Stefano Lorenzetto, 29/11/2015 L’Arena, 29 novembre 2015
Se siete interessati alla figura di Gesù, vi do un consiglio: tenetevi liberi per sabato 5 dicembre
Se siete interessati alla figura di Gesù, vi do un consiglio: tenetevi liberi per sabato 5 dicembre. Se non lo siete, tenetevi liberi lo stesso: potrebbe accadervi di scoprire che quest’Uomo v’interessa. Presentatevi all’auditorium della Gran Guardia alle ore 21. Non ci sarà posto per tutti, temo. Quindi non tardate. Ingresso libero, come duemila anni fa in Terrasanta. Ma poiché oggidì anche respirare costa caro, ringraziate in anticipo lo sponsor, la Fondazione Cattolica assicurazioni, che farà onore alla propria ragione sociale rendendo possibile l’evento. Quale evento? Lo scoprirete se avrete la pazienza di leggere sino in fondo questa storia, che mi ha in parte coinvolto, di sicuro toccato. Tre anni fa, un chirurgo veronese, considerato un luminare nel suo campo, mi parlò di un amico avvocato con il quale è solito passare le vacanze estive in camper a Punta Ala. «Dovresti conoscerlo», mi disse, sapendo della mia predilezione per i tipi strani, particolari, in una parola per gli uomini veri. E così il 4 gennaio 2013 mi recai a Calambrone, nove chilometri da Livorno. Qui incontrai Giuliano Maffei, civilista del foro di Pisa, sposato e padre di due figli. È il presidente della Fondazione Stella Maris, dove ha messo in funzione Imago 7, l’unica risonanza magnetica a 7 Tesla esistente in Italia. In tutto il mondo se ne contano appena 38. Per capire di che prodigio si tratti, bisogna ricordare che al centro della Terra c’è una gigantesca sfera di ferro. Essa, per effetto della rotazione, genera un campo magnetico, la cui intensità sulla superficie del pianeta varia da poco più di 0,00002 Tesla all’equatore a 0,000047 a Milano. Questo significa che il campo ultra alto generato dal magnete di Calambrone è 150.000 volte più potente. È obbligatorio fermarsi cinque metri prima di Imago 7. Se oltrepassi la linea gialla, i telefoni cellulari smettono di funzionare, gli orologi si arrestano, le carte di credito si smagnetizzano, le fotocamere digitali vanno in fumo. A 150 centimetri di distanza devi solo sperare che il cinturino d’acciaio del Rolex eventualmente dimenticato al polso si spezzi, altrimenti la forza d’attrazione risucchierebbe dentro il tubo, insieme con il braccio, anche il corpo che vi è attaccato e non basterebbero tre persone per sottrarti a quell’abbraccio mortale. Imago 7 permette di vedere i recessi del corpo umano, a cominciare dal cervello, con un livello di risoluzione senza precedenti. E di analizzarne alcuni che finora potevano essere esplorati soltanto dopo la morte, nelle autopsie. Scorge i sintomi della demenza con anni di anticipo, scopre i tumori prim’ancora che si sviluppino, individua microlesioni e infarti. Alla Fondazione Stella Maris, 22 fra medici, neuropsichiatri, neurologi, pediatri e fisiatri hanno creato, con l’ausilio di altri 280 collaboratori, un Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), l’unico ospedale di eccellenza italiano nel quale si curano soltanto malati da 0 a 18 anni affetti da psicosi, schizofrenia, autismo, epilessia, paralisi cerebrale infantile, ritardo mentale, ictus del neonato, anoressia, disturbi della condotta, deficit neuromotori. Ma, poiché l’avvocato Maffei è un umanista, non si accontenta di scrutare solo il cranio con Imago 7. Gl’interessa soprattutto il cuore, dentro il quale si annidano sofferenze che nessuna risonanza magnetica può disvelare. Mi raccontò che nel «suo» ospedale è solito invitare intellettuali, artisti e poeti capaci di esplorare il muscolo che ci batte nel petto: «Una quindicenne anoressica ha detto a Paolo Vallesi: “Io voglio morire”. Allora il cantautore s’è messo a suonare con la chitarra La forza della vita e lei ha cominciato a ballare. Siamo fatti anche di spirito, sono i neuropsichiatri a confermarmelo. La risposta alle domande ultime della vita può venire solo da lì. Che cosa c’è nella parte più intima dell’uomo? Dio? O che altro? E come si apre quella porta? La tecnologia e la scienza da sole, senza l’amore, non riempiranno mai di contenuto la parola speranza. E senza speranza non possiamo vivere, il filosofo Remo Bodei è venuto a Calambrone per dircelo». Maffei mi fece il nome di un altro personaggio invitato alla Fondazione Stella Maris: Beppe Dati. È un paroliere e un musicista. Ha scritto La forza della vita. Ma è anche l’autore di altre celebri canzoni: Gli uomini non cambiano di Mia Martini, Disperato di Marco Masini, Oggi un Dio non ho di Raf, Brutta di Alessandro Canino, Celeste di Laura Pausini, Quel giorno di aprile di Francesco Guccini. «Dovrebbe