Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 20/12/2014, 20 dicembre 2014
BCE, NUOVO PIANO SUL QE
La Bce sta studiando meccanismi di bilanciamento di costi e rischi nell’ambito del progetto di -«Quantitative easing» nell’eurozona, sostenuto dal presidente Mario Draghi. Per superare le resistenze della Bundesbank - secondo fonti citate dall’agenzia Reuters - la Bce starebbe valutando l’opportunità di chiedere la garanzia di accantonamenti speciali presso le banche centrali nazionali dei Paesi più deboli: prevedibili beneficiari dei futuri acquisti di titoli governativi, che potrebbero generare rischi e costi. L’euro intanto ha toccato ieri i minimi da oltre due anni (1,222 euro), mentre lo spread italiano è rimasto stabile a 136.
I costi a chi ha i vantaggi. La Bce starebbe studiando - secondo l’agenzia Reuters che cita fonti anonime - un sistema per trasferire i rischi di un eventuale quantitative easing (qe) sugli Stati più deboli, e più bisognosi del sostegno della politica monetaria, cercando così di contrastare le obiezioni della tedesca Bundesbank.
L’idea sarebbe di imporre agli Stati più deboli la creazione di un fondo come accantonamento per contrastare eventuali perdite sui bond acquistati dalla Bce. Nel sistema europeo già esistono simili fondi, e si tratterebbe dunque di espanderli. In alternativa, gli acquisti - in cui si concreta il quantitative easing - potrebbero essere effettuati direttamente dalle singole banche centrali nazionali, si immagina sotto la direzione della Bce. In questo modo le eventuali perdite, se fossero di tali dimensioni da ridurre il capitale delle singole autorità monetarie di Eurolandia, sarebbero ripianate dai contribuenti dei singoli paesi.
La Bce non ha commentato le indiscrezioni, che potrebbero semplicemente riguardare una delle ipotesi allo studio. Segnalano però il tentativo di dare al quantitative easing di Eurolandia - che molti analisti e investitori si attendono per il primo trimestre del 2015 - una forma tale da superare tutte le obiezioni e far spostare la discussione e i contrasti in corso dal “se fare” al “come fare” questo tipo di operazione. Il presidente Mario Draghi aveva comunque annunciato che l’esame delle modalità del qe - o, più genericamente, delle possibili nuove misure - avrebbe coinvolto anche alcune banche centrali nazionali.
Il problema è la posizione dei tedeschi e di alcuni altri paesi minori. Il governatore della Bundesbank Jens Weidmann - il maggior oppositore degli acquisti di bond - resta più preoccupato della possibilità che gli Stati traggano dal quantitative easing un incentivo a indebitarsi o a rinviare le riforme che dal ribasso delle aspettative di inflazione, l’obiettivo prioritario della Banca centrale europea. Il banchiere centrale tedesco continua anche a sottolineare come il Trattato europeo vieti la “mutualizzazione” dei rischi, che devono quindi ricadere sui singoli paesi. È infatti preoccupazione costante dell’opinione pubblica tedesca che le difficoltà delle economie più deboli di Eurolandia non ricadano sul loro paese.
L’idea di creare o espandere fondi per coprire il rischio ha come controindicazione il fatto che lo sforzo finanziario per questi accantonamenti potrebbe vanificare l’effetto stesso del quantitative easing. Molto dipende da come sarebbe disegnato un simile vincolo agli acquisti. Per un paese come la Grecia il mercato - basandosi sui cds, credit default swaps - indica un costo di 3,2 milioni di dollari per assicurare un debito a cinque anni da 10 milioni di euro: l’onere per partecipare al quantitative easing potrebbe quindi essere insostenibile. La stessa questione può essere forse posta per l’Italia non certo per il suo profilo di rischio - qui la stessa operazione sui cds, per lo stesso ammontare e la stessa durata costerebbe circa 150mila dollari - quanto per le dimensioni del suo debito e il ruolo che esso avrebbe in un quantitative easing su scala europea.
Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 20/12/2014