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 2015  novembre 23 Lunedì calendario

LE AMARENE E IL VASO DI RACHELE “IL MARKETING È NATO QUI IN FABBRI”

Bologna
«Capitano, lo possiamo torturare?», chiedeva Mano di fata a Salomone il pirata pacioccone (Carosello, 1965–1976). “Porta pasiensa, so ben io come fargli aprire la bocca”. E via con le immagini dell’Amarena e degli sciroppi Fabbri. Ci vorrebbe Mani di fata anche qui, nel salone di palazzo Pepoli Campogrande, dove una mostra celebra i 110 anni della Fabbri ed i 100 del suo prodotto più famoso, l’Amarena. Nicola Fabbri, amministratore delegato, neanche sotto tortura vuole infatti rivelare almeno uno degli ingredienti con cui viene “candito” il frutto che da cent’anni – partito da Borgo Panigale, quartiere bolognese – chiuso in un vaso di ceramica ha raggiunto più di cento Paesi in tutto il mondo. “Dentro ci sono le amarene, dette anche visciole o marasche, colte dall’amareno o prunus cerasus. E ci sono zucchero, aromi, spezie”. Quali aromi, quali spezie? “La ricetta è segreta. Io sono un Fabbri di quarta generazione. Posso forse svelare ciò i miei nonni e bisnonni hanno sempre nascosto?”. Aromi e spezie a parte, tutto il resto è noto ed è quasi storia. Non capita tutti i giorni di trovare un prodotto con un secolo di vita, stessi ingredienti, stessa confezione. Basta pensare alle auto del 1915, alla pasta che, se non fatta in casa, veniva venduta sfusa, come lo zucchero. Alle mortadelle esposte nelle botteghe accanto a chiodi, martelli e rotoli di fil di ferro. Il fondatore, Gennaro Fabbri, è un bolognese che nel 1905 si compra una drogheria a Portomaggiore, nel ferrarese. In paese trova una ragazza, Rachele, e se la sposa. A Gennaro la drogheria non basta e apre una distilleria. E qui c’è la prima “invenzione”. Prepara e mette in vendita tre liquori: l’Amaro Carducci che attira i borghesi di città e gli intellettuali, il liquore Primo Maggio per chi ha simpatie proletarie e il Virov, liquore con uova e alcol che diventa un “energetico” per chi lavora in campagna. Nel 1915 il ritorno a Bologna e la nascita delle Amarene, su “ricetta della bisnonna Rachele”. C’è la guerra, l’attività vera può avviarsi bene solo dopo tre anni. “C’erano tante donne – racconta Nicola Fabbri – nel cortile di Borgo Panigale. Staccavano i piccioli e poi con un piccolissimo coltello toglievano il nocciolo. Frutti e tutto il resto finivano dentro a damigiane che venivano consegnate ai commercianti e ai baristi”. In tempi in cui per tanti un pezzo di pane con una fetta di lardo è già un pranzo, ci vuole coraggio a investire nel “voluttuario”. Gennaro Fabbri crede però che le sue amarene – che nei caffè e bar andavano a condire le granite di ghiaccio – possano avere un futuro. C’è chi non ha soldi in tasca ma c’è anche chi può spendere. E allora inventa i vasi di ceramica. “Secondo uno studio americano il mio bisnonno è stato fra i primissimi in Europa a inventare quello che viene chiamato il ‘premio immediato’. A chi compra, viene subito regalato il vaso, senza dover raccogliere punti o garantire ordinazioni. I vasi nascono a Faenza, nella ceramica Gatti. Poi prima le damigiane poi le latte arrivano nei bar, caffè e negozi e riempire di nuovo il vaso, che fra l’altro costa molto più del contenuto. Da questo punto di vista, non è cambiato nulla. Anche oggi la Fabbri regala i suoi vasi, graditi dai commercianti e per noi pubblicità davvero importante. Il bisnonno non conosceva certo la parola marketing ma in questo campo è stato un genio. Negli anni ’30, ad esempio, compra due auto da favola ai