cento dei casi un’attrice viene diretta da un uomo e spesso i loro punti di vista non coincidono. Va cercata sempre una mediazione e bisogna stare sempre in allerta. Invece tra un attore e il suo regista la dinamica è meno complessa. Capisco perché, tutto sommato, sia più facile farsi dirigere da una donna».
A lei è capitato con Valeria Golino. Che cosa l’ha colpita di quell’esperienza?
«Il carisma fuori dal comune di Valeria, l’intelligenza e la sua personalità sensuale. In Miele facevo la madre che appare in sogno alla protagonista, Jasmine Trinca. Sul set Valeria si preoccupa di far star bene tutti: girare un film con lei ti dà una grande sicurezza».
Che cosa non le piace, invece, del suo lavoro?
«Le sveglie all’alba, prima di tutto. E certe convenzioni che sono solo una perdita di tempo: sorrisi, abbracci, strette di mano. Sono altre le cose che mi affascinano del mio mestiere, a cominciare dai film che mi hanno devastata».
Quali?
«2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, un classico. Ma amo molto anche Ubriaco d’amore di Paul Thomas Anderson, Respiro di Emanuele Crialese, Kids di Larry Clark. Sono opere sofisticate e indipendenti. Non risulterò antipatica se le cito?».
È la seconda volta che esprime il timore di sembrare antipatica.
«È vero, ma qualcuno mi accusa di essere poco popolare solo perché non ho difficoltà a rivelare i miei gusti. Ma non credo ci sia nulla di male ad amare un cinema fuori dagli schemi, che ha il coraggio di rischiare».
E c’è un rischio che avverte facendo il suo mestiere?
«Sembro più giovane dei miei 33 anni e non vorrei essere condannata a interpretare l’eterna laureanda o la poliziotta. Ho tanta voglia di affrontare ruoli ed emozioni legati alla mia età: mi piacerebbe fare la mamma».
Anche nella vita è un suo progetto?
«Non ancora. Per fare un figlio bisogna cedere alla magia, anzi alla follia del momento. Fino a questo momento non è capitato».
Ha un buon ricordo del suo lavoro di modella?
«Le esperienze più formative e più forti della mia vita le ho fatte da ragazza, quando ho cominciato a posare per i grandi fotografi. Ricordo che, al primo incontro, Oliviero Toscani mi fece molta paura perché continuava a scrutare il mio viso a caccia di segni particolari. Ma poi si è dimostrato tenerissimo».
E che cosa le ha lasciato il lavoro a Mtv?
«Tanta sicurezza. È stato il periodo più spregiudicato della mia vita. Ho avuto la fortuna di lavorare negli anni d’oro della rete, dal 2000 al 2005. Eravamo tutti giovani e affrontavo fino a 12 ore quotidiane di diretta con curiosità e un’allegra incoscienza. Ho conosciuto persone eccezionali, a cominciare dagli idoli pop: le mie compagne di scuola li sognavano, li vedevo in carne e ossa».
Ha anche presentato la trasmissione Nonsolomoda su Canale 5, a che cosa le è servita?
«Mi ha fatto crescere, ma dopo due anni ho abbandonato la tv per fare l’attrice. Presentare un programma non mi bastava più».
Che rapporto ha con la moda?
«Cerco di viverla come un divertimento. Mi piace essere sexy, sofisticata, elegante e subito dopo adottare un look casual. I jeans sono il mio più grande amore, metto anche con i tacchi 12».
Quand’è che si sente più sexy?
«Quando sono struccata e ho le occhiaie. La mia faccia stanca, vera, racconta i sentimenti e le emozioni che ho vissuto».
Quanto è importante per lei l’amore?
«Occupa una posizione centrale nella mia vita. È fonte di energia e d’ispirazione. Quando sono innamorata, come in questo periodo, la mia creatività tocca il picco. Se, invece, non ho un amore, sono triste, come morta».
E le è capitato molte volte?
«No. Raramente sono stata single. E il mio modo di amare non è mai uguale a se stesso, dipende dell’uomo con cui sto. Però sono sempre passionale e mi preoccupo dei bisogni del mio partner».
Come mai è finita la sua lunga storia con Daniel Kessler?
«Anche negli amori più belli arriva il momento in cui si smette di essere in sintonia e di crescere insieme».
Come ha reagito la sua famiglia quando ha deciso di fare l’attrice?
«La mia mamma ha recitato la parte del genitore cattivo e mi ha ostacolato. Mio padre invece mi ha spinto a buttarmi, a fare le mie esperienze. Non sono ancora del tutto sereni: da una parte sono soddisfatti di ciò che faccio, dall’altra, come tutti i genitori, vorrebbero vedermi sistemata».
Ha un sogno?
«Più di uno. Vorrei fare un bel viaggio in Sudamerica. Mi piacerebbe avere del tempo libero per leggere. E sogno di interpretare un bel ruolo di madre. Ma sono preparata anche alla possibilità di non fare più l’attrice: la mia prima scelta restano sempre i documentari».
Ha un difetto che vorrebbe correggere?
«La testardaggine. Se m’impunto, non torno indietro. Nel rapporto di coppia questa intransigenza mi ha spesso danneggiata, avrei sofferto di meno se fossi stata più flessibile. E sul set questo mio atteggiamento mi porta spesso a voler ripetere le scene due, tre, quattro volte anche a costo di discutere con i registi. In amore e nel lavoro, non mi accontento».
Magari è proprio per questo che Valeria sarà il “vento nuovo” del nostro cinema.