Ferdinando Camon, Avvenire 19/12/2014, 19 dicembre 2014
PICCOLO ELOGIO DELLA NONNIT
Sostituire “Onora il padre e la madre” “Onora il nonno e la nonna”? Roberto Benigni l’ha fatto pensare a più d’uno con ciò che ha saputo dire nella presentazione televisiva dei Comandamenti. Sostituire no, ha riflettuto lui stesso, perché padre e madre sono insostituibili, ma integrare sì. Perché nonno e nonna sono figure onnipresenti nella vita dei bambini, e hanno un ruolo sempre più importante nel campo educativo e affettivo.
“Andare a trovare i nonni” è un momento di felicità intensa per i piccoli, e per i nonni riceverli in casa è gioia pura. Un grande studioso della Letteratura Italiana, forse il miglior critico del Novecento, che attraverso i libri e gli autori vedeva la vita, i sentimenti, i problemi personali e sociali, Geno Pampaloni, ha scritto in tarda età un libriccino di memorie, in cui ha messo una definizione di vecchiaia che (cito a memoria, e chiedo scusa se sbaglio qualcosa) suona così: «Si è vecchi quando per le scale i passi dei figli e dei loro figli che ci vengono a trovare salgono troppo tardi, e scendono troppo presto».
È una frase densissima. Significa che i nonni si affacciano a tendere l’orecchio sulle scale prima che i figli arrivino, e godono e si avvertono reciprocamente appena sentono il primo scalpiccìo, e finita la radunata li accompagnano sulla porta e tendono l’orecchio per sentire i passi allontanarsi, e richiudono la porta quando non si sente più nulla: così la visita di figli e nipoti vien vissuta a partire da prima che cominci per continuare anche dopo che è finita. Questo nel caso delle abitazioni separate, che nell’epoca dei condomìni e degli appartamenti è il più frequente. Accade sempre più spesso che i nonni facciano da supporto affettivo-educativo ai nipoti, li aiutino a fare i compiti, li portino ai giardini, stiano con loro davanti alla tv, insomma spartiscano la vita. La nonnità è una seconda paternità. Ritorno spesso su questo concetto, mi pare un test del nostro tempo. Un test felice.
La nonnità è la prima paternità che ritorna, riveduta e corretta. Quand’erano padri e madri, i nonni hanno fatto degli errori: tutti, nessuno escluso, tanto meno colui che scrive queste righe. Il ruolo di padre è di una difficoltà estrema. Non significa parlare bene ai figli, cioè insegnargli il bene, insegnargli un modello di vita con le parole. Ma insegnargli un modello di vita con la vita. Tutti sbagliamo, perché non sappiamo. I nonni sanno, e sbagliano meno. Dice Freud che l’amore paterno per i figli è inquinato da altri sentimenti, che non si possono portare facilmente alla luce neanche con l’analisi, perché la coscienza li condanna e perciò li nasconde.
C’è anche gelosia, rivalità, bisogno d’imporre l’autorità, di ottenere l’obbedienza. Vorrebbero migliorare i figli, farne dei capolavori. Realizzare attraverso i figli le rivincite che la vita non gli ha dato. Per quanto sia difficile crederlo, i padri non sentono questa ambiguità nel loro amore per i figli, ma i figli sì. Nei nonni queste ambiguità svaniscono.
Amano i nipotini per quel che sono e come sono. E i nipotini sentono in loro questo amore totale, e lo ricambiano.
Nei giorni di Natale, nelle grandi rimpatriate dei clan, i gruppi più felici sono i figli e i nonni: i primi perché stanno con i secondi, e viceversa. È il caso di dire (di comandare) al nipote “onora il nonno e la nonna”? Di fatto, lo fa già. Onorare vuol dire rispettare, obbedire, o almeno non disubbidire, e stimare. Aver fiducia. Parlarne bene. Protestare se senti che qualcuno ne parla male. Preoccuparti se senti che è malato. Piangere se senti che se n’è andato. “Onora il padre e la madre” significa “onora tuo padre e suo padre, tua madre e sua madre”. È già così, nelle famiglie. Specialmente in questi giorni. Sono i giorni più felici dell’anno.