Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 14 Domenica calendario

QUELLA VOGLIA MILANESE DI CIBARSI DI BELLO

Sono andato con mia moglie a Palazzo Reale, a Milano, qualche settimana fa, per godermi un po’ di Chagall, una favola illustrata di 220 opere e una retrospettiva (1908/1985) dove si mescolano cultura ebraica, tradizione russa, le più importanti avanguardie europee del Novecento, il primo soggiorno francese e il definitivo ritorno in Francia tra la Costa Azzurra e la Provenza. Le carneficine di due guerre mondiali e il dolore dove lo conduce la perdita della moglie Bella, il genio, la libertà e la brillantezza dei suoi colori, la forza di una visione mistica e infantile della realtà che ne fanno uno dei grandi maestri del Novecento. Mi guardo intorno e vedo calca e attenzione, fa un certo effetto cogliere il trasporto di grandi e piccoli davanti a Il compleanno, La passeggiata, il Nudo sopra Vitebsk, la Mucca con l’ombrello, e così via, scorre di stanza in stanza il trasporto silenzioso. C’è di tutto in quegli sguardi rapiti, si riflettono la gioia e la sofferenza dell’artista, il senso di solitudine e la voglia di vivere, tutto questo si legge negli occhi di chi si perde felice dentro il miracolo di un’opera che sembra appartenere a un bambino ma è l’opera di un adulto che realizza una favola a lieto fine anche se sa che non è vero: dietro i colori cangianti, i corpi e le cose di Marc Chagall c’è la profondità spirituale di un maestro che non ha paura di volare, e intorno a me colgo l’allegria di giovani coppie, l’interesse di chi ama l’arte, tante famiglie assorte e gioiose, qualche discussione tra padri e figli non spezza l’incantesimo, anzi lo ravviva.
All’entrata la fila per visitare Chagall parte dal Duomo, all’uscita mi sembra ancora più lunga, pochi stranieri, pochi turisti, quasi tutti italiani, molti milanesi e lombardi di ogni età, donne e uomini. Hanno voglia di cibarsi di bello, e prendono posto uno dietro l’altro senza sbuffare o almeno non lo danno a vedere, percepisco che la cultura si nutre di queste "processioni" e di cose così piccole e così importanti. Siccome c’entriamo molto anche noi, perché è stato "24 Ore Cultura" a scommettere su Palazzo Reale e a investire su Chagall e Van Gogh, prima ancora Picasso, Dalí, Canova, Warhol, Artemisia Gentileschi, tocco con mano che dietro il manifesto e gli Stati generali della cultura c’è qualcosa che appartiene alla capacità di mettersi in gioco e di fare le cose, e mi piace constatare quanta sintonia c’è tra un giornale che ha fatto la scelta editoriale di scommettere sul nostro sapere e una città slabbrata, ferita da scandali e porcherie, ma che non ha mai smesso di investire sul suo capitale più prezioso e continua a nutrirsi di mostre, lettura, buona musica, ricerca e innovazione. Guardo mia moglie e mi accorgo che il sole si è fatto strada tra le nuvole, illumina a sinistra l’Arengario e, a destra, le mura che custodiscono il Museo del Duomo. Attraversiamo la piazza ed entriamo in Galleria, si vedono i segni del lavoro che ricostruisce il fondo chiaro dell’intonaco e quello ocra delle decorazioni, un tuffo indietro negli anni e la speranza che prende corpo di ridare a Milano il suo salotto.
Lunedì otto dicembre, giorno della Festa dell’Immacolata, sono sempre con mia moglie e passeggiamo per le vie del centro, c’è meno sole e fa più freddo, ogni tanto viene giù qualche schizzo d’acqua. Vedo ancora tanta gente, molti si fermano e si perdono con lo sguardo nelle vetrine, pochi entrano, pochissimi comprano. La voglia di cultura per fortuna non lascia Milano, c’è fame di arte, musica e lettere, la Scala non ammaina la sua bandiera e vuole ripartire, l’Expo fa i conti con il suo carico pesante di malaffare, ma non può permettersi di perdere la scommessa sua e di Milano con il mondo. La voglia di spendere fa fatica a tornare, anche chi può sembra quasi frenato, manca ancora quella fiducia contagiosa che solo la sicurezza del lavoro e la serietà dei comportamenti possono restituirci. Anche il tempo sembra accorgersene e fa le bizze.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
Roberto Napoletano, Domenicale – Il Sole 24 Ore 14/12/2014