Vera Schiavazzi, la Repubblica 16/12/2014, 16 dicembre 2014
DOTTOR SESSO
La coppia è in crisi? Il desiderio se ne è andato? Niente paura: da soli o col partner si va dal sessuologo, convinti che abbia la cura per ogni patologia. I sessuologi in Italia sono 1500, la domanda nei loro confronti è aumentata del 15 per cento negli ultimi cinque anni, così come i disturbi lamentati più comunemente (più 40 per cento nel calo di desiderio degli uomini, più 25 per cento nel vaginismo, per citare i due esempi più vistosi). Nel privato, le terapie durano in media sei mesi, con una visita ogni due settimane. E la richiesta continua, posto che dopo il Viagra e i suoi simili, dopo che perfino il punto G è stato fotografato e diffuso sulle riviste scientifiche, gli italiani — come i francesi, i belgi e i tedeschi — si sono convinti che non servano lunghe psicoanalisi alla ricerca di sé, ma una visita dal medico giusto. Nascono “Settimane del benessere sessuale” con consulenze gratuite (la prima è stata nello scorso settembre), ma anche “Secs cathedra” (nel gennaio del 2015 all’Università di Tor Vergata si aprirà la prima). Peccato che questi medici super— richiesti non abbiano ancora, in Italia, un corso di laurea tutto loro, ma debbano cavarsela attraverso master e studi sperimentali, e solo alla fine entrare a far parte di una o di un’altra società di colleghi. La fiducia nei sessuologi è, anche, un’ottima ragione di guerra tra scuole: medici e ricerca, psicologi e terapie mirate, all’inseguimento di una professione che di per sé ha un nome assai promettente. Il sessuologo, del resto, è anche il medico anti—infedeltà. Su 16 milioni di italiani che potrebbero soffrire di un disturbo sessuale, almeno 80.000 sarebbero le coppie a rischio di rottura per problemi irrisolti nati in camera da letto, mentre i matrimoni non consumati sarebbero 20.000 e la mancanza di un’attività sessuale giudicata da entrambi soddisfacente sarebbe all’origine di un quinto delle separazioni legali. Andare a consultare un esperto, dunque, è un modo come un altro per assicurare al compagno, o alla compagna, che si vuol fare di tutto per restare insieme, compreso raccontare a un estraneo le proprie vicende private, sottoporsi a anamnesi e confessioni, tornare a casa e mettere in pratica ciò che ci è stato raccomandato in studio.
«La nostra federazione — spiega Roberta Rossi dell’Istituto italiano di sessuologia clinica — cerca di integrare biologico e psicologico. Alla Settimana del benessere abbiamo avuto grandi risposte un po’ in tutta Italia. Dieci anni fa, il nostro pubblico era fatto prevalentemente di donne. Poi sono arrivati gli uomini, quelli che a mano a mano capivano che il Viagra può risolvere alcuni problemi ma non certo un calo di desiderio, e che, comunque, ogni farmaco deve essere accompagnato da una coppia che deve mediare i problemi e le terapie». E Rossi rivela un fatto ormai apparentemente ovvio per molti sessuologi: «Negli uomini, il calo di desiderio si accompagna a un disturbo sociale, al fatto che moli uomini non riescono più a interagire con ruoli e relazioni cambiate nei confronti delle donne. Apparentemente, nella coppia tutto pare funzionare, ma il sesso rivela che non è così. Farmaci come il Viagra lavorano sull’erezione, non sul desiderio. E fino a dieci o quindi anni fa erano gli uomini quelli desideranti, ora non lo sono più».
Tutto cambia. Non solo gli uomini non sanno più se e che cosa desiderare, ma anche donne non più giovani e dalla cultura “liberata” lamentano disturbi col vaginismo, un dolore che può inibire le relazioni e che apparentemente non ha più nulla a che fare con quel “disturbo mediterraneo” che i medici erano abituati a curare in un paese dove il retaggio cattolico e l’idea del sesso come peccato poteva spiegare tutto. Oggi invece a ritrovarsi bloccati sono coppie intorno ai 40 che, mossi dal desiderio di avere un figlio, si decidono ad affrontare problemi con i quali convivevano da anni. «In molte coppie problemi sessuali anche gravi, che di fatto inibiscono una relazione completa, si sopportano per anni — dice Roberto Bernorio, ginecologo e sessuologo milanese — Poi, dopo questi lunghi periodi di “sessualità pigra”, scatta l’orologio del figlio e si cerca una soluzione semplice e rapida». Giorgio Nardone e Matteo Rampin hanno appena finito il volume “Quando il sesso diventa un problema” (per Ponte alle Grazie, in libreria a gennaio), e raccontano il loro approccio di psicoterapeuti per aiutare i pazienti a ristabilire il punto di equilibrio indispensabile al sesso: il controllo mentale e la capacità di lasciarsi andare alle relazioni. «Quello che il terapeuta deve cercare di fare è cambiare i meccanismi del paziente che non funzionano, e impediscono proprio le reazioni, dall’erezione all’orgasmo, che invece si vorrebbero provare ». Ecco perché accade che il sessuologo “vieti”, per un certo periodo, alle coppie di avere relazioni complete, partendo prima dagli approcci più semplici, come uno scambio di carezze, per poi arrivare via via al sesso completo. I tempi sono “brevi”, nel senso che durano alcuni mesi, ma non fulminei: «Nel giro di sei mesi, con un approccio funzionale, si riesce a venire a capo della maggior parte dei problemi frequenti, a cominciare dal vaginismo, oggi molto diffuso a qualunque età», dice Giuseppina Barbero, sessuologa a Torino. E la sessuologia sembra destinata a restare in gran parte senza farmaci, anche se, in altre “scuole” sessuologiche, gli ormoni anti—vecchiaia sono considerati comunque importanti: «Il testosterone può essere d’aiuto nel contrastare l’invecchiamento. Anche se non è una medicina, in senso generale, per risolvere quel calo del desiderio maschile che molti aspiranti sessuologi dicono essere in aumento — spiega Emanuele Jannini, alla guida sella Società italiana di andrologia medica e medicina della sessualità — e che a me sembra piuttosto costruito a tavolino». Jannini ama la concretezza dei problemi, e qualche anno fa ha anche dimostrato con tanto di foto e pubblicazioni l’esistenza del “punto G” per le donne. Ma sopra ogni altra cosa, desidera che la sessuologia diventi una normale materia universitaria, e anche per questo sta per lanciare il suo Secs Cathedra a Tor Vergata: «Lo faremo vicino ai dormitori degli studenti e aperto a tutti, dai professori agli assistenti agli allievi. Solo raccogliendo le confidenze dei pazienti e dimostrando come si può essere assistiti, a partire dal campus, affermeremo la sessuologia per qualcosa di diverso da ciò che è oggi in Italia dove corsi e master sono tutti rigorosamente privati. Un peccato, perché nella ricerca scientifica l’Italia è già oggi all’avanguardia ». Lauree o master che siano, la sessuologia italiana sembra alla vigilia di una grande crescita: dai corsi specifici per i medici di base, varati lo scorso aprile, fino ai centri pubblici di ascolto. «C’è anche chi arriva lamentandosi di non provare più gli orgasmi di un tempo e vuole essere rassicurato. Ma la maggior parte dei pazienti — assicura Roberta Rossi — ha bisogno di cure autentiche».