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 2014  dicembre 15 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA STRAGE DI SIDNEY


REPUBBLICA.IT
SYDNEY - Il sequestro nella cioccolateria nel centro finanziario di Sidney è terminato intorno alle 2,15 del mattino, quando sono entrate in azione le teste di cuoio. Si sono viste persone fuggire via dal locale, poi il rumore di spari ed esplosione di granate. Un’azione lampo, in cui, secondo i media australiani, sono rimaste uccise due persone. Sky News riporta che è stata accertata la morte di un ostaggio, non è chiaro se per mano del sequestratore o perché colpito dagli agenti durante il blitz. Confermata anche la morte del sequestratore, il religioso radicale iraniano Man Haron Monis. Incerto il numero dei feriti, forse due in gravi condizioni, tra cui un agente e una donna di circa 40 anni, colpita a una gamba.
Secondo quanto riferiscono fonti della polizia, citate dalle reti tv australiane, è stato il sequestratore ad aprire il fuoco facendo scattare il blitz degli agenti. Le forze speciali erano pronte a intervenire, ma l’ordine di entrare è stato dato solo dopo che è stato avvertito un colpo d’arma da fuoco dentro la caffetteria.
Terminata l’irruzione, gli artificeri hanno pilotato un robot all’interno del locale, dove potrebbero esserci degli ordigni innescati. Poi sono entrate in azione le unità cinofile. Due persone sono state viste portate via in barella da personale paramedico. Sempre i media riferiscono di diverse persone ricoverate negli ospedali della città per le ferite riportate.
Il profilo del sequestratore. Secondo i media, l’uomo aveva un’età tra i 49 anni e i 50 anni ed era arrivato in Australia nel 1996 come rifugiato, attribuendosi il titolo di sceicco. Monis era già noto alla stampa per una sua campagna d’odio contro i soldati australiani in Afghanistan: aveva inviato decine di lettere offensive ai familiari dei militari uccisi. Per questo, nel settembre del 2013 era stato condannato a 300 ore di servizi sociali.
In realtà, nel profilo del sequestratore, prevale l’aspetto puramente criminale rispetto a quello del militante religioso. Monis era infatti noto anche per l’attività di santone, per la quale nel 2002 fu formalmente accusato di violenza sessuale su una donna, ricevendone altre successivamente da parte di almeno una quarantina di vittime. Per restare a piede libero, Monis aveva pagato una cauzione e sarebbe comparso in tribunale il prossimo febbraio.
Inoltre, lo scorso anno lo "sceicco" Monis era stato accusato di aver organizzato, insieme alla moglie Amirah Droudis, l’assassinio della sua ex consorte, Noleen Pal, accoltellata e data alle fiamme in un condominio a Sidney.
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Cronaca del sequestro. Questo, dunque, il "curriculum" dell’uomo che per oltre 16 ore ha costretto la più grande città australiana, Sydney, a vivere col fiato sospeso. Nella notte italiana, Monis ha fatto irruzione nel Lindt Cafè, nel centro della città prendendo un numero imprecisato di ostaggi, "non più di 30" secondo la polizia, "40-50" in base alle dichiarazioni dell’ad della Lindt.
A una vetrina del Lindt Cafè è stata appesa una bandiera nera con una scritta bianca in arabo. Tutto il centro finanziario della città è stato subito bloccato e cordonato da un ingente schieramento di agenti di polizia e forze speciali. Inizialmente si era temuto anche per un allarme all’Opera House.
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Dopo diverse ore, cinque ostaggi, tra cui il barista, sono riusciti a uscire dalla cioccolateria e sono stati visti correre fuori da una delle porte. Per ore le forze dell’ordine, che avevano identificato il sequestratore, hanno chiesto ai media di non divulgare il suo nome.
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Il locale è stato circondato da agenti. La tv 7News, la cui sede è a pochi metri dalla cioccolateria, ha pubblicato il fotogramma del sequestratore all’interno del locale tratto da un video. Monis avrebbe parlato al telefono con un conduttore radiofonico locale, che si è rifiutato di mandarlo in onda in diretta. Monis avrebbe chiesto un incontro con il premier australiano Tony Abbott (avrebbe detto che lui conosce "molto bene" le motivazione dell’assedio), e vuole che gli sia consegnata una bandiera dello Stato Islamico, il movimento basato in Siria e Iraq.

Due radio locali e due tv hanno ricevuto telefonate da persone sequestrate nella cioccolateria che hanno detto di chiamare per conto del sequestratore. A Channel 10, gli ostaggi avrebbero comunicato che Monis ha piazzato due bombe nel locale e altre due all’esterno. Ma la polizia non ha confermato le richieste e ha chiesto ai media di non riferire quanto appreso dalle telefonate con gli ostaggi.
Australia, ostaggi in una cioccolateria: le immagini
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Martin Place, una piazza del quartiere degli affari di Sydney, è stata chiusa alla circolazione, e numerosi poliziotti hanno circondato la cioccolateria. Chiusa anche la vicina Banca Centrale. Evacuata per sicurezza anche l’Opera House dopo un allarme bomba per un pacco sospetto, ma poco dopo la situazione è tornata alla normalità. Deviati numerosi voli sulla città australiana.

Terrorist appears to be middle-aged man. Wearing bandana with Islamic lettering @7NewsMelbourne #sydneysiege pic.twitter.com/OY8jsah5tk
— Lisa Gilbert (@lisatgilbert7) December 15, 2014


Hanno provocato indignazione su Twitter i selfie che alcuni australiani e turisti si sono scattati vicino alla cioccolateria. Oggi, alcune ore prima del sequestro, era stato arrestato un giovane di 25 anni accusato di essere uno degli organizzatori dei viaggi degli estremisti australiani verso Siria e Iraq per combattere con i miliziani del Califfato.
Ostaggi in una cioccolateria nel centro di Sydney: mappa
Il primo ministro Tony Abbott ha convocato il Comitato per la sicurezza nazionale. In una conferenza stampa ha poi affermato che non è ancora chiaro se l’atto abbia una motivazione politica. In ogni caso, ha affermato il premier, "l’Australia è una società pacifica, aperta e generosa. E nulla la cambierà mai".
L’Australia sostiene gli Stati Uniti nelle operazioni in Siria e Iraq contro lo Stato Islamico. L’allerta è molto alta per le minacce di attacchi da parte di estremisti islamici. Numerosi i cittadini australiani che sono andati a combattere in Siria. A settembre erano stati catturati 15 jihadisti accusati di progettare azioni terroristiche che prevedevano la decapitazione di australiani.