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 2015  dicembre 04 Venerdì calendario

A PISAPIA È VENUTA UN’IDEA BALZANI

Negli ultimi giorni di novembre Milano è stata protagonista di un piccolo assaggio di futuro. Il Comune guidato da Giuliano Pisapia ha messo a disposizione 9 milioni di euro del proprio budget annuale per un’iniziativa davvero rara. I milanesi hanno potuto votare on line quali progetti finanziare, scegliendo tra quaranta proposte diverse, elaborate durante una serie di incontri pubblici iniziati la scorsa estate, in parte riservati a 270 cittadini estratti a sorte fra coloro che si erano proposti sul sito Web dedicato. Sulla base dei risultati del voto, il prossimo anno il Comune investirà un milione di euro per ognuna delle nove zone della città, destinando i quattrini ai progetti più cliccati.
Sembra una roba da cantone svizzero o da democrazia via Internet, alla Beppe Grillo. Invece l’idea è venuta un annetto fa a Francesca Balzani, la persona la cui possibile candidatura a sindaco di Milano ha rimesso in discussione la traiettoria che sembrava tracciata per portare sulla poltrona di primo cittadino Giuseppe Sala, il commissario dell’Expo, reduce dal successo dell’esposizione. I modi gentili di questa signora di 48 anni, capelli corti, occhi che fuggono dall’interlocutore solo quando deve fare un ragionamento più politico, rischiano di trarre in inganno chi la incontra per la prima volta. Perché lei, che a Milano ricopre l’incarico di assessore al Bilancio dal 2013 e da pochi mesi pure di vicesindaco, ha dimostrato determinazione e capacità di farsi valere in un mondo che non è il suo, quello della politica, già prima che Pisapia la indicasse come la persona più adatta per unire il centrosinistra e correre alle primarie.
I lettori de "l’Espresso" hanno incrociato il suo nome per la prima volta nella primavera 2005. A quell’epoca lavorava in uno dei più noti studi tributari italiani, quello fondato da Victor Uckmar. Lei e la collega Sara Armella, analizzando un disegno di legge del governo Berlusconi, si accorsero che un passaggio nella quart’ultima di 168 pagine del testo nascondeva un regalo diretto in buona parte - ma non solo - alla Chiesa Cattolica: veniva estesa l’esenzione totale dall’Ici prevista per il non profit anche a associazioni e fondazioni che operavano con scopo di lucro, ad esempio gestendo cliniche, scuole o strutture sportive private. Lo raccontarono in un articolo sul nostro giornale, portando alla luce un caso che, fino a quel momento, era passato sotto silenzio.
Da allora la vita di Francesca Balzani è cambiata. Nel 2007 l’allora sindaco di Genova, Marta Vincenzi, la chiamò per fare l’assessore al Bilancio, lo stesso ruolo che anni dopo ricoprirà a Milano. Lei, che da tempo si divideva fra la Liguria, dov’è nata e ha studiato, e la metropoli lombarda, dove vive con il marito Francesco Tundo, anche lui tributarista, decise di abbandonare una professione che le garantiva un reddito da 250 mila euro l’anno per entrare in un mondo che non conosceva. «Avevo quarant’anni e mi era venuto il desiderio di fare altro», spiega oggi, seduta nell’ufficio che si affaccia su piazza della Scala, dove fa bella mostra di sé la piccola ma preziosa scrivania appartenuta a Antonio Greppi, il primo sindaco di Milano dopo la Liberazione.
Il trasloco da Genova alla giunta Pisapia non è stato diretto. Il secondo punto di svolta, dopo l’ingresso in politica da tecnico, risale al 2009. Quell’anno ci sono le elezioni europee e il Pd genovese vuole rompere la tradizione che dal collegio Nord Ovest porta all’Europarlamento quasi sempre deputati lombardi o piemontesi, le regioni che nelle urne pesano di più. Il partito mira a far eleggere Franco Bonanini, l’ex presidente del Parco delle Cinque Terre, molto conosciuto localmente, con forti appoggi trasversali, in seguito finito nei guai con la giustizia. L’ex tributarista Balzani viene messa in lista per spendere con gli elettori una figura di donna di successo, senza tessere di partito, con due bimbi piccoli (la terza, una femmina, arriverà nel 2010). Una candidatura di facciata, o poco più, se non fosse che lei la prende sul serio: «Sono un avvocato e, come molti avvocati, sono anche un po’ cattiva», scherza oggi. La sconosciuta Balzani ottiene 45.298 preferenze e vola in Europa, mentre Bonanini si ferma a 43.171 e resta a casa. Matteo Salvini, secondo in lista per la Lega e già molto conosciuto in Lombardia, ne ottiene 70.021. Se alla fine la vice di Pisapia dovesse candidarsi alle primarie e vincerle, non è detto che il duello non possa ripetersi dunque a Milano, la prossima primavera. «Farò solo il capolista», ha detto il leader leghista, di fronte all’ipotesi di correre per fare il sindaco; ma nel suo partito sono in molti a pressarlo perché ci ripensi, mettendo sotto pressione la sinistra sui temi della sicurezza. Altro fronte, chi vorrebbe Sala candidato e nota come lei, alle ultime regionali liguri, non si sia schierata con la renziana Raffaella Paita: «Penso sinceramente che con Sergio Cofferati, mio collega a Bruxelles, saremmo stati più competitivi e non saremmo arrivati terzi», dice.
