Notizie tratte da: Didier Lett # Uomini e donne nel Medioevo # Il Mulino 2014 # pp. 272, 22 euro., 23 dicembre 2014
Notizie tratte da: Didier Lett, Uomini e donne nel Medioevo, Il Mulino 2014, pp. 272, 22 euro. Vedi Libro in gocce in scheda: 2299927Vedi biblioteca in scheda: mancaCinque ragioni, secondo i Padri della Chiesa, per cui fin dall’origine l’uomo è superiore alla donna: Dio ha creato Adamo prima di Eva; poi Eva procede dall’uomo poiché è stata concepita a partire da lui; la donna non è creata a immagine di Dio, come Adamo; è stato Adamo a dare un nome a Eva, così come ne aveva dato uno a ogni animale; solo Eva è responsabile della Caduta perché si è fatta tentare per prima
Notizie tratte da: Didier Lett, Uomini e donne nel Medioevo, Il Mulino 2014, pp. 272, 22 euro.
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Cinque ragioni, secondo i Padri della Chiesa, per cui fin dall’origine l’uomo è superiore alla donna: Dio ha creato Adamo prima di Eva; poi Eva procede dall’uomo poiché è stata concepita a partire da lui; la donna non è creata a immagine di Dio, come Adamo; è stato Adamo a dare un nome a Eva, così come ne aveva dato uno a ogni animale; solo Eva è responsabile della Caduta perché si è fatta tentare per prima.
Eva è la trascrizione dell’ebraico havvah, la vita.
Graziano, nel Decretum (1140 circa): «La donna deve coprirsi la testa poiché non è a immagine di Dio; ma deve portare quel segno per mostrarsi sottomessa e perché ha preso l’iniziativa del Peccato».
Secondo Ruperto di Deutz i peccati della donna «sono tre volte più numerosi di quelli dell’uomo»: «Prima di tutto è stata sedotta perché ha dato ascolto al serpente più che a Dio. Poi ha voluto deliziarsi con la bellezza e la dolcezza del frutto. E da ultimo, non contenta di quella trasgressione, dopo aver mangiato il frutto l’ha anche dato all’uomo».
«La donna è stata tratta dal fianco dell’uomo affinché fosse chiaro che era stata creata per un’unione d’amore. Nessuno doveva pensare, qualora fosse stata fatta con la testa dell’uomo, che doveva essergli preferita nel comando, oppure che, se fosse stata fatta con i piedi, che doveva essere ridotta in servitù. Infatti all’uomo non è stata data né un’amante né una schiava ma una compagna; perciò non doveva essere tratta né dalla testa né dai piedi ma dal fianco, affinché capisse che doveva mettersi al suo fianco» (Ugo di San Vittore).
I teologi, commentando la creazione di Eva, non usano mai parole che rimandino alla nascita o alla generazione: non è pensabile che Adamo sia il padre di Eva e che tutta l’umanità sia frutto di una relazione incestuosa.
Nel Medioevo le differenze tra uomo e donna si spiegano anche con la teoria degli umori di origine ippocratica: la forza e l’intelligenza dell’uomo dipendono dalla sua complessione «calda e secca». La donna è «fredda e umida»: di qui la sua fragilità e la timidezza. L’uomo, invecchiando, si raffredda e diventa umido anche lui, quindi si femminilizza.
I mestrui, «flussi segreti chiamati fiori», derivano da una mancanza di calore. Questo, invece, presente in abbondanza nell’uomo, riesce a trasformare il cibo e il sangue in sperma.
Per Ildegarda di Bingen l’uomo flemmatico quasi non merita il nome di uomo: la sua carne è simile a quella della donna e ha difficoltà a controllare l’eiaculazione. Le donne flemmatiche, invece, sono mascoline: hanno vene grosse, sangue generoso, volto serio con un po’ di barba, controllano con difficoltà l’appetito sessuale.
Il De spermate teorizza che il concepito sarà maschio se al momento del coito il seme dell’uomo finisce nella parte destra dell’utero, mentre sarà femmina se va nella parte sinistra. Se cade nel mezzo il bambino può avere entrambi i sessi.
