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 2012  dicembre 23 Domenica calendario

Il tormentone Cassa Depositi e Prestiti ci accompagnerà ancora a lungo, perché di sicuro il blitz sognato da Renzi, aizzato da Andrea Guerra, è fallito e la situazione è in piena ebollizione

Il tormentone Cassa Depositi e Prestiti ci accompagnerà ancora a lungo, perché di sicuro il blitz sognato da Renzi, aizzato da Andrea Guerra, è fallito e la situazione è in piena ebollizione. Ecco il dietro le quinte del braccio di ferro con le Fondazioni bancarie, che hanno il 18% della Cdp e per statuto hanno diritto a esprimere il presidente. Nell’incontro di ieri tra il presidente Franco Bassanini e il premier non ci sono stati inutili giri di parole. Il marito di Linda Lanzillotta ha ribadito, inflessibile, che lui risponde a chi ha fatto il suo nome, ovvero alle Fondazioni. In sostanza, “Se Giuseppe Guzzetti mi dice di lasciare, me ne vado in qualunque momento”. franco bassanini linda lanzillotta franco bassanini linda lanzillotta Lo spaccone di Rignano sull’Arno gli ha fatto notare che con Guzzetti ci sta parlando il ministro Padoan (il Tesoro ha il restante 80% della Cassa) e, certo, sarebbe brutto se tutti i consiglieri espressi dal ministero dell’Economia si dimettessero, perché sarebbe un segno di sfiducia nei confronti del presidente. Pronta la risposta di Bassanini: dover andare via un anno prima della scadenza del mandato è già di per sé un segno di sfiducia quindi di che stiamo parlando? GORNO TEMPINI GORNO TEMPINI Respinto su questo punto, Renzi ha provato a spostare il tiro sull’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, addossandogli la colpa di essere “un signor no” che blocca tutto. “Io ho sempre avuto massimo rispetto di te – ha provato a dire il premier – , ma mi sembra che anche te e Gorno non sempre andiate d’accordo”. Bassanini lo ha ascoltato e se ne è andato. A casa in questi giorni, comunque, Bassanini è stato amaro. Alla moglie Linda ha detto: “Dopo questo sputtanamento sui giornali mi considero fuori. Lasciare un anno prima è segno di sfiducia nei miei confronti”. fabio gallia bernabo?? bocca fabio gallia bernabo?? bocca Nel frattempo Guzzetti giocava la sua partita a scacchi con il Tesoro. Fosse stato per lui, probabilmente avrebbe ceduto subito sul ribaltone, ma le altre fondazioni hanno puntato i piedi e gli hanno fatto notare che rischiavano di perdere la faccia. Uno degli argomenti che è risuonato nei conversari tra i capi delle fondazioni è stato questo: ma come, Renzi si è detto contrario al capitalismo di relazione, e poi alza sto casino per piazzare uomini del Giglio magico in Cdp? Guzzetti ha provato ad ammansire la fronda dicendo che si sarebbero incassati più dividendi, con il nuovo corso. Ma anche qui è stato respinto con questa argomentazione: in Cdp le Fondazioni hanno una missione da rispettare, i dividendi sono un di cui. alberica brivio sforza, claudio costamagna alberica brivio sforza, claudio costamagna GALLIA E GUERRA GALLIA E GUERRA Vista da Palazzo Chigi, in ogni caso, la faccenda è sempre più imbarazzante. Renzi è incazzato con i suoi consiglieri perché gli avevano detto che il ribaltone sarebbe stato una passeggiata. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua pazienza è stato scoprire che per far passare Fabio Gallia, rinviato a giudizio a Trani, tocca pure cambiare lo statuto della Cdp alla voce “requisiti di onorabilità”. GALLIA GALLIA Nello stallo che si è creato, testimoniato anche dal nulla di fatto nel cda di oggi della Cassa, quella vecchia volpe democristiana di Guzzetti ha partorito la sua proposta indecente al Giovin Signore di Palazzo Chigi. Dato che la nomina del presidente spetta alle Fondazioni, ecco il trucco del presidente Cariplo: gli enti indicano sotto banco a Renzi un nome, Renzi lo fa suo e ci mette il cappello sopra e poi le Fondazioni, casualmente, gli danno il via libera simulando viva sorpresa e grande plauso. Così l’ego del capo del governo è soddisfatto. Gaetano Micciche/’ Gaetano Micciche/’ E Guzzetti ha pronto anche il nome: Gaetano Miccichè, consigliere di Intesa Sanpaolo. Il profilo di banchiere di Miccichè sarebbe talmente ingombrante da togliere di mezzo la candidatura di Costamagna. Anche perché una coabitazione tra due personalità così forti, uno come presidente e l’altro come ad, è totalmente da escludere. “Volerebbero i piatti dopo cinque minuti”, dice chi li conosce bene.