Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/12/2014, 17 dicembre 2014
PERISCOPIO
Scioperano contro Renzi ma lo votano, una volta si chiamavano contraddizioni in seno al popolo. Jena. la Stampa.
Lo stemma della Sicilia, con la sua testa di Gorgone al centro di un cerchio cui si attaccano tre gambe è un tipo di immagine che ricorre di frequente nei disegni dei malati di mente. Giovanni Macchia. Il Foglio.
(mfimage) Siamo in un paese talmente torpido e arretrato che Nanni Moretti aveva chiesto vent’anni fa a D’Alema di dire qualcosa di sinistra e lui l’ha detta solo adesso contro Renzi. Luca Bottura, in un tweet.
È evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o di destra. Giorgio Gaber. 1994.
«Mandate il conto a Mussolini», buttava lì, il Dolfo, dopo che si era fatto servire un grappino. Marcello Venturi, Dalla parte sbagliata. De Agostini.
Renzi: «Figuriamoci se firmo un patto del Nazareno con Berlusconi per nasconderlo in un cassetto». È il primo posto in cui lo cercherebbero. Edelman. Il Fatto.
Dove sta il grande obbrobrio per Pietrangelo Buttafuoco? Nello Statuto siciliano, nell’autonomia, «frutto della trattativa tra gli indipendentisti in odore di mafia e gli alleati», anzi gli invasori anglo-americani. Se le Regioni stanno prosciugando le risorse di tutta una nazione, una Regione a statuto speciale riesce pure a fare peggio.Aldo Cazzullo. Corsera.
Il presidente della Regione Sicilia, Crocetta («il Vantone») è il pivot di questo teatrino in cui il pegno di sangue di tanti innocenti è diventato pretesto di un mercato per le carriere dei vivi. Crocetta ha fatto di più: se ne partì per combattere la mafia e risultò che sfasciò l’antimafia. Pietrangelo Buttafuoco, Buttanissima Sicilia. Bompiani.
Massimiliano Fuksas, archistar, nato a Roma, dice che se la capitale oggi è in ginocchio, la colpa è dei suoi sindaci molto più che della mafia romana raccontata nelle sue ultime inchieste. La città non ha cura del suo decoro e soprattutto non ha capacità di attrazione internazionale che vada al di là dei suoi monumenti storici. Secondo Fuksas, Roma non ha eventi seri e nemmeno la ricettività necessaria per gestirli: «Non ci sono alberghi di qualità, solo catene di basso livello». Marino ha sicuramente le sue colpe, ma sono relative a un anno, e da almeno sette sindaci in qua la capitale sta sprofondando. Franco Bechis. Libero.it.
Non si può generalizzare. Ci sono dei progetti di investimento (spesa in conto capitale, quindi) che costituiscono uno spreco e della spesa corrente invece che migliora l’istruzione, produce innovazione, crea occupazione, come ad esempio quella che utilizzeremo per finanziare il Jobs act. Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia. la Stampa.
Dei gruppi come Schneider Electric, Daimler, Alstom, Legrand, Pernod Richard hanno cominciato a cambiare pelle per reagire alla seconda mondializzazione puntando sul decentramento. Essi hanno nominato dei manager locali. Altri hanno aperto il loro consiglio di amministrazione a uomini e donne dei paesi emergenti. Essi non esitano a lasciare le loro sedi sociali per tenere dei consigli di amministrazione nei paesi che promettono la crescita. I consigli di amministrazione che erano statutari e prudenziali, diventano strategicamente vitali. Sono dei veri strumenti di messa in tensione del sistema aziendale. François Chaillou, d’OC&C Strategy Consultant. Le Figaro.
Un giorno il pittore De Kooning, essendo lui olandese, venne presentato alla regina d’Olanda di passaggio a New York, e sua figlia scattò alcune foto. Quando la regina espresse il desiderio di averne una copia, lui la rassicurò: «Gliele mando signora, ma non so il suo indirizzo». Dorothy Lichtenstein. ilvenerdì.
Il marchio In Uruguay we trust resta inciso sui portafogli degli argentini. L’ennesima corsa off-shore è stata innescata dalla stretta sui cambi applicata dal 2011 dal presidente Cristina Kirchner per arrestare il dissanguarsi delle riserve della Banca centrale argentina (Bcra). Banconote arrotolate nei pneumatici, infilate nelle protesi, inserite nelle stampelle. Tutto, pur di valicare il confine e riallocare i risparmi in divisa verde, prelevare dollari dai bancomat uruguaiani o dirottare le pensioni nazionalizzate da Cristina. Matias Marini. il venerdì.
Sono gli ultimi giorni del timor di Dio, le ultime ore, perché perfino i topi hanno fatto alloggio nel forno che non dà più pane e manco il gatto trova la forza di dare loro la caccia. Il micio è pasciuto, mangia crocchette, non i resti e sono gli ultimi momenti di Padre, Figlio e Spirito Santo perché per strada, sotto il cielo di Marsala, un bambino gioca a palla con una forma di pane. Segna un gol contro una saracinesca chiusa, poi un altro e siccome quel tozzo non rimbalza, lo trascina a calci da una parte all’altra della strada facendo zig zag sotto lo sguardo divertito di papà e mamma che non dicono nulla, anzi, il babbo tenta un cross e solo un passante (un immigrato, magari è un clandestino) fa no e no, dondolando la testa. Gli storcono le budella, al magrebino e proprio no, non ne può più di vedere quella scena, il pane è il profumo della mensa, la gioia del focolare e dunque, prima borbotta, dopo urla e quindi sbotta. Sotto lo sguardo dei genitori molla uno schiaffo al bambino. Jared Diamond, Il mondo fino a ieri. Che cosa possiamo imparare dalle società tradizionali. Einaudi.
Per M.D. redattore capo centrale di Figaro Magazine la calvizie era il suo dramma, il suo incubo, il suo calvario. Aveva trovato un rimedio a questo suo grave handicap, il parrucchino. Ovviamente tutti in redazione lo sapevano anche se per dare un po’ più di realismo e di verosimiglianza a questa situazione quasi disperata, si era fatto confezionare due diverse parrucche. La prima «capelli lunghi e grassi» gli permetteva di intendere le osservazioni che i suoi collaboratori non mancavano di fargli: «Michel sarebbe ora che tu andassi dal barbiere». Appena rientrato a casa si affrettava a depositare sul suo cranio sguarnito la parrucca versione «capelli corti», e la sua équipe il giorno dopo gli diceva in coro, con una sola voce: «Il tuo barbiere che è andato giù duro con le forbici...». Paul Vermuz, On m’a dit de ne pas le dire!, mi hanno detto di non dirlo. l’Archipel.
Mi considero un artista più mediterraneo che italiano. Forse Napoli sarebbe la città ideale per me, mi sento più vicino agli arabi che ai tedeschi. Mimmo Paladino, pittore e scultore, la Stampa.
Di mia moglie Vittoria non ho più bisogno fisico, ma metafisico. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/12/2014