Pietro Cantore nel De vitio sodomitico (XIII secolo): «La Chiesa autorizza un ermafrodito a servirsi dell’organo che gli dà le emozioni più forti e che in lui/lei è più reattivo. Se lui/lei è più attivo/a (sensuale), sposerà una donna, se è più passivo/a, sposerà un uomo. Se tuttavia lui/lei non provasse soddisfazione con un organo, non potrà mai usare l’altro ma dovrà osservare per tutta la vita il celibato per evitare qualunque somiglianza con l’inversione dei sodomiti che Dio ha in orrore».
Siccome alla donna fa difetto il calore vitale, ha dovuto tenere all’interno quegli organi che nell’uomo sono esterni: la vagina è l’equivalente del pene, l’utero dello scroto, le labbra del prepuzio, le ovaie dei testicoli eccetera.
I medici medievali non riuscirono a capire a cosa servisse il clitoride, perché non aveva un corrispettivo nel corpo maschile.
Secondo le teorie galeniche, le emorroidi nell’uomo sono il corrispettivo del mestruo: sono dovute a un eccesso di sangue nel corpo. Il salasso, imitazione delle mestruazioni, restituisce la salute.
La donna anziana in menopausa trattiene tutti i suoi umori e diventa velenosa.
Secondo Alberto Magno gli uomini invecchiano per colpa dei rapporti sessuali troppo frequenti, le donne per le troppe gravidanze.
La maternità costituisce virtù quasi mascoline. La perfetta fattrice, secondo Maino de’ Maineri, «deve avere un buon corpo, il collo robusto, il torace grande e ampio, deve avere buoni muscoli, la pelle dura e le vene grosse e un aspetto esteriore a metà tra magrezza e floridezza».
Condanna generale per chi si accoppia con una donna mestruata: si rischia di far nascere bambini lebbrosi o affetti da gravi malattie.
Paucapalea, discepolo di Graziano: «La donna è la sola creatura mestruata che, con il contatto del suo sangue, impedisca ai frutti di maturare, trasformi il vino in aceto, ossidi il ferro e faccia oscurare l’aria. Se i cani leccano quel sangue, contraggono la rabbia».
Per Aristotele la donna durante il mestruo intorbida lo specchio in cui si rimira.
Nel Medioevo erano convinti che le donne si ubriacassero meno facilmente degli uomini perché si purificano spesso con le mestruazioni.
Egidio Romano: «Tutti sanno che le donne di facili costumi sono più sterili delle altre».
Il corpo umano perfettamente proporzionato è alto come nove teste sovrapposte: una è la testa stessa, due corrispondono al tronco, una al ventre, due alle cosce e due ai polpacci. Ciò vale solo per l’uomo. Dice Cennino Cennini: «Della donna non parlerò, perché nessuna delle sue misure è perfetta».
Il cuore più caldo degli uomini è la causa del loro petto più ampio. Il cuore delle donne è più freddo e necessita di meno spazio. Il loro torace più piccolo, è la causa della voce acuta: l’aria, costretta dalla trachea, è espulsa con maggior forza.
La parte inferiore del corpo delle donne è più ampia rispetto all’uomo perché deve sopportare il peso della gravidanza.
Il medico Michele Savonarola spiegava che le padovane e le bolognesi, più tozze, partoriscono più facilmente delle ferraresi, dalle figure più slanciate.
Egidio Romano nel De regimine principum (1285): «Poiché l’anima segue la complessione fisica, le donne che hanno un corpo morbido e instabile sono instabili e cangianti anche nella volontà e nei desideri».
Juan Ruiz (XIV secolo), arciprete di Hita, dà consigli a chi voglia trovare la donna ideale: «Slanciata e snella, piccola di testa, capelli color d’ambra, ma non rossicci tinti; sopracciglia divise, lunghe, alte, ben arcuate; larghetta di fianchi. Occhi grandi e belli, stellanti, luminosi, e dalle lunghe ciglia nitide e ridenti; orecchie piccole, delicate; alto il collo; naso affilato, denti piccolini ed un poco appuntiti; vermiglie le gengive e vermiglie le labbra della bocca, e sottili. Bianco sia il viso, senza peli, chiaro e liscio; cerca di aver donna che tu possa vederla senza camicia, ché la figura del corpo ti dirà: “Ecco, che amore!”».
