Maurizio Molinari, La Stampa 24/1/2014, 24 gennaio 2014
SALMAN, IL NUOVO RE DELL’ARABIA STRETTO FRA I NEMICI IRAN E JIHAD
La morte del novantenne re Abdullah porta alla guida dell’Arabia Saudita il fratello Salman bin Abdul Aziz Al Saud, 79 anni, che nelle prime ore di regno compie gesti e pronuncia messaggi rivelatori delle proprie intenzioni: consolidare la monarchia e rafforzare la coesione fra sunniti per sfidare gli avversari, jihadisti e iraniani, suggellando il ruolo di Riad come maggiore potenza regionale in Medio Oriente, con ambizioni globali.
La sfida ai jihadisti
La prima decisione di Salman riguarda la linea di successione. Il suo erede, nuovo principe ereditario, già designato da Abdullah è il fratello Muqrin, 69 anni, che però non fa parte dei «Sudahiri Seven», i sette figli avuti dal fondatore Abdulaziz con la moglie preferita. A Salman spetta la decisione di indicare il successore di Muqrin, vice principe ereditario. Ed è una svolta storica per l’Arabia in quanto si tratta, per la prima volta, di un esponente della seconda generazione, scegliendo fra i nipoti del fondatore. Salman indica Mohammed bin Nayef, 55 anni, ministro dell’Interno, nemico giurato dei jihadisti. Nel 2009 Anwar al Awlaki, leader di Al Qaeda in Yemen, tenta di eliminarlo inviandogli un reporter-kamikaze con una bomba miniaturizzata nel retto: bin Nayef sopravvive all’esplosione e da quel momento bracca ogni gruppo fondamentalista, dai Fratelli musulmani a Isis. Diventando la bestia nera dei jihadisti. Promettergli la corona significa far capire che Riad si prepara a un lungo conflitto.
Potenza regionale
Il secondo gesto del nuovo sovrano, ministro della Difesa uscente, è un messaggio ai 30 milioni di sudditi come ai leader della regione che pronuncia in tv: «Continueremo ad aderire alle giuste politiche seguite sin dalla creazione del regno» perseguendo «maggiori coesione e solidarietà nelle nazioni araba e islamica». Ciò significa che sul fronte interno Salman - noto per carattere moderato e capacità nel trattare - è disposto a riforme ma senza snaturare il regno wahhabita mentre in ambito regionale ha l’ambizione di rendere «più coesi i sunniti» e tentare di gettare un ponte verso gli sciiti, ovvero implicitamente l’Iran.
La volontà di rafforzare il fronte sunnita è la chiave di un’idea di leadership regionale che si riflette nei gesti che arrivano dalle altre capitali arabe: Abdel Fattah Al-Sisi dichiara una settimana di lutto in Egitto e gli Emiri del Golfo sbarcano in fretta a Riad per partecipare alle esequie, veloci ed essenziali come l’Islam prevede per ogni fedele, sovrani inclusi. Saranno i prossimi mesi a dire se tale leadership sunnita porterà Riad ad alzare il profilo sui due conflitti in corso: per rovesciare Bashar al Assad in Siria e smantellare lo Stato Islamico del Califfo Abu Bakr al Baghdadi con la coalizione arabo-occidentale che proprio Salman ha contribuito a edificare.
Continuità sul greggio
L’apertura agli sciiti non implica concessioni strategiche all’Iran. Salman è stato negli ultimi anni uno dei più dichiarati oppositori del programma nucleare iraniano - portando tale messaggio da Washington a New Delhi, da Mosca a Pechino - e nel discorso alla nazione parlando di «continuità» intende anche il prezzo basso del greggio che mette l’Iran in difficoltà finanziarie. «Non ci saranno cambiamenti sul greggio né all’Opec» prevede Sadad al-Husseini, ex vicepresidente del gigante energetico Saudi Aramco, lasciando intendere che la sfida a Teheran continuerà con l’intento di far retrocedere l’Iran ovunque avanza: dalla Siria allo Yemen. Ma l’apertura agli sciiti resta e ciò suggerisce che forse proprio dallo Yemen nelle mani degli Houthi, Salman tenterà di siglare intese e compromessi con le minoranze sciite e forse anche con Teheran.
Annuncio via Twitter
A suggerire l’intenzione di Salman di sorprendere alleati e rivali c’è il twitter di 140 caratteri con cui lui stesso annuncia la successione. «Chiedo ad Allah di darmi il successo nel servire il mio popolo e realizzarne speranze» scrive il re, innescando una pioggia di migliaia di messaggi sui social network che riflette l’attesa da parte della metà di cittadini che ha meno di 25 anni.
Il tributo degli alleati storici
Intraprendenza e ambizioni di Salman sono anzitutto un messaggio a Washington sulla volontà di accelerare lo smarcamento dalla dipendenza politica Usa cercando un ruolo più attivo. Il presidente Barack Obama sembra comprendere l’atmosfera quando rende omaggio allo scomparso Abdullah definendolo «uomo dalle forti convinzioni», che spesso gli espose di persona con toni di estrema franchezza contestando le scelte Usa sull’Iran. Fra l’omaggio di presidenti, sovrani e capi di Stato spicca l’arrivo a Riad di Erdogan, il presidente turco sostenitore dei Fratelli musulmani invisi a Salman. Ma a svelare ancora di più cosa cova in Medio Oriente è Marc Schneier, il rabbino di New York, che svela l’amicizia a lungo segreta con lo scomparso Abdullah plaudendo al suo «ruolo» nel dialogo interreligioso e nel tentativo di comporre «non solo il conflitto israelo-palestinese ma anche quello arabo-israeliano». Ovvero, nell’eredità di Abdullah c’è anche l’intesa fra sunniti e Israele.