Guido Santevecchi, Corriere Economia 22/12/2014, 22 dicembre 2014
CINA, SPERIAMO NON FRENI TROPPO
La formula si chiama «Xin changtai» ed è comparsa sui giornali cinesi nelle cronache della «Conferenza centrale di lavoro sull’Economia» tenuta questo dicembre a Pechino. Un’espressione ostica quella usata dal presidente Xi Jinping, mai sentita prima in Cina, che si traduce «Nuova normalità». Significa che la seconda economia del mondo, dopo oltre trent’anni di crescita accelerata del Pil, a un ritmo medio del 10 per cento, deve abituarsi a un passo più lento.
Il rallentamento, assicura Xi, è controllato, serve a riorientare e stabilizzare la crescita (stabilità è una parola chiave nel vocabolario politico di Pechino). L’obiettivo del 2014 era stato fissato a +7,5 per cento per il Pii. Non sarà raggiunto, per la prima volta dal 1999, ma sarà pur sempre sfiorato, al 7,3- 7,4 per cento. Preso atto, il governo si prepara a stabilire un obiettivo del 7 per cento per il 2015. D’altra parte le statistiche in Cina non sono una scienza esatta: sì è scoperto che i Pil delle 31 province, 4 grandi municipalità e 2 regioni speciali, sommati superano sempre il dato nazionale. Ci sono sovrapposizioni di calcolo, molti governatori semplicemente gonfiano i loro dati per fare bella figura con il potere centrale. Anche da questa confusione nascono le previsioni di sventura di diversi economisti internazionali sulla Cina.
Ma torniamo alla «Nuova normalità». L’obiettivo strategico è di puntare sui consumi interni, visto che la Fabbrica del Mondo ormai perde competitività a causa del costo del lavoro che aumenta costantemente. Altri pilastri della riforma promessa sono l’investimento nelle nuove tecnologie, rinnovazione, il consolidamento dei gruppi industriali pubblici; gli investimenti in infrastrutture (Pechino per esempio costruirà un nuovo aeroporto da 11 miliardi di euro). La caratteristica migliore dei pianificatori cinesi è che mantengono le promesse e finora hanno saputo reagire alle crisi. Resta il problema della stabilità, anche sociale: i consumi interni non decollano, l’inflazione è sotto il 2 per cento, il punto più basso in 5 anni. Soprattutto, i ventenni e i trentenni cinesi non hanno conosciuto mai la normalità, sono nati e cresciuti nel boom economico: come reagiranno al rallentamento delle loro aspirazioni?
Nel 2014 Pechino voleva creare 10 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane e ci è riuscita già a fine settembre. Si calcola che un punto di crescita del Pii in Cina valga 1,8 milioni di posti: seguendo questa equazione la Bank of China sostiene che nel 2015 basterebbe raggiungere una crescita superiore al 6 per cento per dare lavoro ai nuovi diplomati e laureati.