La principale punizione per una donna adultera era il taglio dei capelli.
Qualunque modifica del corpo, maschile o femminile, creato a immagine e somiglianza di Dio, è considerata peccato. Perciò i predicatori medievali denunciavano i belletti, i cosmetici, gli unguenti e le creme depilatorie.
Nel Livre des manières, scritto tra il 1174 e il 1178, Étienne de Fougère contro quelle che usavano una pasta depilatoria a base di calce viva: «Da puttane si rifanno vergini, da brutte e avvizzite belle».
Isidoro di Siviglia faceva derivare la parola mulier (donna) da mollitia (mollezza); vir (uomo) da vis (forza).
Scrivendo nel 1372 alle sue figlie, Geoffroy de La Tour: «La donna, per sua natura, deve essere più dolce e compassionevole dell’uomo. L’uomo deve essere più duro e dimostrare di possedere un coraggio superiore. Le donne che non hanno un cuore dolce e compassionevole sono degli hommaux, hanno in sé qualcosa di troppo maschile».
L’articolo 90 del Sinodale di Angers (1230 circa) ordina che lo stupratore di una vergine venga punito con particolare severità: «Egli, avendo insegnato a quella fanciulla la via del peccato, deve sentirsi responsabile di tutti i peccati di lussuria che essere commetteranno».
Nel Medioevo la donna stuprata che non fosse riuscita a dimostrate legalmente che l’atto era contro la sua volontà, veniva ritenuta consenziente in nome della «naturale» lubricità femminile.
Nel Medioevo le bambine diventavano maggiorenni a 12 anni, i maschi a 14. In media si sposavano a 17, contro i 27 dei maschi.
Per i maschi medievali l’età perfetta era tra 30 e 35 anni. Per le femmine l’età della perfezione era l’adolescenza.
Bernardino da Siena in un sermone del 1425: «Vedove, anche se siete donne cercate di comportarvi da uomini».
Le buone vecchie secondo Filippo da Novara: «Amministrano e conservano i mobili e i beni, allevano i figli quando ce ne sono, combinano matrimoni e si rendono utili in molti modi». Quelle cattive: «Hanno il desiderio riprovevole di peccare carnalmente; si agghindano e si imbellettano e si tingono i capelli. Non vogliono ammettere di essere vecchie e se qualcuno glielo ricorda vanno su tutte le furie».
La donna che non ha più e mestruazioni trattiene gli umori cattivi ed è perciò velenosa. Negli ultimi anni del Medioevo e soprattutto nel XVI secolo è lei la strega per eccellenza. Nel Delfinato, tra il 1350 e il 1415 la metà delle accuse di stregoneria sono rivolte contro una donna; la percentuale è del 68% alla metà del XV secolo, dell’87% all’inizio del XVI. Sono soprattutto ultracinquantenni, povere, senza famiglia.
Per spiegare la superiorità del clero Pier Damiani raccontava la favola di un castoro che si salvava la vita strappandosi i testicoli e mostrandoli ai cacciatori che volevano ucciderlo per impardonirsi di quella parte del suo corpo, molto ricercata dalla farmacopea del tempo.
Per i chierici l’obbligo di restare glabri, a significare il superamento della mascolinità.
Il predicatore Robert d’Arbrissel si torturava mettendo alla prova la propria castità: doveva passare la notte dormendo nello stesso letto con più donne.
Nei secoli XII-XIII una teoria medica sull’origine dello sperma lo faceva nascere dal cervello.
Abelardo scrive che, quando fa l’amore con Eloisa, l’energia del suo spirito è «illanguidita dai piaceri della carne».
Nell’alto Medioevo maschi e femmine vestono in maniere diverse: tunica corta e gambe scoperte per lui, veste lunga per lei. All’inizio del XII secolo la veste lunga si impone per entrambi i sessi: ai moralisti non piace perché conferisce all’uomo aspetto femminile. Tra contadini e artigiani la veste lunga non si diffonde. Gli uomini portano i pantaloni e una camicia corta, sopra la quale indossano una tunica stretta in vita da una cinta.
