Giorgio Lonardi, Affari&Finanza – la Repubblica 30/11/2015, 30 novembre 2015
IL SOGNO DELLA CONTESSA CERAMISTA “ECCO IL BUSINESS FATATO DI THUN”
Bolzano
«Nel 2016 assumeremo 175 persone e apriremo 50 negozi. E visto che a fine settembre avevamo 319 dipendenti questo vuol dire che l’occupazione crescerà di oltre il 50%». E’ soddisfatto Peter Thun, presidente dell’azienda di famiglia, dell’andamento della sua “fabbrica dei sogni”. Ne ha fatta di strada l’impresa nata a Bolzano nel 1950 quando il conte Otmar Thun e sua moglie Lene decisero di dedicarsi completamente alla ceramica e all’artigianato coltivando la loro passione nella cantina del castello di Kleberstein con l’aiuto di due soli assistenti. E creando così le basi per un piccolo impero del regalo che avrebbe sfornato tazzine da caffè, porcellane, bomboniere, portacandele natalizi, orologi da tavola ma anche tovaglie, pupazzi del presepe, lampade, calendari, stufe in ceramica. «Il bello dei sogni - diceva Lene - è che qualche volta si avverano». Questa è una storia che sembra una favola. C’è il romanzo d’amore fra Otmar e Lene, quindi il matrimonio e la nascita di Peter, l’attuale presidente e di Matteo Thun, divenuto uno dei più famosi architetti italiani. E poi c’è la figura di Lene, una donna con le mani d’oro capace di modellare la creta con delicata maestria. Fu Lene a ispirarsi al volto dei suoi figli dormienti per realizzare quello che sarebbe diventato un prodotto cult, una sorta di simbolo dell’Alto Adige. «Ci siamo accorti quasi subito», era solita raccontare la contessa scomparsa nel 2004, «che la figura che riscuoteva maggior successo era un angioletto porta candela. L’appellativo di Angelo originale di Bolzano è nato però casualmente. I turisti tedeschi, austriaci e svizzeri lo sceglievano, infatti, sempre più spesso come souvenir di Bolzano. E così divenne ed è tutt’ora ‘l’Angelo di Bolzano’». Lo charme della fondatrice, la sua capacità di far vivere un blocco di argilla trasformandolo in un oggetto amato da milioni di persone, ha lasciato il suo imprinting sull’azienda. «Io ero una novellina e lei una donna straordinaria - dice Paola Fabris rammentando gli anni passati accanto alla contessa Lene nel reparto creativo della Thun - sempre attenta alle persone che lavoravano con lei: autorevole ma alla mano, pronta ad aiutare noi ragazze. Ricordo che una volta si mise accanto a me mentre stavo modellando un cavallo con il puledrino accanto e mi suggerì come migliorarne gli zigomi e le tempie. Perché lo stile Thun è semplice ma raggiungere quella semplicità non è facile». Tra la Thun di un tempo, quella artigianale degli anni ’50 e ’60 e l’azienda che nel 2014 ha fatturato 81 milioni di euro grazie a un network composto da quasi 1.184 punti di vendita di cui 326 monomarca sembra esserci un abisso. «E invece no - ribatte Peter Thun il nostro Dna è rimasto sempre lo stesso. Lo conferma l’attenzione alla qualità del prodotto e il rapporto strettissimo con i clienti testimoniato dalla nostra presenza sui social. A cominciare da Facebook dove abbiamo oltre 525 mila “like”. La verità è un’altra: il mondo è cambiato e dopo la crisi del 2009 abbiamo dovuto rifocalizzarci sul marchio puntando a fare sempre meglio quello che sappiamo già fare”. In realtà la crisi è stata amara per tutti. E la Thun ha reagito chiudendo alcune fabbriche all’estero, cambiando i fornitori e scorporando il centro logistico di Mantova che oggi è diventato una società autonoma in grado di servire anche altri clienti. Una strategia azzeccata che tuttavia