conoscerlo», mi disse l’avvocato. La stessa frase del mio amico medico! Che circolo virtuoso era mai questo? Mi venne spontaneo chiedergli perché mai dovessi conoscere Beppe Dati. Lui mi spiegò che il paroliere, pur definendosi non credente, stava scrivendo la vita di Gesù in canzoni: «Va’ avanti, l’ho spronato. E ho raccomandato a sua moglie: se per caso lo vedesse avviarsi sulla via della conversione, lo fermi e mi avverta subito, perché suo marito deve restare un inquieto». Sette mesi dopo, guidato da un istinto misterioso, mi ritrovai a casa di Beppe Dati, a Firenze. Mi raccontò che il padre Leonello, un facchino, perse il suo primogenito, Giuseppe, all’età di un anno, nel 1949, per un’infezione intestinale. Dopo una corsa disperata a piedi giù per le colline con il figlioletto in braccio, da Mommio Castello a Viareggio (sono 11 chilometri, serve mezz’ora con l’auto), si sentì dire in ospedale: «Perché ci ha portato questo cadavere?». La madre Fedora nel 1950 volle battezzare Giuseppe anche il secondogenito, ma non si riebbe mai più dall’immenso dolore. Morì a 82 anni invocando ancora il nome del primo figlio, «che era tanto bello, che era tanto buono», sicché l’altro Beppe ora confessa a sé stesso: «Ho vissuto guardando la mia tomba. Non è semplice portare il peso di due vite». Accadde la stessa cosa ai due Vincent van Gogh, e il secondo era il pittore che tutti conosciamo. Invece Dati è un poeta. Adopera le parole per ricavarne musica e la musica per ricavarne parole. Fra noi fu amicizia a prima vista, come con Maffei. Volle farmi ascoltare in anteprima alcuni brani di cui mi aveva parlato l’avvocato. Poi si fidò a spedirmi a casa tutti i file sonori. Per mesi li ascoltai in auto e il viaggiare mi diventò leggero, tanto erano coinvolgenti: Ab Cesarea, Betlemme, Erode il Grande, Parole sulla rena, Osanna, Il sale della terra, Le Beatitudini, Quando finirà la cena, La Via dolorosa... Diventerà un capolavoro come Jesus Christ Superstar, lo vedrei bene nell’Arena della mia città, gli predissi. Sono contento che il regista Leonardo Pieraccioni, l’impresario David Zard e il produttore televisivo Luca Bernabei la pensino allo stesso modo e considero un privilegio aver potuto scrivere per primo su un giornale nazionale di questa affascinante opera musicale che s’intitola Il mio Gesù. «Non è il mio, di Beppe Dati: è Maria a chiamare così suo figlio», ci tenne a chiarire il paroliere toscano. «Le canzoni cominciavano a starmi strette per le storie che avevo in mente. Ho allungato i tempi. Finché me n’è uscita una di otto minuti su Ponzio Pilato. Maffei l’ha ascoltata e mi ha ammollato un pacco di libri, a cominciare da Storia di Cristo di Giovanni Papini. Ho finito per comporre altri 45 brani. Un anno di lavoro. Un musical di 2 ore e 20 minuti. Comincia dall’arrivo dei Romani a Gerusalemme nel 63 avanti Cristo e termina sul Golgota». Un ateo non può celebrare il figlio di un Dio che non esiste, è un controsenso, gli obiettai. Rispose: «Gesù è ancora vivo in me. Sarà perché lo vedevo nascere ogni Natale al freddo e al gelo, come cantavano a squarciagola mia mamma e mia zia. O perché da piccolo ho fatto il chierichetto in Santa Croce a Firenze. Che Cristo sia figlio di Dio, m’interessa poco. Ma se devo farmi venire in mente qualcosa di buono, ancor oggi penso a Lui. La fede è una grazia che non mi è stata concessa. Però sento che un giorno accadrà ciò che Michail Bulgakov scrive nel Maestro e Margherita: “Tutto sarà giusto, su questo è costruito il mondo”». Di quel giorno - e qui finisce la storia - i veronesi avranno la fortuna di ricevere un piccolo acconto il 5 dicembre alla Gran Guardia, dove Beppe Dati metterà in scena Il mio Gesù, che è suo ma subito diventerà, ne sono certo, anche un po’ vostro. Quando gli chiesi quale fosse il più bel complimento che aveva ricevuto in vita sua, l’artista mi rispose in fiorentino: «“Te tu l’hai fatti piangere”». Se vi capiterà di commuovervi, consideratelo un regalo di Natale. Anche una grazia. Stefano Lorenzetto LORENZETTO Stefano. 59 anni, veronese. È stato vicedirettore vicario del Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Panorama, Arbiter e L’Arena. Ultimi libri: Buoni e cattivi con Vittorio Feltri e L’Italia che vorrei (entrambi Marsilio). LORENZETTO Stefano. 59 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ’75. È stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Panorama, Arbiter e L’Arena. Quindici libri: Buoni e cattivi con Vittorio Feltri e L’Italia che vorrei (entrambi Marsilio) i più recenti. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo. Le sue sterminate interviste l’hanno fatto entrare nel Guinness world records.