Verso il 1340 diventa di moda, per gli uomini, vestire attillati, con farsetti impunturati stretti in vita e pantaloni aderenti, giudicati spesso «impudichi e indecenti».
Nel 1375 le leggi suntuarie dell’Aquila avvertono: nessuno osi portare un farsetto così corto da lasciare scoperti i genitali.
Nella metà del XIV di moda le scollature tra le signore, che grande scandalo provocano tra i moralisti. Nel 1350 le leggi suntuarie di Barcellona prescrivono che la scollatura della sopravveste femminile non superi la fine della spalla, sia sul retro sia sul davanti. Nel 1491 le leggi di Bergamo minacciano di colpire con un’ammenda di 50 lire imperiali le donne che abbiano scoperta la parte alta del seno.
Secondo Alain Chartier nel Quadriloque invectif (1422) l’eccessiva preoccupazione per la moda e l’eleganza sono state la causa delle sconfitte subite dai francesi a opera degli inglesi.
Nel XV secolo le donne si rasavano la sommità del cranio per ingrandire la fronte. Per apparire più alte indossavano i pattini, suole rialzate di legno, cuoio o sughero. Si diffuse allora anche lo strascico, sempre più lungo, e il guardinfante, un’armatura di cerchi che doveva tenere la gonna gonfia e lontana dal corpo.
«Ci opporremo con tutte le forze a chi vorrà strapparci le nostre toilette e i nostri ornamenti, perché essi sono le insegne delle nostre virtù» (da una lettera dell’aristocratica Nicolosa Sanuti di Bologna contro le legge suntuarie che volevano imporre limitazioni alle spese per l’abbigliamento femminile).
Era accettabile che una donna si vestisse da uomo quando c’era da portare a termine una missione fuori dal comune: per esempio Giovanna d’Arco. Invece il travestimento di un uomo con abiti femminili non era mai ammesso.
Le biblioteche più ricche appartenevano agli uomini: ai primi posti c’erano i re. Nel 1380, alla morte di Carlo V, la librerie allestita al Louvre contava 1.300 volumi: è la terza per grandezza tra le biblioteche della cristianità, dopo quella del papa (2.059 volumi nel 1369) e quella della Sorbona (1.722 libri nel 1338).
La più grande biblioteca principesca del XV secolo è quella del duca di Borgogna, con 335 libri nel 1416 (alla morte di Jean de Berry) e 900 nel 1467 (alla morte di Filippo il Buono). La biblioteca di un nobile, di solito, non va oltre un centinaio di libri. Le principesse possiedono tra 30 e 50 libri: nel 1398 Bianca di Navarra ne ha 42; nel 1408 Valentina Visconti duchessa di Orléans 44. Il record è di Margherita di Fiandra: 156 nel 1405.
Le biblioteche maschili contengono testi biblici e patristici, raccolte di sermoni, testi di medicina, di diritto, di teologia, di politica eccetera, soprattutto in latino. Nelle biblioteche delle donne, invece, la maggior parte delle opere è in volgare e circa il 40% è costituito da libri di devozione, testi liturgici da leggere durante le funzioni o da usare in privato (libri delle ore).
L’85% delle biblioteche femminili conteneva un’unica opera: un libro d’ore. Cinque dei 15 volumi inventariati nel 1469 alla morte di Margherita di Bretagna sono libri d’ore, raccolte di orazioni spesso indirizzate alla Vergine.
La leggenda della papessa Giovanna, diffusa a partire dall’XI secolo: una donna vissuta alla metà del IX secolo si era travestita da uomo, visitato Roma e Atene, compiuto studi brillanti, diventata cardinale e poi, per sette mesi e tre giorni, addirittura pontefice. Partorì un figlio e morì durante una processione. Da allora, si disse, un rito accerta il sesso del nuovo papa: al momento dell’incoronazione viene fatto sedere su una sedia bucata, sotto la quale si infila un sacerdote per controllare l’esistenza degli attibuti.
