20 dicembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - APPROVATA LA LEGGE DI STABILITA’
REPUBBLICA.IT
GRILLO ALL’ATTACCO
ROMA - "La partita era davvero difficile: erano tornati in campo vecchi appetiti, li abbiamo lasciati a bocca asciutta, abbiamo stoppato l’assalto alla diligenza e messo in cantiere la legge elettorale: indietro non si torna". Il premier Matteo Renzi, che già all’alba aveva espresso la sua soddisfazione su Twitter per il voto sulla legge di Stabilità ("Grazie a senatrici e senatori che su stabilità e legge elettorale hanno dato stanotte lezione di politica a ostruzionismi"), sottolinea di essere rimasto tutta la notte in contatto con il Senato da Palazzo Chigi.
Il presidente del Consiglio, dopo la decisione del governo di porre la fiducia sul maxiemendamento e della conferenza dei capigruppo del Senato di votare a oltranza nella notte, si è mostratto questa mattina più che soddisfatto nei commenti con i suoi parlamentari, anche dopo l’incardinamento dell’italicum 2.0.
"L’obiettivo era provare a fermare la Legge elettorale: non gli é riuscito", ha aggiunto il premier, che attacca: "A polemizzare su inesperienza e confusione erano, guardacaso, i campioni dell’arcipolitica, alleati con alleati con quelli dell’antipolitica e finiti entrambi sconfitti". Renzi ha voluto ringraziare "uno per uno i senatori, ma uno più di tutti gli altri: Sergio Zavoli, 91 anni, sul suo banco per tutto il tempo...".
Nel pomeriggio arriva anche la presa di posizione del ministro dell’Economia: "Nel 2015 i conti pubblici miglioreranno - dice - e questo consentirà di dimostrare ai partner europei e ai mercati che l’Italia è un Paese affidabile. Allo stesso tempo, con questa legge di stabilità, abbiamo messo in campo un significativo abbattimento delle tasse che ha pochi precedenti nella storia del Paese".
"Votare di notte come i ladri con un presidente del Senato senza dignità un testo con parti addirittura mancanti. Ieri notte è andata in onda l’ennesima pagliacciata di una repubblica in mano a golpisti e tangentari".
Lo scrive sul suo blog Beppe Grillo in un post dal titolo ’Dittatura con la vaselina’.
Più tardi ha risposto a Grillo il presidente del Senato, Pietro Grasso, a margine delle prove del concerto di Natale a Palazzo Madama: "Gli insulti di Grillo? Sono abituato per la mia precedente professione a tenere conto del dissenso. Le critiche possono arrivare, l’importante è che si riconoscano gli obiettivi raggiunti. Il mio compito è far votare in Aula quello che la maggioranza mette insieme per far andare avanti il Paese".
Poi, rivolto alle critiche di chi ha sottolineanto che il maxiemendamento è arrivato in aula incompleto e con errori, ha detto: "Ci sono stati errori fatti dagli uffici economici che siamo riusciti ad aggiustare in Aula prima del voto. Correzioni per mettere insieme il testo che non era stato completato dalla commissione".
E ha concluso: "Abbiamo raggiunto un grande traguardo, perché tempi così lunghi sono scontati per una legge finanziaria, ma una maratona così lunga credo sia un record. E’ stato reso possibile che il paese abbia una legge di stabilità che la camera avrà il tempo di approvare entro la fine dell’anno per evitare l’esercizio provvisorio".
REPUBBLICA.IT
Imprecisioni, discrasie, refusi vengono riconosciuti dallo stesso viceministro all’Economia Enrico Morando: "Il governo accetta e si scusa per gli errori commessi anche nella relazione tecnica ma abbiamo cercato di rendere più leggibile il testo". Sotto accusa infatti finisce il dossier che correda la manovra ma anche lo stesso testo del maxiemendamento che, almeno in parte, viene rivisto durante i lavori dell’Assemblea come spiega il presidente del Senato Pietro Grasso: "si tratta - è la tesi - di drafting e la presidenza si assume dunque la responsabilità di fare correzioni".
