Armando Torno, Il Sole 24 Ore 17/12/2014, 17 dicembre 2014
LA NOTIZIA DELLA MORTE DEL CAPITALISMO È ESAGERATA
Ha causato un certo rumore nell’aprile di quest’anno Jeremy Rifkin, l’economista americano ideatore dei concetti della Terza rivoluzione industriale, pubblicando il libro dal titolo The Zero Marginal Cost Society. Non ne parleremo ancora, ché anticipazioni e commenti di ogni genere lo hanno fatto in abbondanza, aggiungiamo soltanto che Rifkin, basandosi sugli straordinari sviluppi di comunicazioni e tecnologia (il mondo ormai si avvia verso una nuova dimensione interattiva di individui, energia, mezzi e infrastrutture), ritiene che le dinamiche economiche e sociali stiano rivoluzionandosi in tutto il globo. L’economista sostiene: l’anti-capitalismo è in ascesa, anzi la fine del vecchio sistema è prossima: sarà sostituito da un modello nuovo. Insomma, il capitalismo è senza futuro (per utilizzare un’espressione di Emanuele Severino); o, se volete, agonizza supino sul letto di morte.
Non poche pubblicazioni nate nell’Ottocento in ambito socialista, e ancor più le novecentesche ispirate al comunismo, hanno già vaticinato qualcosa del genere. Lenin sosteneva che alla borghesia in crisi occorreva offrire una corda ed essa si sarebbe impiccata da sola. Da parte sua, il celebre fantasma che si aggira per l’Europa, con cui si apre del Manifesto di Marx ed Engels dal 1848, ha cercato di spaventare a morte per oltre un secolo e mezzo i capitalisti. C’è riuscito? A tale domanda risponde con un sereno «no» un altro studio - distante per spirito e metodo da quello di Rifkin - diventato in pochi anni un classico del nostro tempo. È firmato da un maestro quale Luc Boltanski e da Eve Chiappello, uscì la prima volta nel 1999 in Francia e poi è stato ripensato con aggiornamenti nel 2011. Ora è finalmente tradotto in italiano: Il nuovo spirito del capitalismo (Edizioni Mimesis, pp. 732, euro 38).
In esso, per dirla in breve, si evidenzia un elemento difficile da confutare: il sistema capitalista, e la stessa critica che lo investe continuamente, non hanno ancora un’alternativa che si possa considerare visibile, praticabile, accettabile. Del resto, anche il socialismo reale di Cina e Russia, dopo l’implosione ideologica, è diventato, o meglio confluito nel capitalismo. Boltanski compie una minuziosa analisi della profonda trasformazione che ha investito l’Occidente, studiando le modificazioni delle strutture comunicative e produttive (la stessa idea di lavoro è cambiata), di quelle sociali (le classi sono sempre più discusse), dello stile di vita; evidenzia il passaggio avvenuto dalle concezioni rigide e gerarchiche - ancora ben funzionante negli anni Sessanta - a quel reticolo di flessibilità fondate su iniziativa, autonomia e coinvolgimento che caratterizza il nostro tempo. Le sicurezze materiali e psicologiche (del posto fisso, per esempio) avranno sempre meno spazio in un mondo in cui si sono rovesciate le posizioni. E i progressisti che chiedevano cambiamenti qualche decennio fa, si sono ritrovati nell’era di Internet conservatori: categoria, quest’ultima, in cui è possibile inserire una certa mentalità sindacale, un modo (seppur condivisibile) di intendere la natura, le paure di chi non vorrebbe cedere le conquiste ottenute con l’esercizio di vecchie lotte. In politica la fine delle ideologie prima e dei partiti poi ha reso i nuovo scenari fluidi, flessibili, distanti anni luce dai modelli che hanno generato le istituzioni. Boltanski ricorda che il nuovo spirito del capitalismo ha saputo trasformare in merci i contenuti delle proteste del Sessantotto, rendendo impotente (o complice) la stessa critica che sino a oggi è stata mossa contro il sistema. In altre parole: le accuse lo hanno aiutato e rafforzato, facilitandogli il cambio di pelle.
Tra i numerosi esempi portati da Boltanski – che ha esaminato anche i testi delle nuove strategie dirigenziali - c’è il neomanagement: si è formato per rispondere alle critiche ricordate, diventando conviviale, puntando sui rapporti umani autentici e rispondendo in modo semplice e immediato alle accuse di alienazione del lavoro o di meccanizzazione delle relazioni. Ci sarà ancora qualcuno che pratica metodi burocratici, ma è un’eccezione: il nuovo corso sceglie le vie della cordialità per meglio giungere ai risultati prefissati.
Il capitalismo, detta in soldoni, ha cambiato cuore e metodi ma gode di ottima salute. Le critiche lo rinvigoriscono. I vecchi avversari si convertono alle sue idee. Gli esponenti si sono rinnovati. E, per ora, non ha praticabili alternative.