Monache di casa, mantellate, pinzochere, bizoche, cellane, incarcerate, romite: nomi con cui si indicavano le donne che, tra il XII e il XIV secolo, si recludevano volontariamente. Si ritiravano, da sole o in gruppetti di tre o quattro, in minuscoli locali spesso situati alle porte delle città, accanto a chiese od oratori.
Nel 1320 a Roma si contano 260 recluse.
I reclusi (uomini o donne) sono morti al mondo perché di solito i reclusori sono la loro ultima dimora. I riti di accesso ad alcuni di questi ricoveri erano simili a funerali: durante la cerimonia si cantava una messa da requiem e il recluso riceveva l’estrema unzione. Talvolta nel reclusorio si scavava una tomba: il futuro incarcerato vi si sdraiava e il vescovo, unico autorizzato e entrare, gli gettava sopra un po’ di terra.
Uomini e donne che andavano in chiesa per assistere alle funzioni entravano da due porte diverse e prendevano posto separati nella navata: i primi sulla destra guardando l’altare, e cioè dal lato dove, nelle rappresentazioni del Giudizio universale, si trovano gli eletti; le seconde a sinistra, dove di solito ci sono i dannati.
Di tutti i miracoli di cui si ha notizia nei secoli XI-XIII, un terzo sono compiuti a beneficio di donne, due terzi a favore di uomini.
Quasi la metà dei miracoli compiuti da san Wulfstan di Worcester tra il 1198 e il 1203 riguardano una donna, quelli di Tommaso Becket sono prevalentemente a vantaggio di uomini.
«Gesù Cristo, io anima infima, lo prendo tra le braccia, lo mangio, lo bevo, ne faccio quello che voglio» (la mistica Matilde di Magdeburgo).
Marie d’Oignes, a detta del suo biografo, durante la messa aveva spesso in bocca un sapore di miele. Margherita da Cortona distingueva a occhi chiusi il sapore di un’ostia consacrata da una che non lo era.
Le Cistercensi e le Clarisse avevano il permesso di prendere la comunione solo sette volte l’anno, le Terziarie francescane tre volte.
Margherita da Cortona desiderava prendere la comunione almeno una volta a settimana ma il suo confessore non le concedeva più di una volta al mese.
A volte Chiara da Rimini era «più morta che viva» e si rianimava solo alla vista di un’ostia consacrata.
Beatrice di Nazareth dopo la comunione cadeva in una sorta di estasi letargica che durava ore. Inoltre, dopo aver bevuto il vino consacrato, vedeva sempre il proprio corpo «enfiato come se fosse stata incinta».
Giovanna “la digiunatrice”, giovane originaria di Norfolk di cui si diceva che per quindici anni aveva mangiato solo un’ostia consacrata ogni domenica: «Aveva un tale orrore di ogni cibo corporeo che non ne sopportava il gusto né l’odore e se ne distoglieva anche a distanza».
Tra gli eretici chiamati Umiliati, nel 1334 si contavano 1.146 frati e 1.606 suore. Tuttavia gli eretici di sesso maschile, complessivamente, furono più numerosi. Per esempio in tutto il movimento eretico dei lollardi nel XV secolo si contano in media due uomini per ogni donna.
Dall’inizio del Medioevo i santi di sesso maschile sono la maggioranza. Fino alla metà del XIII secolo le sante rappresentano il 15% del totale; nel 1300 salgono al 24% e nella prima metà del XV secolo il 29%.
Tra il 1198 e il 1431 l’82% dei processi di canonizzazione istruiti e l’86% delle canonizzazioni pronunciate riguardano uomini.
Le sante agiscono «viriliter», come uomini, nel senso che danno prova di «coraggio, ragionevolezza e autocontrollo». Spesso sono inadatte anche alle faccende.
Caterina da Siena, a causa delle frequenti estasi, non riusciva a concentrarsi sui lavori domestici: ogni volta che cuoceva la carne la bruciava.
Gertrude van Oosten aveva la montata lattea ogni volta che meditava sulla Natività.