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Polemiche che fanno slittare di qualche ora il via libera finale al testo, dopo la decisione del governo di porre la fiducia sul maxiemendamento e della conferenza dei capigruppo del Senato di votare a oltranza nella notte.
La manovra torna così alla Camera dove l’ufficio di presidenza della commissione Bilancio di Montecitorio deciderà l’ordine dei lavori. Quello alla Camera, che sarà il terzo e l’ultimo passaggio, si annuncia comunque come un esame lampo: già lunedì è atteso l’ok finale ai documenti di bilancio.
Il maxiemendamento. Tra le novità più importanti inserite nel passaggio parlamentare al Senato ci sono: il blocco della Tasi e congelamento del canone Rai nel 2015, credito d’imposta Irap per gli autonomi, bonus per i fondi pensione e per le casse di previdenza da utilizzare per gli investimenti, anticipo della gara di aggiudicazione del gioco del Lotto e nuove regole sulla tassazione, nuove regole sul patto di stabilità interno per gli enti territoriali.
Modifiche neutrali su saldi. Le variazioni apportate al testo approvato stanotte non toccano sostanzialmente i saldi: "Le modifiche al disegno di legge di stabilità 2015 apportate sono sostanzialmente neutrali sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e sugli altri saldi di finanza pubblica", spiega il comunicato finale del Consiglio dei ministri.
La questione province. Intanto, sindacati sul piede di guerra contro la legge di stabilità. I sindacati sono pronti a continuare l’occupazione delle Province per protesta, stando a quanto si legge in una nota. "Oggi la mobilitazione si estende a tutte le Province italiane, e senza un intervento del Governo, un passo indietro su provvedimenti dannosi e insensati, non si fermerà", scrivono Rossana Dettori, Giovanni Faverin e Giovanni Torluccio, Segretari Generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl. I sindacati sottolineano il rischio di esuberi per 20mila lavoratori a tempo indeterminato e del licenziamento per oltre 2mila precari e "i pesanti tagli" previsti dalla legge di stabilità. E si attende per oggi il voto sul maxi emendamento del governo.
La protesta dei sindacati. "Chiediamo al Parlamento di evitare il peggio, alle Regioni di fare la loro parte", prosegue il comunicato. I tagli, spiegano i leader sindacali della P.a., "mettono a rischio il funzionamento dei servizi di area vasta, dalla sicurezza scolastica alla tutela ambientale, passando per la viabilità e le politiche attive sul lavoro. Una mobilitazione cresciuta in queste settimane e che oggi raggiungerà il suo apice in tutto il Paese, dopo le prime occupazioni di ieri". "Chiediamo un riordino vero. Ma il Governo abbandoni certi toni. Ognuno - concludono Dettori, Faverin e Torluccio - faccia la propria parte. Ma senza un dialogo vero la mobilitazione continua".
Il governo: "Nessuno perderà il posto". La replica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, graziano Delrio: "Il personale delle province non rimarrà per strada ma verrà assorbito tramite blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato e affini". Nel maxiemendamento alla legge di stabilità, continua Delrio, ci sarà un "elemento di certezza e non d’incertezza come qualcuno ha erroneamente sottolineato". Poi il tweet di Marianna Madia: "Dipendenti province abbiate fiducia martedì ore 13 incontriamo con Lanzetta Cgil, Cisl e Uil per spiegare il percorso".
Cdm la vigilia di Natale. Ora il presidente del consiglio è al lavoro a lavoro per preparare il Consiglio dei ministri di Natale, in programma la mattina di mercoledì 24 dicembre su lavoro con i primi decreti attuativi del Jobs act, la delega fiscale e il decreto su Ilva e la crisi industriale a Taranto.
