Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 30/11/2015, 30 novembre 2015
UN PAESE DI ANALFABETI PREDA PREDESTINATA DI SLOGAN POPULISTI
Con una delle sue ormai celebri improvvisazioni Matteo Renzi ha lanciato la card da 500 euro per i ragazzi che compiono diciotto anni. “Simbolicamente il benvenuto nella comunità dei maggiorenni – ha detto – ma soprattutto simbolicamente il modo con cui lo Stato ti carica della responsabilità di essere co-erede del più grande patrimonio culturale del mondo”. Belle parole, ma come prima cosa dovrà spiegare ai 550 mila italiani che ogni anno compiono 18 anni che quei soldi, se mai arriveranno, non serviranno per gioiose serate in discoteca o per ingollare birra nelle piazze della movida, come molti di loro credono, ma saranno da spendere in libreria, teatri e musei. Un provvedimento spot che ben venga se il governo ha l’esatta percezione del fatto che l’Italia è il paese dell’Ocse che spende meno per l’istruzione e fra i 34 paesi industriali è l’ultima per numero di giovani laureati. I risultati si vedono. Spiace dirlo, ma tolte le poche eccellenze che lasciano il paese, siamo la patria dell’analfabetismo. Su 24 paesi siamo all’ultimo posto per competenza nella lettura, e al penultimo per competenza matematica. Sapete che vuol dire ? Che il 30 per cento degli italiani – secondo i dati Ocse – è vittima di analfabetismo “funzionale”, cioè non sa riempire una domanda di lavoro, capire un contratto, leggere un articolo di giornale o un libro. A questi va aggiunta una rilevante percentuale di analfabeti “di ritorno”. Un terzo della popolazione, dunque, leggendo faticosamente un qualsiasi testo scritto riesce a capire soltanto informazioni elementari, non a collocarlo in un contesto più ampio, semplificando una realtà per loro incomprensibile. Ma in tutto sono circa la metà gli italiani – secondo il linguista Tullio De Mauro – che si muovono in un orizzonte ristretto senza saper capire, mancando degli strumenti minimi di lettura e scrittura necessari a capire una società complessa. Ma il dato più tragico, che interroga sul funzionamento della selva di università italiane, è che 21 laureati su cento non vanno oltre il livello minimo di decifrazione di un testo e un laureato su tre ha in casa meno di cento libri. Per cui ci si chiede dove viva il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che invita i giovani a non perdere tempo all’università fino a 28 anni perché “non serve a un fico”. Meglio studiare un po’ meno perché la laurea - lascia intendere - è solo un “pezzo di carta”. Un bel viatico governativo per perpetuare nei decenni il semialfabetismo dei laureati, invece di investire ben altre risorse nell’educazione. I dati che precedono sono purtroppo la fotografia di un paese avviato alla decadenza economica e sociale se le sue scuole, salvo eccezioni, non formano ma sfornano ignoranti. Chi non è in grado di interpretare un testo mediamente complesso per capire la società contemporanea sarà vittima della mistificazione della realtà e del populismo, della riduzione della complessità a slogan quasi sempre privi di senso e divisivi della coesione sociale. Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi: il successo nei sondaggi del populismo analfabeta e sgangherato della Lega di Salvini e degli ex fascisti dei Fratelli d’Italia della Meloni, lo sciocchezzaio televisivo che ci impone giorno dopo giorno i comizi da avanspettacolo di Gasparri e di altri come lui. Sentire questi pontificare come esperti di Islam è la misura del degrado di una democrazia semianalfabeta, che purtroppo non si salverà con la card diciottenni di Renzi.
Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 30/11/2015