figli Romeo e Aldo. Un’Isotta Fraschini e un’Itala che aveva fatto la Parigi–Roubaix. Non è solo un regalo. ‘Adesso – dice ai suoi ragazzi – andate in giro per Bologna e per l’Emilia Romagna, entrate nei bar e nelle botteghe e dite ai commercianti che se comprano le nostre amarene li caricate in macchina e li portate a fare un bel giro’. Mio nonno Romeo raccontava che l’iniziativa ebbe grande successo”. Romeo è il Fabbri che dà una svolta industriale all’azienda di Borgo Panigale. “Compra il bar più importante della città, il Centrale, all’angolo fra via Indipendenza e via Ugo Bassi (ora c’è un McDonald’s, ndr) e assieme a caffè ed amarene dedica un angolo al gelato, chiamando un gelataio dal Sud. Vuole capire come possa funzionare un abbinamento con le amarene e le marmellate. E così inventa i Cremolati, semilavorati che diventano gelati se aggiunti a latte o acqua attraverso macchine elettriche, prodotte qui a Bologna da Carpigiani e Cattabriga. E anche questo dei semilavorati diventerà un cardine della nostra azienda”. L’abbraccio fra amarena e gelato continua anche dopo i tempi duri della seconda guerra mondiale. “Paradossalmente i tedeschi che avevano occupato la nostra fabbrica a Borgo Panigale dopo il conflitto sono diventati i nostri migliori clienti europei. Questo perché il paese dei gelatai, Zoldo in provincia di Belluno, aveva già adottato il nostro gelato alle amarene. Dopo la guerra in tanti sono emigrati appunto in Germania, facendo conoscere i nostri prodotti”. Adesso la Fabbri ha un fatturato di 70 milioni e 300 dipendenti. Sciroppi e Amarena per famiglie o bar e ingredienti per gelateria e pasticceria sono i cardini dell’impresa. “L’Amarena resta però il nostro apripista, il vaso che ci apre tutte le porte. Assieme a quelli di 5 e da 3 chili, abbiamo messo in commercio un vaso da 1,2 chilogrammi, destinato ai bar per i cocktail. E’ riuscito a sostituire quelle ciliege rosse di bassa qualità e pessimo gusto che prima imperavano”. Salomone il pirata pasticcione non è primo Carosello della Fabbri. “Agli inizi degli anni ’60 – dice Nicola Fabbri, che guida l’azienda assieme al fratello Umberto e ai cugini Andrea e Paolo – abbiamo preparato uno spot culturale. Pittori famosi – Renato Guttuso, Corrado Cagli, Anna Salvatore, Franco Gentilini, Amerigo Bartoli, Giuseppe Capogrossi – venivano filmati mentre dipingevano un quadro, per un Carosello dal titolo: un pittore alla settimana. Dopo il filmato, l’invito: questo quadro starebbe bene nel tuo salotto, ma anche il vaso dell’Amarena certo non sfigura. Abbiamo ancora i quadri in azienda e da lì è venuta l’idea del premio Fabbri, per scultori, pittori, fotografi”. Azienda diretta da manager con un forte contributo della famiglia. “Adesso sta entrando la quinta generazione, ma con un protocollo preciso. Una laurea, due lingue e sei o sette anni di lavoro come dipendenti nella nostra o in altre aziende. Poi da operai di III livello saliranno di grado. E fra loro le donne saranno la maggioranza”. Erano quasi tutte donne i dipendenti della prima fabbrica, le “snocciolatrici” che nel cortile di Borgo Panigale liberavano le amarene dal nocciolo. Quasi tutte donne – in camice bianco – nella nuova fabbrica di Anzola. La mostra del centenario resterà aperta fino all’8 dicembre. Ci sono anche i setacci con i quali si sceglievano le amarene della giusta misura. Uno schermo proietta gli spot di Carosello. “Capitano, lo possiamo torturare?”. Inutile insistere. Il segreto delle amarene sarà consegnato alla quinta generazione.
Jenner Meletti, Affari&Finanza – la Repubblica 23/11/2015