Le reazioni. Critici sulla tempistica Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, e Rocco Palese, capogruppo di Fi in commissione Bilancio a Montecitorio: "Sulla legge di Stabilità governo nel caos, governo alla frutta, governo di arroganti dilettanti allo sbaraglio. Se ieri denunciavamo il rischio di esercizio provvisorio, oggi le probabilità aumentano ancora di più. Il provvedimento di politica economica più importante dell’anno arriva per l’esame della Camera fuori tempo massimo, e si chiedono decisioni accelerate. Noi vigileremo sui contenuti e in Parlamento non concederemo nessuno sconto, nessuna deroga. Anche questa volta Renzi ha fallito. Ha dimostrato la sua inadeguatezza a guidare l’Italia", hanno annunciato.
"La Legge di Stabilità approvata è una porcata degna della peggiore Unione Sovietica", è la critica del leader della Lega Nord Matteo Salvini, oggi a Torino ad un presidio del Carroccio contro l’occupazione delle ex palazzine olimpiche da parte di immigrati. "Come la Banda Bassotti - ha aggiunto - hanno votato la Legge di Stabilità alle 5 del mattino, piena di errori e di tasse occulte. Non sono solo incapaci, sono pericolosi".
Parla di "umiliazione del Parlamento" il leader di Sel, Nichi Vendola, che ha sottolineato che la manovra è stata approvata nel "caos, nel dilettantismo e nella sciatteria da parte di una classe dirigente che ha bisogno solo di fare propaganda mentre il paese affonda". Secondo il leader di Sel "la velocizzazione renziana" ha come fine "solamente la propaganda".
IL MAXIEMENDAMENTO
ROMA - Nel maxi-emendamento alla Legge di Stabilità figura anche l’istituzione del registro nazionale dei donatori per la fecondazione eterologa, fortemente voluto dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin come misura per garantire la tracciabilità delle donazioni. A quanto si apprende, non appena approvata la misura, il dicastero di Lungotevere Ripa lavorerà per "garantire in tempi strettissimi l’inserimento dell’eterologa nei Livelli essenziali di assistenza".
Ecco le principali misure:
TASI. Il tetto alla Tasi, fissato nel 2014, viene prorogato anche nel 2015; il livello massimo di imposizione della tassa resta quinti il 2,5 per mille.
CANONE RAI. Il canone Rai sarà congelato nel 2015; i contribuenti quindi dovranno pagare lo stesso importo versato quest’anno.
LOTTO. La gara per l’affidamento del gioco del Lotto viene anticipata di un anno; il gettito previsto in 4 anni ammonta a 750 milioni, di cui 350 il primo anno.
IRAP. I lavoratori che non hanno dipendenti potranno beneficiare di un credito d’imposta, per ’recuperare’ il taglio dell’Irap previsto sul costo del lavoro.
CASSE PREVIDENZA E FONDI PENSIONE. Dal 2016 arriverà un credito d’imposta per le casse di previdenza e fondi pensione, per gli investimenti infrastrutturali. La norma punta a sterilizzare in parte l’incremento della tassazione sulle rendite previste dalla manovra.
PATRONATI. Il taglio delle risorse per i patronai viene ridotto a 35 milioni di euro. La riduzione, inizialmente fissata a 150 mln, era scesa a 75 mln alla Camera e ora viene ulteriormente ritoccata.
SALARIO PRODUTTIVITA’. Scende a 208 milioni di euro il taglio delle risorse da destinare agli sgravi contributivi per la contrattazione di secondo livello legata alla produttività. La riduzione, inizialmente fissata a 200 mln, era salita a 283 mln nel passaggio alla Camera, mentre al Senato torna vicino ai livelli inizialmente fissati.
CINQUE X MILLE. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità dovranno essere definite le modalità di redazione del rendiconto sulla destinazione del 5 per mille.
RETE ELETTRICA FS. Arrivano le norme per definire la cessione della rete elettrica di Fs a Terna. La modifica, si spiega nella relazione tecnica, prevede l’inserimento nella rete di trasmissione nazionale di energia elettrica della rete di trasmissione di proprietà del gruppo Fs, in esito alla sua acquisizione da parte del gestore del sistema di trasmissione nazionale.
