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 2014  dicembre 19 Venerdì calendario

QUANDO LE MADRI VOGLIONO CHE I FIGLI SIANO MALATI


È forse il più subdolo degli abusi sui bambini, perché si nasconde dietro apparenti cure amorevoli. Coloro che soffrono della sindrome di Münchausen per procura (o Msbp, dall’inglese Münchausen syndrome by proxy) sono infatti genitori che all’esterno non risparmiano attenzioni per il figlio ammalato. In realtà, le ricorrenti malattie raccontate ai medici dalla madre (o meno frequentemente dal padre o da altre figure di riferimento) sono o inventate o, in qualche caso, addirittura procurate dallo stesso genitore. La Msbp non è una forma ossessiva di preoccupazione per la salute del figlio, ma si instaura «tra una persona che ha un potere sull’altra e lo esercita per ottenere per sé il sostegno che non è in grado di chiedere. Le Msbp sono persone che vivono una dimensione dissociata, in relazione con un bambino non in grado di difendersi da un adulto che dovrebbe essere protettivo e caldo e invece si rivela dannoso e freddo» spiega Antonello D’Elia, psicologo e psicoterapeuta.
In pratica, i pazienti Msbp vogliono che il figlio abbia una malattia, arrivando addirittura a causarla, per avere l’attenzione del personale medico. Questa patologia, ancora poco conosciuta anche perché difficile da diagnosticare, è al centro del libro La sindrome di Münchausen per procura. Malerba: storia di un’infanzia lacerata (Franco Angeli editore, pp. 222, euro 25), autobiografia dell’olandese Roos Boum, classe 1963, vittima di una madre affetta da Msbp.
«Il titolo Malerba, erbaccia, è una metafora, un’allusione a mia madre» racconta. «Le erbacce crescono in modo incontrollato, sono difficili da sradicare e soffocano le piante buone». La storia è drammatica e coinvolgente, si legge come un romanzo ma, purtroppo, è la vita vera di una bambina che veniva lasciata dalla madre a giocare al freddo sul balcone perché si raffreddasse in continuazione, spinta contro la stufa perché si bruciasse. Oltre all’abuso fisico, la madre esercitava il suo predominio psicologico sulla figlia facendole credere di avere un’insufficienza immunitaria, in realtà mai diagnosticata, della quale sarebbe morta entro i 14 anni, incolpandola di costringerla a sacrificare se stessa per seguire una figlia sempre malata, sminuendone l’intelligenza davanti alle amiche. Soltanto a 40 anni, nel 2003, vedendo casualmente un documentario in tv sulla sindrome, Roos si è resa conto d’essere stata vittima di una madre malata.
Il caso è paradigmatico: Roos ha trascorso l’infanzia peregrinando tra medici e ospedali, sottoposta a continui controlli, prelievi del sangue, radiografie. Per via delle malattie causate o raccontate dalla madre, è cresciuta isolata dai suoi coetanei. Ma per altri bambini le conseguenze sono state ancora più drammatiche. «Conosciamo diverse forme di abuso fisico, come la somministrazione di piccole dosi di farmaci, veleni o la rottura di arti. Vessazioni che alla lunga possono anche portare alla morte. Si stima che più del 5 per cento delle morti infantili siano dovute a conseguenze da Msbp» spiega Pietro Ferrara, docente di pediatria all’Università Cattolica di Roma e referente maltrattamento e abuso per la Società italiana di pediatria. Nell’unico studio per ora condotto su casi italiani, coordinato da Ferrara al Policlinico Gemelli di Roma, su 751 casi sospetti, quattro corrispondevano a effettivi Msbp. In generale potrebbe però esserci una sottostima dei casi, che possono non essere intercettati da grandi strutture ospedaliere perché la diagnosi è complessa e lunga: in genere ci vogliono infatti in media due anni prima di arrivare a capire se il minore è abusato dal genitore a causa della sindrome, anche perché a volte è lo stesso bambino, sotto plagio, a sostenere di avere i sintomi che il genitore simula. Inoltre, le persone Msbp si mostrano collaborative e sembrano ascoltare ciò che consiglia il medico, finché non sospettano che qualcuno stia intuendo la manipolazione. Allo svelamento della malattia, il paziente nella maggior parte dei casi non si riconosce come malato e anche messo di fronte ai fatti continua a mentire.
«Essendo una patologia della relazione, un intervento psicoterapico che possa mettere in luce la malattia e possa aiutare il paziente a entrare in contatto con questa dimensione è possibile» spiega D’Elia, che ha anche curato la postfazione del libro di Roos. Ma spesso la negazione della malattia è cosi forte che l’intervento di psicoterapeuti e assistenti sociali sul genitore è impraticabile. «Nei casi più complessi, in cui è compromessa la normale crescita del bambino, si procede con la segnalazione alla Procura presso il Tribunale per i minorenni, che valuta un’eventuale sospensione o decadenza della responsabilità genitoriale, nell’interesse primario del minore» chiarisce Ferrara.
Roos ha scoperto, come si diceva, per caso la malattia della madre, vittima a sua volta – come spesso accade a chi sviluppa la Msbp – di una madre fredda e disattenta e di un padre che teneva le distanze perché sospettava di non essere il padre biologico. Un filmato parlava della sindrome e Roos, incuriosita, cerca su internet e trova una descrizione accurata, in cui riconosce la sua vita e i soprusi subiti. Quindi recupera le cartelle cliniche della sua infanzia scoprendo di non aver mai ricevuto una diagnosi di malattia.
Decide di non denunciare gli abusi, ma di raccontare nel libro la sua storia, perché possa servire ad altri, e interrompere qualsiasi contatto sia con la madre che con il padre, che, scoperta la verità, preferisce schierarsi con la moglie. Racconta al Venerdì: «Prima di scoprire della malattia di mia madre mi ero già trasferita all’estero, ma anche così, a mille chilometri di distanza e separate da due nazioni, mia madre riusciva a manipolarmi. L’unico modo per fermarla è stato quello di non avere più nessun contatto con lei. Conosco molti altri sopravvissuti (Roos chiama così chi ha subito gli abusi Msbp, ndr) che, non avendo più nessun contatto con i genitori, ne soffrono. Per me invece scegliere di diventare orfana è stato un bene».