Edoardo Boncinelli, Le Scienze 18/12/2014, 18 dicembre 2014
L’UTILITÀ DELLE SCAPPATELLE
La grande maggioranza delle specie di uccelli canori è monogama, nel senso che una coppia intrattiene un rapporto relativamente stabile nel tempo e condivide spesso la cura della prole. Per questo motivo costituiscono un importante modello di studio anche per i comportamenti della nostra specie. Si osservano però continui episodi di rapporto saltuario fuori dalla coppia, sollecitato in genere dalle femmine, che generano una notevole percentuale di figli non «regolari». Per più di 200 specie studiate in dettaglio una sostanziosa percentuale di figli, anche più della metà, con una media che si aggira intorno al 12 per cento, non sono figli del padre «legittimo». Perché? Qual è il vantaggio evolutivo di questi comportamenti, non diversissimi da quelli che danno luogo a molte rocambolesche e boccaccesche avventure umane?
La prima spiegazione che viene in mente è molto semplice così si aumenta la variabilità intraspecifica, offrendo di conseguenza più materia all’opera della selezione naturale. Osservazioni e relativi calcoli non sembrano però confermare questa ipotesi, perché il vantaggio portato dal fenomeno si rivela sotto tale profilo veramente esiguo. Ci vuole dell’altro. Questo altro sembra che sia stato finalmente individuato (Eliassen S. e Jorgensen C., in «PLoS ONE», Vol. 9, e99878) e si prospetta particolarmente interessante: così facendo si aumenta il grado di cooperazione fra maschi diversi riguardo alla cura dei figli propri e altrui. Si crea insomma una sorta di piccola comunità comprendente famiglie diverse. E questo si che può rappresentare una potente spinta evolutiva.
Lo sviluppo di un’efficiente individuazione dei marcatori genetici avvenuto negli anni ottanta ha generato molti studi in specie diverse e in particolare negli uccelli che, un po’ per la loro monogamia e un po’ per la rapidità con cui si sviluppa la loro prole, sembravano un soggetto poco interessante per lo studio della selezione sessuale. Ben presto però ci si rese conto delle proporzioni del fenomeno «scappatella sistematica» in genere propiziato dalle femmine. Ci si chiese allora quale poteva essere il vantaggio evolutivo per quelle, senza che emergesse niente di solido. Si decise allora di esplorare in altre direzioni, sempre basandosi sulle risultanze sperimentali.
Adesso la cosa sembra chiarita. Il comportamento osservato incentiva i maschi a cooperare con i vicini su un ampio spettro di comportamenti che generano un vantaggio comune. Questo accade perché il comportamento «distribuisce» la probabilità di una paternità biologica su più nidi piuttosto che limitarne l’estensione a un singolo nido. A causa dell’incerta redistribuzione degli interessi riproduttivi dei maschi, gli autori suggeriscono uno spostamento degli interessi dei diversi maschi anche nella direzione delle nidiate limitrofe. Quale forma potrebbero prendere questi nuovi comportamenti? Pur nel contesto sociale di una specie monogama, potrebbero originarsi comportamenti collettivi volti a scoraggiare i predatori o l’infanticidio a opera di maschi malintenzionati.
Analogamente, questa logica potrebbe operare nella direzione di una riduzione della territorialità o altre modalità aggressive tra vicini, oppure con una messa in comune delle risorse naturali come se si causasse un rilassamento dei vincoli territoriali. Una possibile forza di questa nuova spiegazione sta anche nello spostamento dell’enfasi dalla genetica all’ecologia. Predazione e limitazione di cibo sono identificate come forze che contribuiscono in larga misura alle variazioni di idoneità biologica nelle popolazioni naturali.
Uno dei maggiori interrogativi posti dalla frequenza di questo comportamento in specie socialmente monogame è che si osserva in sistemi che sembrano doverne essere destabilizzati, ma in realtà ci sono sempre più prove, per uccelli e insetti, che è improbabile che la cooperazione si sviluppi all’interno di famiglie estese a meno che non ci si trovi in presenza anche di una monogamia genetica. Lo studio su «PLoS ONE» mostra che una differente forma di cooperazione, fra individui non imparentati, può essere efficacemente promossa dalla promiscuità. Il lavoro in questione suggerisce quindi un radicale cambiamento di prospettiva riguardo alla valutazione di costi e benefici nel processo evolutivo, e contribuisce a un approfondimento del concetto stesso di cooperazione.