LAVORATORI DISABILI. Gli incentivi all’assunzione dei disabili, previsti dalla legge 68 del 1999, saranno assicurati anche per il prossimo anno. E’ previsto lo stanziamento di 20 milioni, per finanziare le misure che promuovono l’inserimento nel mondo del lavoro dei disabili.
POSTE. Sono in arrivo 535 milioni per Poste. La norma si rende necessaria per dare attuazione alla sentenza del tribunale dell’Unione europea del 13 settembre 2013, in materia di aiuti di Stato. Sono inoltre previste misure di razionalizzazione del servizio di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito sull’intero territorio nazionale.
ELECTION DAY. Accorpare le elezioni regionali e locali in un’unico giorno, rendendo più ampie le possibilità di risparmio perseguite dalla norma sull’election day.
REGIME MINIMI. Sarà possibile utilizzare il regime dei ’minimi’ per i redditi cumulati fino a 20.000 euro. Dal nuovo sistema sono esclusi i lavoratori dipendenti e assimilati prevalenti dalle agevolazioni, per chi supera la soglia dei 20.000 euro.
ARMI AD USO SCENICO. Già alla Camera si era tentato di inserire la proroga dei termini per la verifica al Banco di prova delle armi ad uso scenico. Fallito il primo tentativo a Montecitorio il governo ha presentato di nuovo l’emendamento al Senato; la proposta di modifica è stata prima ritirata e poi votata dalla commissione Bilancio.
PELLET. Sale al 22% l’iva applicata sul pellet in legno (il combustibile ricavato da segnatura).L’attuale imposta sul valore aggiunto è del 10% e l’incremento, secondo quanto si legge nella relazione tecnica, dovrebbe portare maggiori entrate pari a 96 mln.
CHERNOBYL. Nuove risorse per il sarcofago dell’ex centrale nucleare di Chernobyl, pari a 10,8 milioni di euro nei prossimi 5 anni. Il contributo a ammonta a 824.000 euro nel 2015, che salgono a 2,5 a partire dall’anno successivo.
PERSONALE PROVINCE. Nel provvedimento dovrebbero entrare anche le norme per regolare il personale in mobilità delle province. I dipendenti saranno ricollocati per 2 anni nei comuni, regioni o uffici statali; mentre nei due anni successivi andranno in cassa integrazione.
CALAMITA’ NATURALI. Vengono stanziate risorse, per aiutare le zone che negli ultimi anni sono stati colpiti dalle calamità naturali. Inoltre viene prorogata o attivata la sospensione del pagamenti dei tributi.
PARTECIPATE. E’ prevista la chiusura o l’accorpamento delle società partecipate di piccole dimensioni. Sono previste delle multe per chi non rispetta i tagli previsti.
SOLE24ORE
MAXIEMENDAMENTO
L’emendamento è una proposta di parziale modifica a un disegno di legge. Con maxi-emendamento si intende un emendamento presentato dal Governo che ingloba tutti gli articoli della legge in esame, su quale viene posta la questione di fiducia, che essendo prioritaria rispetto a tutte le altre viene subito votata e pertanto tutti gli emendamenti presentati si considerano preclusi. È un classico strumento per evitare l’ostruzionismo da parte dei partiti
(Aggiornato il 01 dicembre 2012 )
FUBINI
ROMA - La firma (elettronica) del ragioniere generale dello Stato Daniele Franco è arrivata quando l’ora dell’aperitivo era ormai passata. Gli italiani si stavano sedendo a tavola per cena. I tecnici della Ragioneria invece avevano appena finito di pesare e bollinare l’impatto di una serie di emendamenti che continuavano a entrare e uscire dalla Legge di stabilità.
Saltano i 3,2 milioni per gli eventi dell’industria della moda a Roma, si cancellano le mini-società partecipate con più amministratori che dipendenti, si garantiscono solo fino al 2017 i dipendenti delle provincie in via di scioglimento, restano fuori nove assunzioni al parco naturale del Gran Paradiso. E via ritoccando, o tenendo duro sui ritocchi, fino all’ultimo minuto. In un altro Paese più abituato a programmare, notava uno dei protagonisti ieri sera, si sarebbero fermate le macchine sei o magari 24 ore per valutare bene gli impatti di bilancio di ogni rammendo. Qui no.
