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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

GRILLINI TRA ESPULSIONI E FUGHE. TUTTO GIà VISTO CON GIANNINI

Messa così, un grillino ortodosso può accusare Giorgio Napolitano, tra le tantissime cose, di portare pure sfiga. Fu Re Giorgio, infatti, a fare il paragone tra il Movimento 5 Stelle e l’Uomo Qualunque e a prevedere: “I partiti sono insostituibili. L’Uomo Qualunque sparì senza lasciare alcuna traccia”. Era il 2012 e il Colle – infrangendo peraltro la Costituzione che impone al capo dello Stato di rappresentare l’unità nazionale – schernì il successo pentastellato alle amministrative e disse di non aver sentito alcun boom. Da allora sono passati due anni e il Movimento 5 stelle dopo aver raggiunto il climax alle politiche del 2013, 163 parlamentari e più di otto milioni e mezzo di voti, ha iniziato un’allarmante parabola discendente, con tre milioni di voti in meno e 26 tra deputati e senatori andati via o espulsi su 163 iniziali. Un’emorragia che richiama appunto la meteora qualunquista del biennio 1946-1947.

L’UQ (che suona, in senso onomatopeico, quasi come il britannico Ukip) fu fondato da un napoletano col monocolo di nome Guglielmo Giannini, commediografo e giornalista. L’Uomo Qualunque fu dapprima un giornale, arrivato a vendere 850mila copie, e poi nel 1946 si ritrovò in Parlamento con quasi quaranta deputati, quinta forza politica. Nel ’47 esplose alle amministrative col venti per cento ma le faide interne e la contestazione al leader, ritenuto autoritario e dittatore, nel ’48 lo condannarono all’estinzione parlamentare, con appena cinque deputate alle politiche. Le analogie con il Movimento 5 Stelle sono tante e non solo perché Beppe Grillo ha iniziato con il blog ed è finito con i gruppi a Montecitorio e Palazzo Madama. La questione più evidente riguarda il processo di erosione e di autodistruzione che può investire una forza che nasce e prospera sull’antipolitica. I qualunquisti fondevano comunisti e fascisti nel nomignolo di “cameragni”, camerati più compagni, Grillo invece ha scovato la formula “Pdmenoelle”, riferita al Pd. L’effetto è lo stesso ma quando poi il gioco diventa parlamentare, cioè politico, la cosiddetta purezza delle origini deve fare i conti con le ambizioni personali, l’arrivismo, la democrazia interna.

L’Uq aveva un’anima profonda di destra e si squassò sulla tentazione di dare la fiducia all’esecutivo dello statista dc Alcide De Gasperi, dopo che gli aiuti americani del piano Truman estromisero il Pci dal governo. Giannini voleva fare blocco con le sinistre per far cadere De Gasperi ma questo scatenò la rivolta interna dei pretoriani, che accusarono di autoritarismo il leader dell’Uq e votarono comunque la fiducia al premier democristiano. In pratica, l’antipolitica si fece partito con tutti i difetti del professionismo della politica. Quasi settant’anni dopo, il punto di partenza è sempre lo stesso, la purezza delle origini, ma lo svolgimento grillino è stato opposto per tenersi lontani dalle trattative e dalle tentazioni. Tuttavia, il problema dell’erosione è rimasto intatto. Anche perché perdere una percentuale di parlamentari superiore al 10 per cento innesca storicamente una dinamica di dissoluzione. Importante notare, poi, come il flusso di questa continua scissione grillina è pressoché unilaterale, verso l’area di governo e di centrosinistra, e conferma il fastidio per un’inclinazione populista e isolazionista dei vertici. Come nel caso dell’Uq, il punto di rottura totale potrebbe avvenire tra il leader e il gruppo parlamentare.

Per un partito radicare e sviluppare il consenso è sempre un’operazione complessa. La politica è una scienza esatta ed è forse utile ripassare un po’ le cronache repubblicane, antiche e nuove. Nell’ultimo ventennio, per esempio, l’unica forza nuova e antipolitica che ha resistito allo stillicidio delle espulsioni e delle scissioni è stata la Lega, basata a lungo su una gestione leninista del capo, Umberto Bossi. Al contrario, il vero declino di Silvio Berlusconi, che inizialmente fu un altro fenomeno di antipolitica, ha il marchio di due scissioni e mezzo in soli quattro anni: i finiani di Fli, gli alfaniani di Ncd e adesso i ribelli fittiani.

A FRONTE di espulsi e fuoriusciti, perlopiù senza futuro politico, l’unico dato che può rincuorare Grillo è la percentuale ancora alta nei sondaggi, intorno al venti per cento. Ma senza una selezione darwiniana della classe dirigente (e non un direttorio calato dall’alto), quel venti per cento produrrà la prossima volta meno parlamentari del 2013, che a loro volta saranno protagonisti di altri dissidi e polemiche. E così via in un circolo vizioso che terminerà con l’estinzione del movimento. Un’incognita pesante è infine il ruolo di Grillo. Quanto pesa il suo volto? Scelta civica, nel giro di un anno, senza Monti è passata dall’8 per cento allo zero e qualcosa. La mobilità del voto e l’astensionismo sono un miscuglio micidiale, senza considerare le sirene della nuova Dc di Matteo Renzi.