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 2013  aprile 05 Venerdì calendario

L’accordo internazionale sul nucleare tra Iran, Usa e Europa, con il possibile superamento delle sanzioni nei confronti di Teheran, spiana la strada delle aziende italiane in vista di un’ipotetica riapertura del mercato del Paese

L’accordo internazionale sul nucleare tra Iran, Usa e Europa, con il possibile superamento delle sanzioni nei confronti di Teheran, spiana la strada delle aziende italiane in vista di un’ipotetica riapertura del mercato del Paese. Spazi enormi che per le imprese possono rappresentare un significativo balzo delle esportazioni. "Abbiamo da recuperare un export da 8 miliardi di euro l’anno che oggi si è praticamente azzerato, e sicuramente - se le sanzioni saranno abolite del tutto - Confindustria avvierà iniziative ad hoc: ma vorrei sottolineare che in questi anni abbiamo giocato d’anticipo per mantenere aperte le porte con Teheran, invitando spesso rappresentanti iraniani a fiere e manifestazioni", ha detto all’Adnkronos il vicepresidente di Confindustria con delega all’Internazionalizzazione Licia Mattioli. A seguire con attenzione i prossimi sviluppi della questione ci sono tutte le principali aziende italiane. In prima fila anche Eni che da sempre vanta ottimi rapporti con l’establishment iraniano. Nel caso le sanzioni dovessero definitivamente cadere – valuta l’azienda – sarebbe come rimettere in moto un motore già oliato, costretto però a rimanere fermo per alcuni anni. È anche vero però che nel frattempo, da quando le misure restrittive sono state introdotte nel 2006, al di là dei rapporti tra i due Paesi è anche l’intero contesto ad essere cambiato. A partire da un prezzo del petrolio in caduta libera che costringe inevitabilmente a ponderare con maggiore prudenza rispetto a un tempo ogni iniziativa imprenditoriale nel Paese. Prudenza che già si riflette nella pesante flessione del 14% negli investimenti annunciata a febbraio dall’amministratore delegato del cane a sei zampe Claudio Descalzi. Non solo petrolio però. Anche Finmeccanica, e la sua controllata Ansaldo Energia, vanta da sempre una presenza massiccia nel Paese dove ha installato molte turbine a gas possibile oggetto, un domani, di lavori di manutenzione. Attività che però si è arrestata con l’introduzione delle sanzioni”È una paese molto interessante sul quale crediamo ancora", spiegano fonti societarie all’Adnkronos. "C’è grande interesse per quello che succede, è l’attenzione resta molto alta. Ma è ancora presto”. La fine delle sanzioni rappresenterebbe anche una grande opportunità per il settore dell’auto che già a a livello interno sta registrando buoni segnali di crescita, con un boom della produzione del 32,9%, e che in caso di riapertura punta a raggiungere i due milioni di veicoli venduti. La stessa Fiat nel 2005 aveva siglato un accordo con il Pars Industries Development Fund per la costruzione di un nuovo impianto da 275 milioni di dollari in grado di costruire fino a 100 mila vetture l’anno del modello Siena. Progetto poi congelato dall’entrata in vigore delle misure economiche nei confronti del Paese. sanzioni iran A mettere in guardia sulle pesanti ricadute delle sanzioni per l’export italiano è stato lo scorso anno anche un report di Sace, la società pubblica che si occupa di assicurazione del credito per le imprese che operano all’estero. Fin dal primo anno dell’entrata in vigore delle sanzioni, si è registrata una contrazione dell’export del 19% con un picco del 25% tra il 2012 e il 2013. E sempre dal 2006, stima Sace, le misure “sono costate all’Italia una perdita di oltre 15 miliardi”, “di cui oltre il 60% accumulato nel solo periodo 2011-2013”. Per questo, si spiega formulando stime più mprudenti di quelle di Confindustria, “proiettando nel prossimo triennio la dinamica che avrebbe il nostro export in assenza di sanzioni, l’Italia riuscirebbe a registrare vendite per oltre 19 miliardi di euro, rispetto ai 3 miliardi che invece realizzerebbe qualora persistesse il regime sanzionatorio”.