All’ora del telegiornale il testo correva di nuovo giù dalla Ragioneria a Palazzo Chigi, dove il premier Matteo Renzi ha rivisto ogni dettaglio, e al Senato che doveva votarlo in piena notte. Fino all’ultimo le proposte in bilico sono state circa trenta, e fra queste la più importante interessa 1,4 milioni di lavoratori autonomi. Per loro gli ultimi mesi sono stati segnati da continue sterzate nel rapporto con il fisco, e ieri premevano per una correzione. A maggio anche gli autonomi avevano avuto diritto al taglio dell’aliquota Irap (l’imposta sulle società) dal 3,9% al 3,5% introdotto assieme al bonus da 80 euro alle famiglie. Poi la Legge di stabilità ha subito ritirato quello sgravio, con effetto (retroattivo) da gennaio scorso, mantenendo però una nuova tassa sulla rivalutazione dei beni d’impresa. Risultato: milioni di autonomi con partita Iva in Italia rischiavano la beffa di ritrovarsi persino con più tasse di prima.
Di qui la corsa di ieri per concedere loro un credito d’imposta Irap del 10% all’ultimo minuto. Visto da Bruxelles, Berlino, Francoforte, Parigi o Wall Street, difficile trovare una metafora più calzante di una certa idea d’Italia. Non è tanto lo zigzag delle procedure. È l’importanza fuori proporzione che a volte assume la tattica sulla strategia e sul senso di direzione verso il futuro. Non che quest’ultimo sia assente dalla Legge di stabilità, perché si trova nelle grandezze fondamentali: i 16 miliardi di tagli di spesa annunciati, i 6,5 miliardi di riduzione della componente lavoro dell’Irap per chi ha dipendenti, il taglio ai contributi per i nuovi assunti con il contratto a tutele crescenti del Jobs Act.
Il punto è se questo impianto può davvero spingere l’Italia fuori da una fase lunga sette anni nella quale il reddito medio per abitante è sceso del 12%, con una distribuzione del tutto diseguale: la paga oraria di chi ha un contratto permanente è salita in media del 12%, dunque quella di tutti gli altri è crollata molto di più. Se l’obiettivo era trascinare l’economia fuori dalla palude, la Legge di stabilità muove senz’altro passi concreti detassando i nuovi contratti di lavoro. Ma, quanto al resto, semina più incertezze che fiducia. Quando per esempio ha declassato l’Italia a appena un gradino dal livello "spazzatura", Standard & Poor’s ha sottolineato che il piano del governo per la riduzione della spesa "manca di dettagli" ed "esistono rischi nella sua attuazione". Marco Sonsini di Telos, un consulente a cui si rivolgono gli investitori esteri, sospetta che la spending review si tradurrà in qualcosa di simile a nuovi tagli lineari - un po’ per tutti, senza scegliere e senza sfoltire - perché non si interviene sulle strutture istituzionali che generano la spesa stessa.
Un caso emblematico è la sanità: in giugno il "Patto per la salute" dichiarava che il suo bilancio non sarà ridotto, ma i tagli affidati d’ufficio alle regioni rischiano di scaricare sui governatori il compito di decidere alla rinfusa proprio ciò che il governo centrale aveva promesso di evitare: la sanità pesa per quasi 80% dei bilanci regionali, non c’è molto altro spazio per trovare delle economie.
La lezione è che quando la spesa pubblica supera il 50% del prodotto lordo, come in Italia, non è più un problema contabile. Non si risolve appuntando un numero di miliardi alla riga dei tagli. È un problema radicato nelle istituzioni e loro nel funzionamento ed è lì che va risolto. Un modo per farlo sarebbe stato proibire agli enti locali di ricapitalizzare a getto continuo le loro società partecipate cronicamente in perdita o di foraggiarle con contratti generosi in misura assurda. Lì ci sarebbero molti miliardi di risparmi, da trasferire in tagli alle tasse sul lavoro e sulle imprese, nel frattempo sottraendo alla corruzione il suo brodo di coltura. In questo la Legge di stabilità resta un’occasione mancata.
