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 2015  novembre 29 Domenica calendario

SULLA BAD BANK RITARDI E INCOGNITE. ABI E REGOLATORI FACCIANO MEA CULPA

In zona Cesarini, Governo e Banca d’Italia hanno varato la bad bank (BB) per risolvere il dissesto di quattro banche regionali: dal 1 gennaio i loro depositanti e obbligazionisti rischiavano di rimetterci in proprio.
Depositi e prestiti in bonis delle quattro banche vengono trasferiti ad altrettante entità ponte, gestite da commissari, che le devono vendere quanto prima al miglior offerente. I prestiti in sofferenza sono trasferiti a due entità: quelli con possibilità di recupero, sono svalutati a 17 centesimi per euro (per un totale di 1,5 miliardi) e conferiti alla BB, che dovrà venderli sul mercato entro 18 mesi; quelli con probabilità di recupero basse o nulle, a una seconda entità a fronte del debito subordinato delle banche insolventi.
Il nuovo Fondo di Risoluzione (FR): 1) assorbe la perdita di 1,7 miliardi dovuta alle sofferenze con probabilità di recupero quasi nulle (cedute al veicolo dei subordinati); 2) fornisce 1,8 miliardi alle banche ponte per dotarle del capitale necessario e finanziare la cessione dei prestiti alla BB da 1,5 miliardi; e 3) costituisce il capitale della BB per 140 milioni. In totale, un salvataggio da 3,6 miliardi; in realtà sono 4 perché ci sono altri 400 milioni di prestiti al Fondo, garantiti dalla Cassa DDPP (come da comunicato Intesa e Comunità europea, ma non Bankitalia). Il Fondo è finanziato dal versamento anticipato dei contributi di tutte le banche nazionali previsti per i prossimi tre anni. Per poter operare immediatamente le maggiori banche erogano un prestito da 2,350 miliardi a fine 2015, e uno da 1,650 miliardi a 18 mesi (totale 4 miliardi).
Quale è il rischio del salvataggio per le banche? Nullo sulla BB. Probabilmente hanno selezionato loro i prestiti da trasferire alla BB e stabilito il valore. Il rischio è poi asimmetrico: se li cederanno a meno di 17 centesimi scatta la garanzia della Cassa DDPP; se a più di 17, rimborsano il prestito alle banche ponte e la plusvalenza va al loro FR. Il rischio viene dal prezzo di cessione delle banche ponte: il FR va in pari se vende a un prezzo vicino al patrimonio tangibile. Ma tutte le banche italiane (tranne Intesa) trattano oggi a sconto perché non c’è certezza che le sofferenze abbiano raggiunto il culmine, e perché tra banche in vendita, in cerca di fusione o alle prese con mega aumenti c’è un eccesso di offerta di azioni bancarie, e il settore è in declino irreversibile. Un altro rischio è che il FR esaurisca con questo salvataggio le risorse nei prossimi anni, dando così per scontato che non ci saranno più dissesti: non ne sarei così sicuro. Le banche finanziano il FR a “tassi di mercato”, ma non si sa quali siano.
Nulla si sa del criterio che ha stabilito quali sofferenze trasferire alla BB, e quali al veicolo dei subordinati. Lo schema assicura che un’eventuale vendita delle sofferenze da parte della BB a prezzi superiori a quelli di conferimento vada a beneficio esclusivo del FR (le banche), a scapito dei creditori subordinati.
Gli azionisti delle banche dissestate protestano perché hanno perso tutto. Ma hanno nominato loro i vertici che hanno distrutto le banche, e i consiglieri che avrebbero dovuto vigilare. Fare il socio non significa solo poltrone e potere, ma responsabilità e rischi. Protestano i creditori subordinati: quelli istituzionali avrebbero dovuto conoscere il significato di “subordinato”; ma i risparmiatori hanno mille ragioni. E’ solo l’ultimo esempio della pratica scorretta delle banche che rifilano titoli rischiosi a correntisti inconsapevoli; e che dura ininterrotta dai tempi del crac Parmalat. Un mea culpa da parte di Abi e regolamentatori sarebbe il minimo. Ai risparmiatori non resta che la class action, ma dubito che quella all’italiana serva a qualcosa. E contro chi? Le vecchie banche in liquidazione?
Protestano infine banchieri, Governo e politici contro l’Europa a guida tedesca, un paese dove lo Stato ha aiutato le sue banche, mentre ora proibisce qualsiasi aiuto pubblico alle nostre. La crisi finanziaria è del 2008. Prima si è negato toccasse le nostre banche. Poi, quando è diventata palese, e la BB di Stato era l’unico modo per uscirne rapidamente (come negli Usa, UK o Germania), in Italia non si è potuta fare perché non c’erano investitori disposti a sottoscrivere nuovo debito pubblico italiano, in quanto già troppo elevato. Si poteva ricorre agli aiuti di CE e Bce, ma avrebbe comportato la condizionalità: si è scelto di non farlo. Che ora non si dia la colpa ai tedeschi.