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 2015  novembre 30 Lunedì calendario

STAFFETTA DRAGHI-YELLEN IN 15 GIORNI SI DECIDE IL FUTURO DEI MERCATI

Roma
Nelle settimane passate gli economisti delle principali banche d’investimento mondiali si sono affannati a fornire previsioni sull’andamento del 2016. Uno sforzo necessario perché questi istituti vogliono offrire ai propri clienti istituzionali e corporate un’indicazione anticipata su come si muoveranno i mercati. Si tratta tuttavia pur sempre di previsioni che dovranno essere vagliate alla luce delle decisioni di politica monetaria che saranno prese a livello globale. Ma da oggi, lunedì 30 novembre al 16 dicembre, in un brevissimo arco di tempo, saranno il Fondo monetario internazionale e le banche centrali a rilasciare una serie di indicazioni più precise e a delineare il quadro entro cui si muoverà l’economia mondiale. Per uno strano gioco del destino, in sole due settimane si accumuleranno decisioni in grado di influenzare l’intero scacchiere dei cinque continenti. Comincerà proprio oggi il Fmi guidato da Christine Lagarde. Da tempo è in discussione l’inserimento del renminbi cinese tra le valute di riserva inserite nel paniere dei Diritti speciali di prelievo, l’unità di conto usata proprio dal Fmi. Il tira e molla tra Fmi e Cina è durato a lungo perché la valuta da inserire nei Dsp deve essere facilmente scambiabile sul mercato e liquida. Per molto tempo questi presupposti sono mancati, ma ora sembra che il Fmi sia disponibile. Il punto non sembra più essere se il renbimbi sarà ammesso ma in che proporzione lo sarà. Più la quota sarà alta più ci sarà nel mondo domanda di valuta cinese, e ciò contribuirà a stabilizzare il valore dello stessa. Infatti questa domanda mondiale di valuta di riserva potrà “controbilanciare – come scribe Bnp Paribas nel suo Outlook for a changing world del novembre 2015 – eventuali flussi di valuta in uscita dalla Cina da parte dei privati”. L’effetto sarà quello di rendere più stabile questa valuta, ormai già usata dalle singole banche centrali come moneta di riserva, e più prevedibili le mosse della Bank of China quando alzerà o abbasserà i tassi. Ma, inutile dirlo, l’attesa più spasmodica degli operatori riguarda le decisioni sui tassi d’interesse che saranno prese il 3 dicembre dalla Banca centrale europea e il 16 dalla Federal Reserve. Il presidente della Bce, Mario Draghi, e quello della Fed, Janet Yellen, daranno inizio per la prima volta dopo molti anni a un percorso divergente: ancora espansivo in Europa, di nuovo leggermente restrittivo negli Stati Uniti dopo ben nove anni. «Dopo le aperture del presidente Mario Draghi riguardo a un’espansione dei programmi in corso – dice Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Wm Italia – ci aspettiamo che il programma di acquisto di obbligazioni venga esteso di 3-6 mesi unitamente a un taglio del tasso di deposito presso la Bce di 0,1%, a meno 0,3%». Sul fronte americano, ormai è dato per scontato che la Yellen il 16 dicembre prossimo procederà a un primo aumento dei tassi. Secondo Bloomberg, le probabilità attualmente percepite dagli investitori di questa risalita dei tassi è pari al 60 per cento. La marcata divergenza nelle politiche monetarie sui due lati dell’Oceano Atlantico dovrebbe condurre a un’ulteriore debolezza dell’euro rispetto al dollaro. Il che, secondo molti osservatori, darà un’ulteriore spinta alla ripresa europea. «Insomma - dice Ramenghi - la divergenza sarà questa volta positiva, al contrario di quella, sbagliata, che si ebbe fra il 2008 e il 2010, quando la Bce aveva alzato i tassi mentre gli Usa li stavano abbassando. Ma, certo, occorrerà una grande sapienza nel maneggiare questa fase, che richiederà uno stretto coordinamento delle politiche delle più grandi banche centrali». L’azione dei giganti come Bce e Fed avrà riflessi sull’intera crescita mondiale e obbligherà le altre banche centrali a misure di diverso segno per andare incontro alle necessità dei propri paesi. Ciò che appare molto probabile è prima di tutto un effetto sulle valute dei paesi emergenti che vendono materie prime: queste monete hanno già segnato consistenti deprezzamenti che potrebbero continuare con possibili contraccolpi negativi sull’intero sistema globale. In mezzo, fra il 3 e il 16 dicembre – le date in cui avverrà lo scambio di politiche tra Europa e Usa – c’è anche il turno della Banca nazionale svizzera. Molti investitori ritengono che ci saranno pressioni perché segua anche lei le ulteriori, prevedibili, politiche espansive della Bce per evitare un eccessivo rafforzamento del franco che deprimerebbe l’economia elvetica. Non sono previsti invece interventi della Banca d’Inghilterra. Contrariamente alle aspettative di qualche mese fa, un incremento dei tassi non è ritenuto immediato ma probabilmente sarà rimandato di almeno sei mesi. Sul fronte asiatico la Cina, soprattutto dopo che avrà ottenuto l’ingresso della sua valuta nei Diritti speciali di prelievo, potrebbe decidere di tagliare i tassi nel corso del 2016, con una svalutazione del renminbi del 4-5 per cento. Mentre il Giappone potrebbe intraprendere un ulteriore round di quantitative easing. Fra tutte le aree del mondo, quella che dovrebbe avere i maggiori vantaggi nel 2016 è proprio l’Europa. Ma anche lo scorso anno, di questi tempi, si diceva la stessa cosa, poi le cose sono andate diversamente. Le banche centrali fanno la loro parte ma il diavolo può sempre metterci lo zampino.
Adriano Bonafede, Affari&Finanza – la Repubblica 30/11/2015