Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1956  ottobre 28 Domenica calendario

NAZIONALE - 02

gennaio 2015
CERCA
14/15 di 48
NAUFRAGIO NELL’ADRIATICO
LA GIORNATA
Indagati i vertici di Anek Lines “Imbarcate persone e camion in eccesso sulla Norman Atlantic” Ancora 11 dispersi, ma è giallo
Brindisi, oggi arriva il relitto: sopralluoghi nei garage in cerca di altri corpi Scontro Italia-Grecia sulle cifre. Un mese fa già un rogo sulla stessa rotta
GABRIELLA DE MATTEIS
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BARI .
L’inchiesta sul naufragio della Norman Atlantic si allarga. La procura, infatti, è orientata a iscrivere nel registro degli indagati anche il responsabile della Anek Lines, l’agenzia di navigazione greca che aveva a disposizione il traghetto. Sull’imbarcazione, infatti, c’erano più passeggeri di quanto erano consentiti e, puntualizzano gli uomini della Capitaneria di Porto, quella dell’ overbooking non è una procedura legale. Il pm Ettore Cardinali e gli uomini della Guardia Costiera sono al lavoro anche per identificare, al fine dell’iscrizione nel registro degli indagati, altri componenti dell’equipaggio del Norman Atlantic che avrebbero avuto ruoli di responsabilità nelle fasi di imbarco di passeggeri e mezzi e in quelle dell’evacuazione dopo il rogo. Per il momento le accuse di naufragio colposo e omicidio plurimo colposo vengono contestate al comandante del traghetto Argilio Giacomazzi e all’armatore Carlo Visentini. In queste ore si cerca anche di fare un bilancio preciso della tragedia. Sul traghetto viaggiavano 499 persone.
Secondo il dato ufficiale fornito dalla Guardia Costiera, il numero dei superstiti, tratti in salvo dal relitto in fiamme, è di 477. Undici, invece, sono i passeggeri deceduti, così come 11 risultano i dispersi. Numeri che ridimensionano quelli forniti dal procuratore Volpe che mercoledì aveva parlato di un centinaio di persone di cui non si hanno più notizie, non escludendo, però, che molti di loro potessero trovarsi a bordo di pescherecci diretti in Grecia. I dispersi invece sarebbero 18 secondo fonti greche che hanno chiarito come le liste dei passeggeri in possesso delle autorità italiane risulterebbero gonfiate a causa delle presenza di nomi duplicati o trascritti più volte con grafia diversa.
Intanto questa mattina il relitto della Norman Atlantic, trainato da due rimorchiatori, arriva nel porto di Brindisi dove nei prossimi giorni i vigili del fuoco si occuperanno delle procedure di messa in sicurezza.
Successivamente saranno avviati gli accertamenti disposti dalla procura. A bordo saliranno uomini delle forze di polizia che attraverso foto e filmati effettueranno una ricognizione all’interno del traghetto e cercheranno di recuperare la scatola nera.
Soltanto dopo scatterà una ispezione all’interno della stiva alla ricerca di eventuali cadaveri. Il sospetto, infatti, è che sul traghetto viaggiassero anche clandestini. Tre sono tra i superstiti della tragedia.

