Elisa Conti, Pagina99 20/12/2014, 20 dicembre 2014
IL SIGNORE DEGLI UCCELLI
Esistono una sola nazione e un solo continente non abitati da polli: lo Stato del Vaticano non ha un pollaio e importa cosce e petti dall’estero, cioè dai negozi di Roma. In Antartide un trattato internazionale vieta l’introduzione di galline e simili, per proteggere i pinguini da malattie contagiose. «Ma le eccezioni confermano la regola: dalla Siberia al Vietnam, il pollo è l’animale più diffuso sulla Terra, con circa 20 miliardi di esemplari, 3 per ogni essere umano», spiega Andrew Lawler, autore di Why Did the chicken cross the world (Atria Books), saggio dedicato al volatile. «Per fare un paragone, assommando tutti i gatti, cani, maiali, topi e mucche del mondo, il totale non eguaglia i polli. Eppure il pollame è praticamente invisibile nel mondo civilizzato: negli Stati Uniti non ha neppure lo status di "bestiame" se viene allevato a scopi alimentari».
Proprio partendo da questa mancata considerazione, Lawler ha deciso di ripercorrere le rotte dei volatili, da quelle odierne dello smembramento globalizzato (Usa e Regno Unito prediligono il petto, la Turchia le interiora, i cinesi le zampe, gli olandesi le ossa) alle più arcaiche, grazie alle quali un uccello originario del sud est asiatico è riuscito a dominare (numericamente) il mondo. E così ha scoperto che il pollo, per l’umanità, è stato molto di più di un pasto a buon mercato.
Tanto per cominciare, vanta un’ascendenza di tutto rispetto: secondo studi condotti su un reperto di 68 milioni di anni fa, «in pratica il Tyrannosaurus Rex era un colossale gallinaceo, un’idea già accettata dai paleontologi», spiega Lawler. In ambito religioso, poi, il pennuto ha ispirato una duratura devozione: «I cultori di Zoroastro lo ritenevano un essere sacro e superiore, al punto che la sua cresta pare aver ispirato il più antico simbolo della regalità, la corona merlata», racconta il giornalista. In Grecia i polli erano associati a varie divinità: per i seguaci di Mitra erano creature speciali da sacrificare nelle cerimonie. I romani, prima di una battaglia, si affidavano al responso dei polli sacri (osservando quello che potremmo chiamare un exit poll ante litteram).
Per secoli, inoltre, grazie al suo canto all’alba, assai utile in un’epoca priva di orologi, il gallo si è imposto come icona del risveglio, del coraggio e della resurrezione dall’Europa al Giappone. «Alcuni studiosi ritengono che il merito vada alla conformazione fisica del gallo, simile all’antica lampada a olio, la più comune fonte di luce all’epoca. Altri, al fatto che il suo verso induca gli uomini ad alzarsi e produrre».
In ogni caso, le religioni vanno, i polli restano. Anche perché quelli che in Grecia erano animali sacri ad Asclepio, il dio della medicina, in epoche di maggiore scientificità sono diventati fornitori di potenti supporti terapeutici. Ossa, interiora, penne, creste e zampe comparivano già nelle antiche ricette contro emicrania, asma, infertilità e anche oggi vengono usati dall’industria farmaceutica. Dalle uova infatti si ricava il vaccino anti-influenzale che ogni anno viene proposto negli ambulatori, anche se, paradossalmente, proprio dal pollame è scaturita la minaccia pandemica della cosiddetta "influenza aviaria". I tessuti della cresta, invece, sono ricchi di acido ialuronico, un composto anti infiammatorio che agisce contro l’artrite e le rughe, ampiamente usato nei preparati della Pfizer e nei gel simili al Botox della rivale Genzyme. E la carne contiene cisterna, un aminoacido presente nei medicinali antibronchite.
Per quanto forniscano materia prima al comparto farmaceutico, per converso i polli ne diventano il bersaglio in due casi: quando devono aumentare di peso e devono aumentare le vincite. «Il doping non è una rarità nel combattimento tra galli, il cui giro d’affari è enorme», spiega Lawler. «Nelle Filippine, il solo indotto da lavoro a oltre 2 milioni di persone, più di quante ne impieghi il governo. Per non parlare del denaro legato alle scommesse». Quanto all’aumento di peso, è un’esigenza dell’industria alimentare che predilige gli incroci a maggiore redditività. Come per le auto, infatti, quasi ogni anno il mercato sforna nuovi "modelli" di pollame, dal Ross 308 al Cobb 500, il tipo «con il vantaggio competitivo del più basso costo per chilo».
La genetica, la dieta e gli antibiotici producono i superpolli di oggi. Negli anni ’50 un galletto pesava meno di un chilo; oggi ne pesa 4. L’incremento numerico, altrettanto impressionante, è l’esito di un grande "balzo in avanti" iniziato a fine ’800 per effetto dell’inurbamento massiccio, che richiedeva la disponibilità di più cibo. Grazie all’invenzione di incubatrici per le uova, in soli 10 anni, ovvero dal 1880 al 1890, negli Usa si è passati da 100 milioni di polli e 5.5 miliardi di uova a 280 milioni di pennuti e 10 miliardi di uova. L’aumento della produzione, possibile grazie ad allevamenti intensivi, e la conseguente caduta del prezzo di questo tipo di carne rispetto alle altre ne hanno aumentato interiormente il consumo.
«Oggi vengono prodotte quasi 90 milioni di tonnellate di carne l’anno, il doppio di 20 anni fa. Nella storia nessun altro alimento ha conosciuto un aumento paragonabile, se non il succo concentrato di arancia», sancisce Lawler. Di tutti i misteri sollevati dal pollame, comunque, gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegarsene due: perché associamo la prestanza maschile al gallo (noi diciamo «fare il galletto», in inglese cock, gallo, indica il pene), che è privo di fallo. E perché riteniamo stupide le galline: il neuroscienziato italiano Giorgio Vallortigara ha dimostrato che i pulcini sanno fare appena nati le addizioni e le sottrazioni che noi risolviamo a 4 anni. Inoltre riconoscono le facce, capiscono la geometria e modulano i versi a seconda del destinatario. Sta a vedere che alla fine siamo noi a far ridere i polli.