Il governo ha scelto di non procedere a una detassazione più radicale sulle imprese o sul lavoro, magari finanziati con tagli di tasse fissati per legge da subito ma da attuare via via nei prossimi anni. Ha scelto di non farlo, perché vuole evitare una procedura per deficit eccessivo a Bruxelles e dunque accetta il rischio di una manovra che incide poco. Un antidoto parziale sarebbe indicare subito la strategia degli interventi per l’economia nel 2015 e nel 2016: chi investe ha bisogno di certezze e di visibilità su cosa lo aspetta. Ma quanto a questo, serviranno tempi più lunghi di quelli concessi ieri alla Ragioneria per bollinare la Legge di stabilità.
SENSINI SUL CORRIERE
ROMA Con ventiquattr’ore esatte di ritardo, segnate dalle continue proteste dell’opposizione in Aula, con Forza Italia che lascia i lavori ed invita le altre opposizioni a fare altrettanto, il governo ha presentato ieri sera in Senato il maxiemendamento «interamente sostitutivo» della legge di Stabilità, sul quale il ministro Maria Elena Boschi ha subito chiesto la fiducia, le cui votazioni sono iniziate alle due di notte.
Il testo del governo, accolto in Senato dalle urla della Lega Nord, di Sel e del M5S, con il presidente Pietro Grasso a richiamare l’ordine con un perentorio «la ricreazione è finita» che ha innescato altre bagarre , conferma le principali modifiche concordate dai gruppi politici in commissione Bilancio, ma non tutte. «Il governo accetta e si scusa per gli errori commessi anche nella relazione tecnica ma abbiamo cercato di rendere più leggibile il testo» spiega il viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Dal maxi emendamento sono saltate alcune norme «marchetta», come le avevano definite i cinque stelle e ieri lo stesso Renzi.
Nel testo, che arriverà in Aula alla Camera per l’approvazione definitiva e senza ulteriori modifiche entro il 23 dicembre, sono dunque confermati il congelamento della Tasi per il 2015, che non potrà salire oltre il 2,5 per mille, e del Canone Rai, il credito d’imposta del 10% sull’Irap per i lavoratori autonomi che non hanno dipendenti, e che dovrebbe riguardare quasi un milione e mezzo di piccole partite Iva. Il testo su cui il governo ha posto la fiducia alleggerisce, ma solo parzialmente l’aggravio della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, portata dall’11,5 al 20%. Per quelli che investono in economia reale è previsto un credito d’imposta del 9%, che viene ridotto al 6% per i medesimi investimenti delle casse previdenziali professionali.
Il pacchetto messo a punto dal governo, la cui presentazione è slittata nel corso della giornata almeno cinque volte, complicando anche l’iter della riforma elettorale, interviene anche sul personale delle Province, che da giorni, temendo tagli selvaggi, sta occupando sedi in mezza Italia. Per le Province montane e di confine il taglio del personale sarà del 30 e non del 50%. Per due anni i dipendenti delle Province manterranno il posto di lavoro e scatterà il ricollocamento in altre amministrazioni. Solo dal 2017, per chi non avrà trovato un posto, partirà la mobilità, con l’80% dello stipendio.
Il sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, ha spiegato che «il personale delle Province non rimarrà per strada, ma verrà riassorbito con il blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato».
Tra le misure che erano state concordate in commissione Bilancio, ma che poi non sono state approvate formalmente (il lavoro della commissione si è chiuso, per motivi di tempo, senza mandato al relatore), ci sono quelle per incentivare il disboscamento delle partecipate degli enti locali, con l’obbligo di chiudere entro il 2015 quelle che hanno più amministratori che dipendenti, quelle non indispensabili alle finalità istituzionali e i «doppioni», la cessione della rete elettrica delle Fs a Terna e la riduzione dei tagli a carico dei patronati, che scendono a 35 milioni nel 2015. C’è anche la costituzione del registro nazionale dei donatori, che di fatto consente l’avvio della fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche italiane.
