Carlo Bertini, La Stampa 30/11/2015, 30 novembre 2015
E IL TASSO DI ATTUAZIONE DELLE LEGGI SALE AL 70% – A
febbraio 2014 erano 889, oggi sono 236 i decreti attuativi da emanare dello stock ereditato dai governi Monti e Letta, «il tasso di attuazione delle leggi è salito dal 22 al 70%». È un risultato che il ministro Maria Elena Boschi non manca mai di sottolineare: l’ultima volta è stata la scorsa settimana e si capisce perché, visto che senza queste leggine ministeriali molte norme varate a fatica dal parlamento bicamerale poi restano ferme al palo. Certo, a ben guardare anche il governo Renzi da febbraio 2014 ad oggi non può vantare certo uno zero arretrati, il tasso di attuazione di tutte le sue leggi, non quelle ereditate, cioè jobs act, legge di stabilità dell’anno scorso e via dicendo, attualmente è pari al 70%. Ed è uno dei punti più delicati della lotta alla burocrazia di un governo che sprona i ministeri a sbrigarsi con questi decreti attuativi fin dal suo insediamento. «Dal primo giorno sono stati fatti molti passi avanti», dice la Boschi, cui tocca il compito ingrato di monitorare lo zelo ministeriale. Le 24 pagine dell’aggiornamento sullo stato di attuazione del programma di governo sul sito di palazzo Chigi sono arredate di grafici e tabelle: si parte dai 265 provvedimenti legislativi adottati dell’esecutivo in quasi due anni di vita, una torta grafica fa notare che il 40% sono disegni di legge, solo il 16% decreti, il restante 44% sono sempre decreti legislativi, quindi ministeriali. E da queste grafiche si scopre pure che la metà di tutte queste leggi dicansi “auto applicative”, cioè non prevedono provvedimenti attuativi: su un totale di 147 leggi già in gazzetta ufficiale, 74 attendono i supporti normativi dei vari ministeri. Ma perché tanto battage su uno smaltimento dei decreti attuativi che dovrebbe essere normale se tutto funzionasse a dovere? Per far vedere quanto i ritmi smart del governo Renzi debbano coinvolgere tutti i gangli dell’amministrazione, non solo il front stage dunque, ma anche il back stage, da cui dipendono le sorti applicative di leggi d’ogni sorta. Fra queste la buona scuola, la riforma della pubblica amministrazione, ma anche norme su pesca, università, impiego di cittadini stranieri, credito ai consumatori, patente di guida, tribunali, eccetera, eccetera.