Chiara da Montefalco a forza di riflettere sulle ultime ore di Cristo ricevette le stigmate. Dopo la sua morte, la dissezione del cadavere mostrò conficcati nel cuore gli strumenti della passione (chiodi, tenaglie eccetera). Nella bile tre calcoli, a simboleggiare il dogma della Trinità: pesati da soli, a due a due o tutti e tre insieme davano sempre lo stesso risultato.
Il Rational ou manuel des divins offices (fine del XIII sec.) prescrive che alla morte di un uomo della parrocchia le campane suonino tre volte, due per una donna.
Spesso per lo stesso reato le donne pagavano metà dell’ammenda dovuta da un uomo: il legislatore riteneva che, come i giovani da 12 a 25 anni, le donne non avessero piena responsabilità penale.
«Lo chiamano testimone (testis) per via dei testicoli (testiculis): è il motivo per cui il sesso maschile è ammesso a testimoniare» (Rhetorica ecclesiastica, 1160-1180).
Le donne erano ritenute dalla giurisprudenza testes inhabiles, come i bambini al di sotto di 7 anni, i folli, i sordi, i muti e le persone colpite da accuse infamanti.
Il Fuero Real imposto dal re Alfonso X alle città della Castiglia limitava la testimonianza femminile «sulle cose fatte o dette ai bagni, al forno o al mulino, al fiume o alla fontana, durante la tessitura o la filatura, in occasione dei parti, dei matrimoni o di altre faccende da donne e in nessun’altra cosa al di fuori di quelle che la presente legge prescrive». Inoltre non lasciava testimoniare gli ermafroditi in cui predominava la natura femminile, mentre autorizzava quelli a prevalente natura maschile.
Le donne non ammesse ai palazzi del potere. A Firenze solo nel 1502 una donna vi entrò per la prima volta: era la sposa di un alto magistrato. Annotava Luca Landucci: «Il 19 febbraio 1502 la sposa del Gonfaloniere, donna Argentina, si è recata al Palazzo dei Signori dove ha preso alloggio. Vedere delle donne abitare nel Palazzo è apparso come un fatto rivoluzionario».
Il biografo a proposito di Anne de Beaujeu, figlia di Luigi XI, che dal 1483 al 1489 esercitò la reggenza al posto del figlio Carlo VIII: «Perfetta in tutto e nata per la gloria del potere, se la natura gelosa non gliene avesse negato il sesso».
Studi sulla criminalità dei secoli XIII-XV in Inghilterra e Francia registrano un reato commesso da donne ogni nove di uomini. Nei casi di omicidio le donne spesso compaiono come vittime o sono accusate di complicità con un uomo.
Il reato più commesso dalle donne è il furto. Rispetto agli uomini, rubano più cibo e oggetti di uso quotidiano, meno denaro.
Gli insulti rivolti alle donne chiamano in causa la loro reputazione sessuale: le si accusa di essere prostitute, donne di malaffare, di tradire il marito. Gli insulti rivolti agli uomini chiamano in causa la reputazione sessuale delle loro mogli, delle madri o delle sorelle: vengono chiamati cornuti, prosseneti o bastardi.
Perché uno stupratore venga punito è necessario che la vittima lo denunci, ma spesso deve fare ricorso alla mediazione di un uomo perché non può sporgere denuncia da sola. Dopo aver la querela alcune donne vengono incaricate di ispezionarla fisicamente per provare l’aggressione. Alcuni testimoni devono confermare la sua buona reputazione e di averla sentita gridare al momento dei fatti. Perché la querela sia accolta deve, infine, stracciarsi le vesti, graffiarsi il viso, strapparsi i capelli e urlare il nome dell’aggressore.
Nell’atto sessuale c’è una parte attiva (uomo) e una passiva (donna). L’uomo desidera la penetrazione per procurare piacere a sé, ma anche alla partner: si crede che sia il seme dell’uomo a dare il piacere femminile.
Per Guillaume d’Auvergne sono quattro i motivi che spingono l’uomo a fare l’amore con sua moglie: il desiderio di procreare, il dovere coniugale, il tentativo di evitare la concupiscenza e la ricerca del piacere. Il quarto motivo è condannabile e può essere peccato mortale se l’uomo, nel possedere la donna, si mostra impetuoso.
«Niente è più infame che amare una moglie come un’amante» (Girolamo).
