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 2014  gennaio 29 Mercoledì calendario

VEDRETE, CON IL PETROLIO LOW-COST L’ENEL TORNERÀ A CRESCERE


[Francesco Starace]

Quasi quasi al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan converrà tornare a fare un pensierino sulla vendita di una quota dell’Enel. Il progetto, che potrebbe riguardare il 5 per cento del gruppo elettrico con un incasso per lo Stato di un paio di miliardi, era stato sospeso dopo il deludente andamento del titolo nella seconda metà del 2014.
Ma ora sull’Enel (80 miliardi di fatturato) le nubi sembrano diradarsi: come spiega l’amministratore delegato Francesco Starace in questa intervista, il calo del prezzo del petrolio ha un effetto positivo sul gruppo, perché dovrebbe stimolare l’economia e quindi far ripartire i consumi elettrici. E non è l’unico fattore che gli analisti finanziari guardano con favore: c’è anche l’effetto-Starace, ovvero le mosse che il manager, approdato al vertice dell’Enel in maggio, sta facendo per aumentare l’efficienza di un gruppo gravato da una quarantina di miliardi di debiti. Riorganizzazione aziendale, razionalizzazione degli investimenti, vendita di attività all’estero le linee di azione. Ma anche sviluppo di nuovi progetti all’estero: in Africa, per esempio.
Il petrolio ha dimezzato il suo prezzo nel giro di sei mesi, però le aziende non vedono scendere altrettanto rapidamente il prezzo dell’elettricità. Perché?
Il legame tra l’andamento del prezzo del petrolio e il prezzo dell’elettricità non è più così ovvio come una quindicina di anni fa: oggi per produrre elettricità in Italia si usa meno olio e più carbone, rinnovabili, gas, il quale a sua volta si sta sganciando dalle quotazioni del greggio. In verità, le imprese italiane hanno già beneficiato di un calo del prezzo dell’elettricità, perché il gas ha anticipato i ribassi del petrolio. Ma consideri che nella bolletta la materia prima conta circa per un terzo, il resto è rappresentato da servizi di rete, tasse e altri oneri.
E che impatto ha la caduta del prezzo del petrolio sui conti dell’Enel?
Dipende da molti fattori, ma dovrebbe avere un impatto positivo, anche se non direttamente, perché un calo del prezzo del greggio significa una spinta alla ripresa dell’economia, che a sua volta potrebbe far risalire i consumi di elettricità.
In effetti in un anno il titolo dell’Enel è cresciuto del 18 per cento...
La crescita è legata alla valutazione positiva dei mercati sui paesi in cui noi operiamo. Non c’è invece correlazione tra l’andamento del titolo e i prezzi delle commodity.
Dal 2008 al 2009 i consumi di elettricità in Italia sono crollati, tornando indietro di otto anni. Poi hanno recuperato, ma sono ancora sotto di un 10 per cento rispetto a sei anni fa. E intanto l’Italia si trova ad avere una capacità di produzione elettrica doppia rispetto ai consumi: secondo lei, torneremo ai livelli pre-crisi?
Penso di sì, grazie alla ripresa dell’economia e alle conseguenti dinamiche demografiche, immigrazione inclusa.
Immigrazione?!
Certo: lo sa che con la crisi iniziata nel 2008 per la prima volta in Italia sono diminuiti i consumi domestici di elettricità? Un fatto storico, provocato anche dal calo dell’immigrazione e dal parallelo aumento dell’emigrazione dal nostro paese.
L’esplosione delle rinnovabili, il boom dello shale gas americano, la caduta del prezzo del carbone, ora il crollo del petrolio: ammetterà che il quadro in cui operate è un ben complicato...
Nel nostro settore i cambiamenti ci sono sempre stati, e quello che oggi appare una rivoluzione, come le energie rinnovabili, in realtà sarà la normalità di domani. Però è vero che si sono accorciati i tempi tra l’avvento di una tecnologia e di quella successiva, dal carbone al petrolio, al gas, al nucleare e così via.
Gettiamo uno sguardo verso il futuro: che innovazioni vede all’orizzonte?
Intanto penso che per ragioni ambientali si farà un maggiore uso dell’elettricità: per esempio per riscaldare gli immobili o per caricare le auto elettriche, sempre più diffuse. Poi ci sarà una crescente autoproduzione di energia, grazie ai pannelli solari e alle altre tecnologie che consentono di produrre elettricità in casa propria. E infine sarà possibile accumulare l’energia generata dagli impianti rinnovabili: proprio l’Enel sta sperimentando in Italia e all’estero nuove tecnologie per steccare l’elettricità in apposite grandi batterie.
E per quanto riguarda le vecchie tecnologie, come carbone o nucleare, che cosa prevede?
Costruire nuove centrali a carbone è sempre più difficile, anche perché la cattura dell’anidride carbonica è una tecnologia ancora non competitiva e temo che finirà su un binario morto. Cercheremo quindi di far lavorare al meglio gli impianti a carbone che abbiamo, migliorandone le prestazioni. Il nucleare, invece, è in un cul de sac: c’è un grande ripensamento a livello globale dopo l’incidente di Fukushima. Dovrebbe arrivare una tecnologia completamente nuova per riaprire il discorso.
Ci sono novità sulla rete elettrica?
È proprio la rete che ha fatto il più grande cambiamento, e se ne parla sempre troppo poco. Dal 2002 l’Enel ha digitalizzato la sua rete e questo ha prodotto una rivoluzione che ha pochi altri esempi nel mondo. Il tema è un po’ tecnico, ma le basti sapere che ben pochi altri sistemi avrebbero potuto sopportare l’arrivo di 600 mila impianti rinnovabili senza avere alcun serio problema. E l’evoluzione continua: nei prossimi anni cambieremo ancora i contatori degli italiani per aumentare i servizi a loro disposizione. L’Italia in questo campo è davvero molto avanti.
Il piano di dismissioni varato in questi mesi per fare cassa e ridurre i debiti vede una ritirata dell’Enel da Slovacchia e Romania e in parte dalla Francia. E invece dove pensate di investire?
Noi investiamo in paesi che devono avere tre caratteristiche: devono avere prospettive di sviluppo economico e demografico tali da far prevedere un bisogno crescente di energia; devono avere molteplici risorse naturali, come vento, sole, gas; devono avere un sistema regolatorio affidabile.
Un identikit che corrisponde all’America Latina, dove già siete presenti (e dove Luca D’Agnese ha sostituito il dimissionario Luigi Ferraris), ma anche ad alcuni paesi africani...
Proprio così, l’Africa è la nostra prossima frontiera: a partire dal Sudafrica e dal Nord Africa. Le dimissioni di Ferraris mi rattristano, ma rispetto e comprendo la sua scelta, dettata da motivazioni familiari. Abbiamo la fortuna di avere un team manageriale molto forte e con una straordinaria esperienza che ci consente di scegliere tra molte opzioni, sia nell’immediato per l’America Latina, sia in futuro per nuove aree geografiche.
Il 18 marzo presenterà il suo primo piano industriale: i temi portanti?
Il cambiamento organizzativo del gruppo, con cinque nuove divisioni globali dotate di forte autonomia, che dovranno coordinarsi nei diversi mercati con quattro responsabili delle rispettive aree geografiche. Una riorganizzazione che consentirà di ottenere ulteriori risorse da investire nella crescita, attraverso una razionalizzazione degli investimenti: un modello di successo già applicato in Enel Green Power, che garantirà all’Enel di avere flussi di cassa più efficienti e veloci.