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 2015  marzo 07 Sabato calendario

MASSIMO DI CATALDO: «LA MIA COLPA? ESSERE MASCHIO»

L’orrore arriva un pomeriggio in autostrada, guardando una foto su Facebook. È una pugnalata meschina. Più ingiusto di un colpo basso. Massimo Di Cataldo sta uscendo oggi da un incubo durato quasi due anni e ti racconta tutto con una lucidità che commuove. «Era luglio, era il 2013. Stavo andando in Versilia, per ritirare il premio Lunezia. Doveva essere un bel viaggio quando ho guardato il telefonino e mi è caduto il mondo addosso: c’era la foto della mia ex compagna con il volto tumefatto, il naso sanguinante, gli occhi pesti. Mi sono spaventato e preoccupato. Oddio - ho subito pensato - ma cosa le è successo? Poi, leggo che stava dando la colpa a me». L’incubo per il cantante inizia esattamente in quell’istante, anche se lui ancora non lo sa. La donna, che di mestiere fa la visual artist, manda le foto del suo volto tumefatto per le presunte violenze ai giornali, alla Sony. E come un incendio che divampa, le immagini choc rimbalzano ovunque. È un lampo. Lei che sotto alle foto scrive: «Questa volta le botte me le ha date al punto da farmi abortire il figlio che portavo in grembo». Sono i giorni in cui si parla di femminicidio. È l’argomento del momento: donne maltrattate da uomini vigliacchi e violenti, la paura di denunciare. Le foto del volto sfigurato da parte di un personaggio famoso, sono lo spunto perfetto per i media, lei che aggiunge: «Ti regalo la possibilità di fare un Upgrade. Quello di diventare finalmente un Uomo. E non lo faccio per rabbia ma per la nostra piccola Rosalù che ha bisogno di un padre e non di un fratellino piccolo e violento. Buona vita Massimino e buon premio Lunezia. Premieranno il tuo grande onore nei confronti di noi donne tutte».
Ci sono voluti 16 lunghissimi mesi per far emergere la verità. L’avvocato Daniele Bocciolini, il difensore del cantante, ha ottenuto l’archiviazione dell’indagine: il gip di Roma ha stabilito che non fu lui a provocare l’aborto di Anna Laura Millacci, che quelle foto erano un falso.
È finito un incubo?
«È stato peggio di un incubo. L’orrore di una persona che urla la sua verità e nessuno lo ascolta perché convinti che dice il falso. Quel giorno di luglio la mia vita si è accartocciata, mi si è sgretolata tra le mani e la mia carriera con lei».
Quando ha realizzato cosa le stava capitando?
«Purtroppo subito. Il tempo di arrivare a destinazione, in Versilia. I fotografi erano già lì, i giornalisti schierati come in assetto di guerra. Tg1, Sky tg24, tutti aspettavano la loro preda che ero: io. Sceso dalla macchina sono stato preso d’assalto, tutti volevano una dichiarazione, sapere, far parlare il mostro. Erano tutti lì per l’artista che canta d’amore e che invece pesta a sangue la sua compagna. Può immaginarsi come mi sono sentito? Da artista celebrato che stava per ricevere un premio importante, al peggiore dei delinquenti».
Glielo hanno dato poi il premio?
«Si ma si immagini il clima che si respirava in quella sala. Io ero come alienato, la gente che mi guardava con occhi indagatori come a dire: “Ma cosa hai fatto? Come hai potuto? Chi sei?“. Avrei dovuto presentare una canzone nuova, un mio inedito ma non ho avuto il coraggio. Ero mortificato».
Cosa è successo dopo?
«È venuta la polizia. Fuori tutti volevano interviste, mi chiamavano a tutte le ore».
E lei come reagiva?
«Io usavo i social network per difendermi, per dire che non sapevo niente, che ero innocente. Ma mi sembrava di lanciare un sassolino in mezzo al mare».
Litigavate spesso?