Proprio a Bruxelles, dove si svolgono gran parte dei lavori del parlamento europeo, non si può dire che Francesca Balzani si sia accontentata di staccare lo stipendio. Fin dal 2009 entra nelle commissioni che si occupano di conti pubblici, un campo da cui gli italiani si tengono il più lontano possibile. Nel 2011 le viene affidato l’incarico di rappresentare l’Europarlamento nei negoziati con la Commissione e con il Consiglio Europeo per definire il bilancio dell’anno successivo, un compito in genere riservato a deputati più navigati e, spesso, tedeschi. Scommette sull’aumento degli investimenti per l’istruzione e il progetto Erasmus, per la ricerca e lo sviluppo, argomenti che ai governi piacciono meno, e riesce a spuntare importanti concessioni. Ai tempi della durissima "guerra delle banane", poi, si impegna per far accettare al parlamento e in particolare ai Paesi più riottosi, Spagna, Portogallo e Francia, la riduzione dei dazi sulle importazioni. Quando, sempre nel 2012, il terremoto colpisce l’Emilia, viene indicata come relatrice del Fondo di Solidarietà dell’Unione. In nome dell’austerity cinque Paesi del calibro di Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia e Svezia chiedono di bloccare gli aiuti ma lei, alla fine, riesce a strappare uno stanziamento di 630 milioni, il più alto mai erogato per una calamità naturale: «Fu un negoziato difficile perché i danni erano ingenti e non riguardavano solo le infrastrutture, che in genere sono l’obiettivo del Fondo, ma fabbriche e aziende», ricorda. Quando lascia Bruxelles, nel 2014, Balzani può esibire numeri da secchiona: figura al ventesimo posto (su 765 europarlamentari) per ammontare di dossier di cui si è occupata. A dispetto dei figli ancora piccoli, dei week-end in montagna a sciare, dei libri e dei film a cui dice di non voler rinunciare, Fëdor Dostoevskij e Wim Wenders in testa. «Come faccio a conciliare tutto? Non ci riesco, ovvio. Ma non parliamo troppo di me, per favore, la confusione tra pubblico e privato genera mostri», ride.
Pisapia la contatta per fare l’assessore nel 2013, quando ancora è a Bruxelles. Il sindaco deve sostituire Bruno Tabacci e deve farlo in un momento in cui a Milano la situazione è tutt’altro che florida. Dati alla mano: il Comune quell’anno aveva impegni di spesa per 3 miliardi ma le entrate si fermavano 500 milioni sotto. Che fare? Una manovra è necessaria ma il neo-assessore Balzani riesce a limitare le entrate aggiuntive a 200 milioni, aumentando ad esempio l’Imu. Il resto viene dal controllo della spesa: «Mi sono inventata una cosa strepitosa, che ho chiamato "short list"», spiega. In pratica, gli assessori e le direzioni comunali devono compilare ogni mese l’elenco delle spese irrinunciabili, dall’acquisto delle divise per i vigili urbani al cibo per i pesci dell’acquario civico: «Mi è piaciuto il fatto che tutti si siano sentiti responsabilizzati, rendendosi conto che dovevano dare una mano», racconta.
Gli effetti della cura si vedono. Il debito cittadino, che il predecessore di Pisapia, Letizia Moratti, aveva portato tra il 2006 e il 2011 da 3,65 a 4,20 miliardi, quest’anno scenderà a 4,07 miliardi, nel 2016 a 3,94. Un risanamento avviato nonostante siano state ridotte le entrate straordinarie, che nel 2011 erano salite a 267 milioni, in gran parte grazie a oneri di urbanizzazione e ai dividendi straordinari delle partecipate. Nel 2015, se si escludono i contributi arrivati dal governo per Expo, saranno di appena 30 milioni. Un duro lavoro per rimettere in sesto i conti, insomma, che però dovrà continuare. Perché le precedenti amministrazioni hanno lasciato altri frutti avvelenati. Anche se si sta riducendo, il debito costa ad esempio di più: nel 2010 assorbiva 218 milioni, nel 2016 saranno 311 milioni, per colpa di piani di ammortamento che hanno scaricato sugli anni futuri gran parte dei rimborsi dovuti ai creditori.
In questo quadro complesso, però, l’avvocato Balzani rivendica il merito della giunta Pisapia di aver fatto politica, anche grazie alle scelte sui soldi. «Un’idea è stata quella dei 9 milioni assegnati alle varie zone della città grazie al bilancio partecipativo, ma ce ne sono altre», dice. Il Comune finanzierà, con fondi propri e con l’intervento della Banca europea degli investimenti, progetti che non danno profitti immediati, e che perciò non ottengono prestiti dai normali istituti di credito: «L’esempio è quello di un gruppo di ragazzi che vogliono aprire un ostello o un teatro in un edificio pubblico abbandonato, ma non hanno i soldi per ristrutturarlo o avviare l’attività. Speriamo di attivare investimenti per 60-70 milioni, creando un link tra i beni non utilizzati del patrimonio comunale e le nuove idee», racconta. Idee, progetti. Potrebbero essere queste le parole chiave della futura campagna elettorale? Francesca Balzani, per ora, vuol concludere così: «Bisogna guardare oltre l’Expo e far crescere la dimensione internazionale di Milano, mettendo al centro la cura e il buon governo della città».