Giampaolo Visetti, la Repubblica 16/12/2014, 16 dicembre 2014
CINA. QUEI “NOBEL” A PUTIN, KIM E FIDEL. IL MONDO CAPOVOLTO DI PECHINO
I cinesi, anche in un premio, vedono il mondo. Quello che scorgono loro non è ciò che vediamo noi. Interpretazioni dell’universo alla rovescia: o l’Occidente segue un altro film, o nessuno si cura di doppiare la realtà per l’Oriente. Problema: qual è il video giusto? Il 2014 a Pechino si chiude con il botto: premio Confucio a Fidel Castro, uomo dell’anno a Vladimir Putin, giovane del futuro Kim Jong-un. Mosca contraccambia: persona dell’anno Xi Jinping. Gli anni scorsi il copione era risultato ancora più affascinante: “Nobel cinese per la pace” a Yuan Longping, papà del riso ibrido, o a Yi Cheng, maestro zen. Per gli anni incerti, come il 2011, con Vladimir Putin in Asia è come vestire di grigio, non si sbaglia mai. Nell’anno dell’esordio, per oscurare il Nobel di Oslo al dissidente incarcerato Liu Xiaobo, Confucio era stato riabilitato per l’ex vicepresidente amico di Taiwan. Lien Chan, all’oscuro del riconoscimento-lampo, aveva appreso dopo settimane che una bambina misteriosa aveva ritirato il trofeo al posto suo. E pure le copertine, nell’era della «grande espansione culturale cinese », contano. Time incorona Tim Cock, ceo di Apple divenuto simbolo del riscatto gay. Il settimanale del Quotidiano del Popolo replica con il sorriso di Peng Liyuan, prima First Lady rossa dai tempi dell’ultima moglie di Mao. Il made in China della celebrità nega di violare il copyright. Osserva che «ognuno ha i premi che si merita». Icone contemporanee e scelta dei tempi, per il popolo che si consacra all’interpretazione delle sfumature, accendono però la curiosità.
Il premio Confucio al compagno Fidel è stato annunciato da Pechino mentre Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi ritiravano il Nobel per la pace a Oslo. Putin è stato eletto uomo dell’anno in Cina negli stessi istanti in cui gli autodefiniti Grandi evitavano di sedersi a tavola con lo zar al G20 di Brisbane. Per il dittatore nordcoreano Kim Jong-un la propaganda cinese non ha risparmiato raffinatezza: incoronato «giovane del futuro» il giorno in cui l’Onu lo mandava a processo per crimini contro l’umanità, lui definiva gli Usa «cannibali» e i militari di Pyongyang mettevano il pianeta di buon umore intimando agli omonimi del capo di trovarsi un altro nome «per rispetto al nostro dio».
L’Occidente sorride, per la Cina è una faccenda seria. I media di Stato spiegano che «lo scrittore e giornalista Fidel Castro» è stato scelto «per aver rinunciato all’uso della forza nelle dispute internazionali, in particolare verso gli Usa». Premi di Pechino contro premi di Washington, mentre il mondo al di là della Grande Muraglia stupisce per le torture della Cia. «Non siamo direttamente coinvolti — dice il ministero degli Esteri — ma plaudiamo alla società civile che opera per la pace nel mondo». Con Vladimir Putin è un’altra storia. Europa e Usa vedono l’invasione dell’Ucraina. La Cina, nel caleidoscopio, coglie la «ricostruzione storica della madrepatria russa »: sogno che condivide pensando a Taiwan e ai mari del Sudest, già consumato con Hong Kong e Macao, in Tibet e nello Xinjiang. L’etichetta «giovane del futuro», appiccicata a Kim Jong-un, tradisce invece il senso cinese per le battute. Premio sì, ma prima monito: i giovani qui sono esclusi dal potere, il futuro resta successivo al presente. È come se in Occidente il Nobel a «una promessa dell’avvenire» fosse assegnato ad Angela Merkel.
Per la Cina del “sogno di Xi” anche la potenza dei premi ha infatti una scadenza. I riflettori atlantici perdono l’aroma, si diffonde il profumo del Pacifico. Chi imporrà, domani, i premi globali? Confucio seppellirà i fratelli Nobel? Xi e Putin, grazie all’energia, quest’anno sono davvero star a Mosca e a Pechino. Vengono osannati mentre «i vecchi Nobel degli altri» sono costretti a riunirsi a Roma perché il sudafricano Zuma ha negato il visto al Dalai Lama. Johannesburg non poteva perdere i contratti del mercato più ricco del mondo e la Cina ora promuove anche papa Francesco. Non ha ricevuto il “traditore separatista”, la diplomazia dei messaggi indica che il disgelo tra Vaticano e Città Proibita può proseguire. Il resto, per il 2014, è lo scontro a distanza tra la First Lady e Mister Apple. Peng Liyuan, snobbata da Michelle Obama, soccorre ora i funzionari rossi, impegnati a oscurare la stella del “signor telefonino”. Lui in Cina produce anche l’ultimo dei tablet. Lei, per il “nuovo Mao”, ha smesso di cantare. Pechino, con il premio anti-Cock, suggerisce che «l’amore conta più dei soldi». Anche gli eredi di Deng sudano. Sanno che il 2015 sarà di Jack Ma, imperatore dell’e-commerce. Sede ad Hangzhou, portafoglio a Wall Street, incoronato ieri «uomo più ricco dell’Asia». Ogni mondo ha il premio che lo specchia.