GIULIANO FOSCHINI

gennaio 2015
CERCA
14/15 di 48
NAUFRAGIO NELL’ADRIATICO
L’accusa: una parte dell’equipaggio ha abbandonato il traghetto prima dei passeggeri
GIULIANO FOSCHINI
ALL’INIZIO c’era solo qualche testimonianza, confusa, dei superstiti sbarcati tra Bari e Brindisi. Lo hanno raccontato due passeggeri italiani arrivati a Bari, poi lo ha confermato un inglese sbarcato a Brindisi e ancora altri due italiani arrivati con la San Giorgio. Ma dopo l’interrogatorio del comandante Giacomazzi, e dopo aver ascoltato tutto l’equipaggio, la procura di Bari si è convinta che a bordo non siano state rispettate le rigide regole del mare: non solo perché le «procedure di evacuazione della nave» non sono state effettuate come da protocollo, come si legge nel decreto di sequestro della nave. Ma anche perché qualcuno dell’equipaggio è scappato dalla nave in fiamme prima dei passeggeri. I nomi sono già sul tavoli dei magistrati che probabilmente nelle prossime ore procederanno all’iscrizione nel registro degli indagati.
LE LANCE DI SALVATAGGIO
Il problema nasce attorno alle quattro lance di salvataggio della Norman. Le scialuppe sono grado di trasportare 150 persone e reggere il mare anche in condizioni pessime come quello della notte tra 27 e 28 dicembre. Quindi avrebbero potuto ospitare tutti i passeggeri. E invece ne sono saliti non più di 60. Perché? Due lance — ha ricostruito la Capitaneria di porto di Bari — sono bruciate. Una è perduta, scesa senza nessuno a bordo, probabilmente per un errore dell’equipaggio o l’imprudenza di un passeggero. Una quarta è andata in mare. Ma con non più di 50 persone. E qui c’è il problema. Le procedure prevedevano che ogni lancia fosse gestita al massimo da 3 marinai, per un totale quindi di 12 persone dell’equipaggio. Nell’unica scesa a mare però semivuota ce n’erano almeno 5. Fuggiti mentre la loro nave andava in fumo. La circostanza è stata contestata al comandante che ha spiegato di essersi accorto della circostanza, perché a bordo mancavano alcuni dei 56 membri dell’equipaggio, ma che non ha «funzioni di polizia» sulla nave. «Io do disposizioni ma non posso fare nulla se non vengono rispettate».
IL RITARDATO ALLARME
Nel suo interrogatorio il comandante, difeso dall’avvocato Alfredo Lonoce, ha ammesso di aver lanciato l’allarme con quasi un’ora di ritardo. Ma che non è stato un errore. «Tra le tre e mezzo e le quattro è arrivato l’allarme incendio — ha spiegato in sintesi ai magistrati — ma abbiamo cercato di controllarlo. Pensavamo di farcela, ma invece il forte vengo ce l’ha impedito». Ha raccontato che sono entrati in funzioni sia lo spinkler ( i getti d’acqua dall’alto, circostanza confermata da alcuni passeggeri) sia la fuamite, la schiuma che dovrebbe bloccare le fiamme. Ma se è vero (come ormai pare certo) che l’incendio sia partito da uno dei tre piani del garage, era impossibile da fermare: troppo combustibile a bordo, con quelle cisterne cariche di oli vegetali. «Eppure si è riusciti a circoscrivere l’incendio — ha spiegato agli investigatori — È la prova che le porte tagliafuoco hanno retto: anche la numero 112, quella individuata come “ deficiencies” dal registro navale greco era stata riparata e ha tenuto. Se così non fosse stato, la nave sarebbe andata a fuoco nel giro di pochissimo. E dunque affondo».
“NON COME LA CONCORDIA”
Ecco, questo è un punto su cui il comandante ha insistito particolarmente. «Il mio obiettivo era non fare affondare la nave. Ci sono riuscito. E se non ci fosse stato quel tempo sarei riuscito anche a completare la navigazione», ha spiegato. Il passaggio non è di poco conto. Spiega, tra le altre cose la differenza tra il caso della Norman e della Concordia. «Quando abbiamo capito la portata dell’incendio il mio obiettivo era tenere in asse la nave». C’è stata una divisione in gruppi: una squadra antincendio, una al controllo fiamme, una alla lance di salvataggio e un’altra al controllo della stabilità della nave. Quest’ultima era la situazione più delicata perché, con tutto quel carico, tenere la linea di galleggiamento era fondamentale per non far inclinare e affondare la nave. Se così fosse stato, non ci sarebbe stato scampo per nessuno dei passeggeri a bordo.
IL SOVRACCARICO NEI GARAGE
Ma davvero la nave era troppo pesante? L’ overbooking inchioda la compagnia di navigazione. Perché se imbarcare più passeggeri del dovuto non è stato un problema principale per la sicurezza, comunque resta una grave irregolarità. «È come — spiega con un’efficace immagine un investigatore — quando fai un incidente perché ti scoppia una ruota. Poi però scoprono che sei anche ubriaco». Il garage era pieno all’inverosimile seppur nel carteggio di bordo vengono indicati due-tre stalli liberi. «Ma il bilanciamento del carico la nave aveva una sua stabilità di pesi» ha insistito il comandante con gli investigatori. «C’erano tutte le condizioni per la navigazione». Detto questo, però, anche il tema del carico atterrebbe alla Anek Lines: la compagnia aveva indicati i due a bordo che si occupavano sia dell’amministrazione, e quindi il responsabile dello sbigliettamento, e della “caricazione”.
LO SCIVOLO E LA FUGA DEI GRECI
È un fatto che le rigide misure di sicurezza che dovevano essere rispettate a bordo, sono state completamente disattese. Tutto quello che era previsto dal Safety Management Code è rimasto teoria. Non sono state indicazioni. E non è stato gestito il panico. Anche la prima delle vittime, l’uomo greco indicato al momento come parte lesa, sarebbe morto per una sorta di “imprudenza”. Avrebbe azionato da solo il Mes, un scivolo che doveva servire a fare da spola tra le navi passeggeri e le navi soccorso. Lo ha fatto da solo, senza che nessuno dell’equipaggio lo fermasse. Lui è rimasto incastrato, ed è deceduto. E lo scivolo a quel punto non ha più funzionato. Ma di chi è la colpa? Al netto di una tensione anche nelle operazioni di soccorso tra la parte italiana dell’equipaggio (che faceva capo all’armatore) e quella greca (che invece faceva riferimento alla compagnia di navigazione: non a caso subito dopo essere stati ascoltati a Bari, i greci sono praticamente fuggiti salendo la mattina presto a bordo della nave che è partita a Bari la sera del 31), ora le autorità aspettando di capire dal manuale di bordo i singoli ruoli dei marinai in modo tale da individuare eventuali responsabilità personali. Molto sarà andato in fumo, ma la scatola nera che verrà recuperata forse già oggi dalla Procura non appena riusciranno a salire a bordo della Norman chiarirà molti aspetti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA