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 2014  dicembre 23 Martedì calendario

WEIDMANN VENDERÀ CARA LA PELLE

Se la Bundesbank è sotto scacco, ma non è ancora scacco matto. Sta infatti per fallire la lunga campagna della Banca centrale tedesca per impedire alla Bce di comprare i titoli di Stato. La sua opposizione rifletteva preoccupazioni sulla legalità, l’efficacia e il rischio morale di acquisti di asset su larga scala, noti come Quantitative easing. Ma la posizione del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, è stata indebolita dagli eventi e dall’abilità tattica del presidente della Bce, Mario Draghi. Con l’inflazione nell’Eurozona al momento solo allo 0,3% - molto al di sotto dell’obiettivo della Bce (un tasso di poco inferiore al 2%) - Weidmann non rifiuta più il Qe per principio. Non discute cioè il fatto che comprare i titoli di Stato sia necessario a contrastare la deflazione, ma contesta l’eventualità che si debba fare ora: l’inflazione core è fissa allo 0,7% e le previsioni di lungo termine restano vicine al 2%. In Spagna, dove i prezzi scendono più in fretta, i consumi crescono molto. Come tanti analisti, la Bundesbank prevede che il crollo del petrolio spingerà la crescita nell’Eurozona. Eppure, stando alle indiscrezioni, il Direttivo Bce al momento sembra prossimo a lanciare un gli acquisti di titoli di Stato nel prossimo meeting del 22 gennaio. I policy maker affermano che non si può aspettare se Weidmann abbia ragione sull’impatto del calo del petrolio, in quanto è probabile che l’inflazione scenderà sottozero a inizio 2015 e rimarrà a quei livelli qualche mese. Temono che tollerare un’inflazione così bassa mini la credibilità della Bce, indebolendo le aspettative sull’inflazione e irrigidendo di fatto la politica monetaria, alzando i tassi reali.
Ma Draghi ha preparato bene il terreno per lo scontro finale di gennaio. Ha persuaso Weidmann a sostenere una serie di strategie alternative finalizzate a contrastare la bassa inflazione, compreso fornire prestiti molto convenienti alle banche e acquistare asset del settore privato come cartolarizzazioni e covered bond. Tuttavia, questo ha fatto poco per promuovere i prestiti o ridurre la frammentazione finanziaria tra le economie dell’Eurozona.
Di recente, Draghi ha convinto gran parte dei colleghi a espandere il bilancio Bce a quasi 1000 miliardi di euro, target che può essere raggiunto solo comprando i titoli di Stato. Ma Weidmann potrebbe ancora avere da ridire in proposito. E ha ora la possibilità di ribaltare la situazione con Draghi. Dopotutto, se il Qe è un’operazione di politica monetaria, come insiste Draghi, allora la Bce dovrebbe comprare solo gli asset più sicuri e più liquidi per proteggersi dal rischio di credito, lasciando al mercato il compito di abbassare il rendimento su quelli più rischiosi. Quindi la Bce dovrebbe comprare solo Bund tedeschi, gli unici titoli pubblici dell’Eurozona ancora valutati tripla A. Certo, Weidmann sa che è molto improbabile che Draghi accetti tale argomentazione. La Bce non può essere sicura che gli investitori che oggi detengono Bund compreranno titoli italiani o greci, abbassando i costi di raccolta per questi Paesi come spera la Bce. Per fare ciò, la Bce stessa dovrebbe comprare bond italiani e greci, il che significa che il Qe non sarebbe solo un’operazione di politica monetaria, ma un allentamento del credito, il cui successo dipende dal fatto che la Bce si assuma i rischi legati alle politiche fiscali dell’Eurozona.
Questo rende la seconda offensiva di Weidmann difficile da contrastare: se la Bce si imbarcasse in acquisti di asset su larga scala, i rischi di credito dovrebbero restare sui bilanci delle banche centrali, che comprerebbero i bond per conto della Bce, piuttosto che essere messe in comune. C’è un precedente negli acquisti di covered bond della Bce, in cui i rischi di credito sui singoli titoli restano in capo alle banche centrali, minimizzando l’incentivo a selezionare quelli scadenti. Weidmann ha ragione a temere che i rischi di credito possano essere sostanziali. Il Qe può aiutare l’economia indebolendo l’euro, ma non può affrontare i nodi strutturali alla base del malessere dell’area. Anche i sostenitori del Qe sono scettici sui suoi vantaggi. Bank of America-Merrill Lynch prevede che l’Eurozona crescerà dell’1,2% nel 2015 e dell’1,3% nel 2016, mentre Goldman Sachs, che non include ancora il Qe nelle stime, prevede rispettivamente lo 0,9 e l’1,4%. Oltretutto, nell’Europa meridionale i partiti anti-austerity e anti-euro guadagnano terreno. Tre dei principali partiti italiani discutono l’uscita dalla moneta unica. E in Grecia Syriza, partito della sinistra radicale schieratosi contro la Troika, è in testa ai sondaggi. La Bce rischia di comprare titoli di Stato mentre alcuni Paesi minacciano di fare marcia indietro su impegni fiscali e riforme, mettendo a rischio la sostenibilità del debito. Draghi e Weidmann possono trovare un’intesa? La Bce prende sul serio le proposte del secondo. Draghi sa che il mercato sarà deluso se i rischi non verranno messi in comune. Ma sa anche che assicurarsi il sostegno della Bundesbank e di altri oppositori del Qe sarebbe di vitale importanza per la fiducia.
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Simon Nixon, MilanoFinanza 23/12/2014