Franco Ordine, il Giornale 18/12/2014, 18 dicembre 2014
«ANCELOTTI, NESSUN RANCORE»
Ecco un portiere (per il Milan). Finalmente, verrebbe da chiosare, dopo vane ricerche (Kalac, Eleftheropoulos, Storari, Amelia, Gabriel, Agazzi) per trovare il degno erede di Dida e Abbiati, due pluridecorati fra i 90 portieri iscritti nella storia rossonera. L’ultimo, Diego Lopez, è un perticone di uno, nato in un paesino (Parabela) della Galizia, barba incolta e italiano maccheronico, sa tutto del compatriota Luis Suarez («l’unico spagnolo ad aver vinto il Pallone d’oro»), ha un debole, evidente, per Mourinho e parla come un libro stampato. «Il Milan? Dieci anni fa, prima di passare al Villareal, ero in procinto di trasferirmi in rossonero» ricorda per far capire che è stata una scelta scritta dal destino per una carriera, molto promettente, fino all’avvento di Mourinho al Real Madrid. Perciò la domanda delle cento pistole è la seguente: scusi Diego Lopez ma come si fa a lasciare il Real Madrid che vince tutto per passare al Milan di questi tempi?
«Quando al Real è arrivato un terzo portiere che avrebbe messo in discussione la gerarchia, ho chiesto di lasciare il Real, senza polemiche».
Perciò sarà eternamente riconoscente a Mourinho?
«Josè ha avuto coraggio. Quando Casillas si è infortunato è toccato a me, ho giocato, ho fatto bene e lui mi ha confermato in un momento molto complicato del Real. Poi è arrivato Ancelotti e ha diviso in due il ruolo: io titolare nella Liga, Casillas in Champions».
Ed è finito al Milan...
«Spinto da Ancelotti e Vecchi, il preparatore dei portieri, i quali mi hanno dato i consigli giusti anche se l’opzione Milan è sempre stata la prima. Loro mi hanno cercato e io ho preso al volo questa opportunità».
Nessun rancore verso Ancelotti?
«Carlo è stato onesto e professionale nei miei confronti».
Dicono: Inzaghi allievo di Ancelotti. Condivide?
«Impossibile adesso il paragone: uno ha appena cominciato, l’altro ha una carriera straordinaria alle spalle. E poi uno guida il Real, l’altro il Milan»
Dopo Parma, sono ripresi i dubbi sul suo conto: li ha sentiti?
«Non ho avuto nessun problema, qui lavoro bene, con compagni capaci e un tecnico in gamba. Mi ha fermato solo un infortunio».
Lo sa che Abbiati è diventato il suo tifoso numero uno: in panchina applaude a ogni sua parata...
«Christian è stato fantastico, mi ha molto aiutato nei primi giorni a capire il calcio italiano e ad ambientarmi».
La difesa del Milan, numeri alla mano, non è granché, specie quando manca Alex...
«Io rispetto tutti i miei colleghi e non vedo differenze. Col Genoa abbiamo perso senza che io facessi una sola parata, col Napoli è andata molto meglio. Sappiano tutti di dover migliorare senza farci condizionare dai giudizi. A leggere i giornali dopo la sconfitta di Genova eravamo morti e dopo il successo sul Napoli siamo risorti».
Ma c’è da fidarsi di questo Milan in corsa per il terzo posto?
«Credo proprio di sì. Non sarà facile, la concorrenza è notevole ma possiamo farcela, specie se sapremo sfruttare la spinta data dal successo col Napoli».
Roma è un ostacolo molto alto...
«Verissimo ma è anche uno stimolo per tentare di realizzare una impresa. La squadra di Garcia gioca un calcio divertente e spettacolare, ha Totti che è il calciatore italiano più famoso e più forte dell’ultima generazione».
Scelga un portiere italiano sul quale scommettere per il futuro...
«Perin. Mi ha impressionato per fisico e tecnica».
Cosa non le piace del calcio italiano?
«Non ho ancora l’esperienza necessaria per dare un giudizio del genere: a fine contratto, tra 4 anni, ripassate e risponderò. Un aspetto mi ha colpito: gli stadi quasi sempre vuoti».
Chi merita il Pallone d’Oro?
«Nessun dubbio: Cristiano Ronaldo».
Cosa succede a Torres?
«Niente di drammatico. Non sta giocando ma è molto forte mentalmente e saprà reagire. Sono sicuro che alla fine tornerà utile al Milan».