Maria Luisa Agnese, Corriere della Sera 20/12/2014, 20 dicembre 2014
CARI GENITORI IO SONO JOHN
La guardi e ti sembra di vedere sul suo viso un po’ la mamma e un po’ il papà, come in un caleidoscopio: lo sguardo è di Brad, la bocca di Angelina, il naso di tutti e due, e tutti insieme vanno a comporre un puzzle miracoloso che, se nel tempo si manterrà, darà origine a una meraviglia che avrà preso il meglio dei bellissimi genitori. Ma anche la piccola Shiloh Jolie-Pitt, 8 anni davvero ben portati, tanto si identifica con entrambi gli illustri genitori, che vuole essere un po’ l’una e un po’ l’altro, e se è femmina come la mamma vuol essere anche maschio e difatti si è presentata sul red carpet a Los Angeles, alla prima del film Unbroken (diretto da Angelina) con taglio maschile, giacca e cravatta, mani in tasca.
Un piccolo mutante bellissimo da vedere, l’incarnazione naturale e mignon del mito dell’androgino che da sempre ha affascinato la cultura occidentale. Un’immagine un po’ straniante, anche se per Shiloh si tratta di una forma di androginia nativa, non mediata probabilmente dalla cultura ma naturalmente scaturita in una bambina abituata a frequentare ambienti internazionali e molto aperti. Non solo, nata in una famiglia multietnica dove forse è più difficile farsi largo e trovare la propria identità: tre fratelli più grandi, adottati, Maddox, 13 anni (cambogiano), Pax, 11 (vietnamita), Zahara, 9 (etiope), e due gemelli più piccoli, Knox e Vivienne, 6 anni, come lei figli naturali dei Brangelina.
Quando aveva poco più di 3 anni Shiloh ha deciso che voleva essere come i suoi fratelli. «La chiamavo Shi e lei non rispondeva» ha raccontato Brad Pitt a Oprah Winfrey. «Io sono John, diceva». Da allora è diventata per tutti John e addirittura in famiglia scherzavano sul suo «Montenegro style», da maschiaccio, come ha raccontato a Vanity Fair Usa la stessa Angelina, minimizzando: «Altri bambini vogliono la cappa di Superman, lei vuole essere come i suoi fratelli».
Famiglia non convenzionale di sicuro, ma genitori attentissimi (hanno addirittura assunto una guardia del corpo che controlli le navigate online della figliolanza), i Pitt tendono a non dare troppo peso alle scelte della bambina. E giustamente, perché non solo la maggioranza degli psicologi ma anche il buonsenso dicono che sono passaggi alla ricerca di un’identità nei confronti dei quali è saggio adottare la strategia del Wait and See , aspetta e stai a guardare, che poi è la versione anglosassone del collaudato «ha da passa’ ‘a nuttata».
Ma la polemica è esplosa lo stesso, anche prima della comparsata di Shiloh/John a Los Angeles. Il magazine Life & Stile aveva accusato Angelina di manipolare la figlia e di forzarla a vestirsi da ragazzo, ricordando con poco garbo le dichiarazioni in cui l’attrice aveva raccontato di essere bisessuale, e nonna Jane, la mamma di Brad, aveva tentato, invano, di regalare alla riottosa nipote abiti in tulle da principessa.
E intanto la famiglia neo convenzionale Jolie-Pitt («ci sposiamo perché ce lo chiedono i figli» avevano detto lo scorso agosto) continua a fare scandalo e notizia, inesorabilmente.