spiega il calo di fatturato registrato negli ultimi anni. Acqua passata. «Abbiamo fatto i compiti a casa - afferma il presidente - è stata dura ma ne è valsa la pena. Oggi la società è sana, fa profitti ed è in grado d’investire. Pensavamo di chiudere il 2015 con 85-86 milioni di ricavi. Ma se le cose andranno avanti con lo stesso passo di queste ultime settimane i risultati saranno sensibilmente migliori. A giudicare dalle nostre vendite sembra proprio che gli italiani si siano lasciati la crisi alle spalle». Le ultime notizie da casa Thun, quelle relative alla fine di ottobre e a novembre sono positive. «I ricavi dei negozi stanno crescendo al ritmo del 20% rispetto all’anno scorso. E in alcuni punti vendita precisa Peter Thun - si registrano incrementi del 40%-50%. Per fortuna non ci siamo lasciati sorprendere e abbiamo assunto 1.450 ‘Nataline’, le commesse a tempo determinato che prendono servizio nella prima parte di novembre per concludere il loro lavoro in gennaio; rispetto al 2014 questo tipo di assunzioni sono cresciute del 38%». Per il presidente non c’è dubbio: il merito della crescita va in gran parte ai sei milioni investiti per l’apertura di nuovi negozi a marchio Thun. Ecco spiegata, dunque, la scelta di investire altri dieci milioni nel 2016 per 50 nuove aperture quasi tutte a gestione diretta – e sensibilmente più redditizie – con la conseguente assunzione di 175 persone. Eppure i numeri e la strategie commerciali spiegano solo in parte il successo di questa azienda nata in Sudtirolo per poi svilupparsi con i suoi negozi in tutta Italia oltre che in Svizzera, Austria e Germania. «Per noi conta la gente, la possibilità di far conoscere i nostri valori e il nostro calore prima ancora dei nostri prodotti – dice Luca Della Serra il direttore commerciale della società – ecco perché i social media sono così importanti per Thun. Così come è fondamentale il contatto diretto con i nostri clienti. Lo conferma la rilevanza del Club Thun con i suoi 71mila soci attivi per i quali organizziamo feste e eventi speciali, come i viaggi a Milano per vedere l’Expo. Ma a cui destiniamo anche delle ‘coccole’ esclusive come i cioccolatini all’interno della calza di Natale che invece regaliamo a tutti i clienti che acquistano nei negozi». Un discorso a parte lo merita il Thuniversum, il tempio laico del mondo Thun, dove, fra l’altro, è ospitato il più grande negozio del gruppo. Per rendersene conto bisogna recarsi a Bolzano in via Galvani 21 nella sede avveniristica della società disegnata da Matteo Thun. E tenere a mente la carta dei valori dell’azienda che recita: «Thun, i sogni diventano realtà regalando gioia con il cuore a noi e agli altri. Nel nostro mondo di fiaba facciamo rivivere i valori dell’infanzia, i sogni, la magia ed il calore. Portiamo così questo mito nella realtà grazie a prodotti realizzati a mano, alle immagini e ai nostri comportamenti». Ebbene, il Panopticum, ovvero l’immensa stanza circolare che funge da ingresso del Thuniversum stesso “foderata” a 360 gradi da schermi video senza soluzioni di continuità è la traduzione perfetta dei valori Thun. Canti, immagini e filmati non lasciano scampo: questo è il Natale dell’infanzia di tutti. Ed è stata una gioia per i 300 bambini che l’8 novembre a gruppi di 50 hanno giocato nel Thuniversum a fare il pasticcere imparando a cucinare il “Lebkuchen”, ovvero il panpepato della tradizione tirolese. «Non volevano andarsene più», dice Della Serra. Anche questa è magia.
Giorgio Lonardi, Affari&Finanza – la Repubblica 30/11/2015