Nel maxiemendamento sono confermate misure come l’aumento dell’Iva sul pellet da riscaldamento, l’esclusione dell’Expo dall’obbligo delle gare Consip, il finanziamento ad Italia Lavoro, di cui il M5S chiedeva la cancellazione. Ma mancherebbero alcune norme concordate a livello politico. E sarebbe in assoluto la prima volta.
Mario Sensini
ROMA «Quello che avviene all’interno del governo sono interna corporis , al di là delle facce che fa il ministro Morando (che non possono essere registrate agli atti parlamentari) che evidentemente non è un buon giocatore di poker, per cui non sa nascondere il suo pensiero....». Sono le 18 di sera quando Linda Lanzillotta, presiedendo un’assemblea di Palazzo Madama resa incandescente dall’attesa di un giorno del maxi emendamento del governo, bacchetta Enrico Morando. Il viceministro ha appena preso la parola per l’ennesima volta per annunciare che il maxi emendamento ancora non c’è e, per farlo, ha usato un’espressione (e una faccia) così: «Non sono in grado di prendere un impegno preciso sui tempi, non ho ancora ricevuto il testo...». Del resto, la sua promessa di portare in Aula l’intervento del governo entro le 17 è ormai bella che saltata.
Ma cosa è successo? Un corto circuito generale che ha rischiato, come ha profetizzato Renato Brunetta (Forza Italia) per tutta la giornata di ieri, di portarci dritti all’esercizio provvisorio. Ricapitolando: 1) la Camera ha stravolto il testo della manovra in prima lettura prendendosi tutto il tempo per farlo. 2) La commissione Bilancio del Senato ha iniziato il proprio lavoro con la spada di Damocle dei tempi stretti necessari per consentire al governo d’incardinare la legge elettorale, ma non ne ha tenuto conto, sfornando a propria volta una valanga di emendamenti, alcuni vere e proprie «mance». 3) Il governo ha fatto la sua parte producendo un’ottantina di emendamenti, ai quali sono seguiti i subemendamenti della commissione. 4) L’opposizione, soprattutto il M5S, vista l’ impasse , ha cominciato a rumoreggiare denunciando il pressing delle lobby .
A un certo punto è stato chiaro che la commissione Bilancio non avrebbe potuto completare per tempo l’esame del testo e il suo lavoro è stato sospeso senza una votazione. In questo modo l’intervento finale del governo con maxi emendamento non ha potuto limitarsi a fare proprio il testo della commissione aggiungendo solo alcune modifiche ma ha dovuto strutturarsi come un testo completo, corredato della necessaria relazione tecnica. E forse si sarebbe potuti arrivare a una conclusione nella mattinata di ieri se Matteo Renzi, di ritorno da Bruxelles, mentre assicurava «io non voglio sforare» il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil «perché voglio rispettare le regole», non avesse deciso di spulciare il testo della manovra per espungere «le varie leggi marchetta». Molte di queste erano state segnalate dal M5S al presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, con la promessa che se non fossero state cancellate sarebbe scattato l’ostruzionismo e la discussione sarebbe andata a Natale.
Conclusione: il maxi emendamento è arrivato in Aula rivisto e corretto soltanto alle 19.30 mentre l’assemblea ormai ribolliva. Al punto che quando il ministro Maria Elena Boschi ha preso la parola per porre la questione di fiducia l’Aula è esplosa in un boato. Il presidente Pietro Grasso è dovuto intervenire: «La ricreazione è finita» ha detto con espressione forse non troppo felice, visto che i senatori si erano tutt’altro che «ricreati» nell’attesa. Ma soprattutto dal momento che il ritardo ha costretto il Senato a votare a notte fonda: l’ultimo voto è iniziato alle tre.
Antonella Baccaro
«NON VOGLIO UN MOSTRO CON NORME MARCHETTA»