Il sesso tra due sposi che si amano troppo è considerato una forma di adulterio, perché in quel caso il marito tratta la moglie come una prostituta.
Il coito illecito, secondo Tommaso d’Aquino, dal più al meno grave: l’accoppiamento con animali, la sodomia, il coito in posizione «non naturale», la masturbazione.
Divieto di fare sesso, secondo i teologi cristiani: la domenica, il mercoledì, il venerdì, nei digiuni di quaranta giorni che precedono Pasqua e Natale, nelle feste dei santi. Vietato durante il mestruo, la gravidanza, nei quaranta giorni che seguono il parto, durante l’allattamento. Osservando scrupolosamente i dettami, resterebbero tra 1,8 e 3,7 giorni al mese.
«Credo che, su mille coppie, novecentonovantanove appartengono al diavolo» (Bernardino da Siena).
Per la Chiesa la posizione ideale per fare sesso è donna sotto, uomo sopra. La penetrazione more canino è inaccettabile perché riduce l’uomo al livello di un animale e insulta il Creatore. La posizione mulier super virum è da prostituta. L’accoppiamento in posizioni non ammesse o nei periodi vietati genera bambini deformi, lebbrosi, malati o mostruosi.
Per Bernardino da Siena è meglio che una donna «si unisca con suo padre in modo naturale piuttosto che con suo marito contro natura».
Nel XIV e XV secolo i governi delle città iniziarono a istituire il postribulum publicum. A Parigi nel XV secolo si contavano 39 aree di prostituzione.
Nel 1358 il Gran Consiglio di Venezia, riconoscendo che «le peccatrici sono assolutamente indispensabili alla Terra», aprì il Castelletto, una casa pubblica a Rialto.
Le prostitute erano molto giovani, in media avevano 17 anni, e arrivavano da altre città. A Venezia la maggior parte arrivava da Padova o Treviso; a Macerata dalla Francia, dal Brabante e dalla Germania. Le fiamminghe erano numerose a Londra e nei pubblici bordelli della valle del Rodano e del nord Italia.
Alla fine del Medioevo la metà delle prostitute di Digione e Lione erano state vittime di uno stupro che le aveva disonorate e avviate al mestiere.
Un certo John Ryckener, processato a Londra e a Oxford per prostituzione e travestitismo nel 1394 e nel 1395. Disse di preferire, tra tutti i suoi clienti, i preti perché lo pagavano di più.
In Germania alla fine del Medioevo «eresia» equivaleva spesso a «sodomia», un atto contro il volere di Dio.
Tra il 1432 e il 1502 a Lucca (40.000 abitanti) ogni anno furono posti sotto inchiesta circa 400 uomini per «vizio sodomita».
Nei secoli XV e XVI in Europa si credeva che tutti gli abitanti di Firenze fossero omosessuali, tanto che in alcuni testi «fiorentino» equivaleva a «sodomita».
Regola degli statuti di Chianciano (1287): un sodomita (attivo o passivo, non importa) doveva essere condannato a pena pecuniaria e lavori forzati. Se non possedeva denari, «i suoi testicoli sono pubblicamente inchiodati in tribunale».
Nell’antica Roma, il partner attivo nella fellatio era quello che introduceva il membro nella bocca del partner. Nei processi fiorentini della fine del Medioevo, invece, era l’altro.
In Castiglia alla fine del Medioevo si usava il termine «cavalgar» per indicare il rapporto sessuale tra due donne.
Il concubinaggio medievale: relazione stabile tra un uomo e una donna, al di fuori dei legami matrimoniali. Nella diocesi di Ginevra negli anni 1411-1411, circa il 14% dei preti praticava concubinaggio, talvolta da molto tempo e con figli.
A Montaillou, all’inizio del XIV secolo, le coppie che vivevano in concubinaggio erano almeno il 10%; a Cerisy, in Normandia, dal 12 al 20%.
In Spagna alla fine del Medioevo esisteva l’istituto della barraganía, concubinaggio tra due persone non sposate che, dopo un anno di vita in comune, maturavano diritti economici e sociali uguali a quelli dei coniugati.