«Non era un bel periodo, ci eravamo appena lasciati. Io me ne ero andato da poco, ma mi sembrava abbastanza serena. Niente che lasciasse intuire tutto questo. Ma ripeto, io ad Anna Laura non l’ho mai sfiorata. L’ho sempre detto. Sempre».
Ha trovato sostegno tra i suoi colleghi?
«Poco purtroppo. Dalla maggior parte di loro c’è stato solo silenzio, anche se con altri l’amicizia è diventata più forte».
Nessuno in sua difesa?
«Pippo Baudo. In un’intervista ha detto che gli dispiaceva per la ragazza ma che conosceva bene me, che sapeva che ero un ragazzo per bene, una brava persona. Mi ha commosso perché è stato davvero un piccolo grande gesto. Una luce nel buio dello sconforto».
Cosa le ha fatto più male?
«La paura che non mi credessero, che vedessero una persona orribile, che vedessero quello che non sono mai stato. Questa vicenda ha avuto anche risvolti tragicomici. Paradossali direi».
E qui finalmente Massimo Di Cataldo sorride suo malgrado, è il sorriso di chi è passato in mezzo alla tempesta e l’ha superata.
«Una mattina mi sveglio e su Rai1 vedo che parlano di femminicidio. E io ero il protagonista della trasmissione. C’era la mia faccia a tutto schermo, le mie canzoni in sottofondo da colonna sonora e accanto le foto di Anna Laura sfigurata. Come in un brutto scherzo vedevo parlare di me come di un uomo brutale, un violento, me ne hanno dette di tutti i colori. Per i media ero perfetto. Io ero a casa che guardavo la tv allibito. Un accanimento».
Una violenza al contrario.
«Esattamente. Sono stato prima la vittima della mia ex compagna, e poi dei giornali. Una giornalista, Selvaggia Lucarelli, si è subito schierata con la mia ex, il colpevole a priori ero io, per partito preso, solo perché ero maschio. Non è violenza questa?».
Se lei fosse stato donna non sarebbe successo?
«Credo di no. Avrebbero avuto tutti più compassione. Se non altro il beneficio del dubbio».
Come hanno reagito i suoi fan?
«Nel complesso bene, mi hanno sostenuto e mi sono stati vicini. Ma ho ricevuto minacce pesanti, “Se ti incontro per strada ti spacco le ossa“, “Prenditela con uno grosso come me“, “ti ammazzo“. Non uscivo più di casa».
Quanto gli è costato tutto questo?
«Dal punto di vista della carriera tantissimo. Il mio è un pubblico di donne, di famiglie, la mia immagine era compromessa. La mia credibilità messa in discussione. Mi sono fermato, ho perso date, concerti. E dal punto di vista umano un danno enorme. Mia figlia allora aveva due anni. Il giorno dopo questa bella trovata Anna Laura era sparita nel nulla portandosi via mia figlia. Per mesi poi ho potuto vederla secondo il suo umore. Oggi per fortuna va meglio».
Il momento peggiore?
«La polizia che va a casa dei miei, mio padre che prende uno choc. Ne soffre a tal punto che gli viene un infarto».
Oggi cosa fa?
«Ricostruisco. La mia immagine prima di tutto. Sto facendo un album, un inedito uscirà prima dell’estate. Vivace, solare. Per mettere davvero la parola fine a questo brutto tiro mancino».
Cosa prova per lei oggi?
«Mi dispiace per lei».
Perché l’ha fatto?
«Ancora oggi non riesco a capirlo. L’equilibrio psicologico di una persona è delicato»
Cosa le è rimasto di tutta questa vicenda?
«Oggi insieme all’associazione Senza veli sulla lingua racconto la mia storia, perché è vero che c’è tanta violenza sulle donne, ma ci sono anche donne che fanno tanto male agli uomini. La violenza non è solo di genere. Il 28 marzo sarò a Segrate, in provincia di Milano per parlarne».